Carovane della legalità
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(Nicolás Gómez Dávila, In margine a un testo implicito)

Che le loro domande diventino scalpelli capaci di sgretolare la crosta indurita del nostro cuore.
Ho pregato per questo, oggi. E perché da loro, dai ragazzi, anche noi cattolici impariamo lo sguardo che abbiamo perduto.
Sui fatti di Brindisi ho sentito, da sabato, i discorsi di tanti politici e di tanti “opinionisti”; ho ascoltato e letto tutto il “don Ciotti pensiero”, ho discusso con gli studenti in merito alla lettera che il ministro Francesco Profumo ha inviato a tutte le scuole. Stasera, organizzata da alcuni comuni e associazioni, qui ci sarà una fiaccolata. Carovane della legalità e cortei si sono dipanati lungo le strade d’Italia, e nelle classi si sono tenute assemblee.
Sembra quando lanci un sasso nell’acqua ferma di un lago. Splash. Cerchi concentrici, poi il nulla.
Questo temo. La reazione emotiva legata al momento: fiamma ardente che si consuma, trema, langue, si spegne. Ma temo, ancor più, le risposte preconfezionate, la lista delle buone intenzioni (“non abbiate paura, vi siamo vicini, non sarete lasciati soli…”), la retorica delle grandi occasioni, le parole effetto abracadabra.
Andate a leggere i politici, i sociologi, gli opinionisti. E’ tutto un ripetere Costituzione, legalità, senso civico, giustizia, democrazia, lotta alla mafia e alla criminalità… Non sono parolacce, intendiamoci. Ma non prendiamoci in giro e, soprattutto, non prendiamo in giro i ragazzi.
In alcune scuole ci sono ore curricolari di diritto; dove non sono previste, i programmi chiedono attenzione alle questioni legate alla cittadinanza e riflessioni sulla Costituzione. Insegnando storia eccome se si parla di democrazia, ed anche, inevitabilmente, quando si affrontano le questioni legate all’attualità.
Basta, questo? E’ sufficiente? Potenziando le ore di diritto, le discussioni su giustizia & legalità potremo davvero sentirci “a posto”? E poi chi l’ha detto che c’entra la mafia, la Sacra Corona Unita, con il botto in via Galanti, davanti alla scuola di Melissa?
E poi…
E poi capita che metti da parte i giornali, zittisci i politici, i sociologi, gli editorialisti, dai voce agli studenti e capisci che nessuno di loro, quando parli di sabato 19, ha come prima domanda “che sia stata la mafia? che sia un atto terroristico?”. No. Non è questo ciò che hanno a cuore i ragazzi. La notizia della morte di Melissa, la notizia di “questa” morte, avvenuta in “questo” modo, li ha costretti a riflettere sul senso del tempo; sul modo in cui vivono le loro giornate. Il botto della bomba, di botto li ha svegliati, e così hanno cominciato, al mattino, prima di venire a scuola, a salutare i genitori in modo meno distratto; a raccontare loro le cose che sentono nel cuore senza rimandare, perché, dopo sabato 19 maggio 2012, non è più scontato che ci sarà un “dopo”.
Non è pessimismo, questo. Non è disperazione. E’ consapevolezza del presente, che chiede e che merita di essere pienamente vissuto.
Ma noi non ascoltiamo i giovani. Noi, le risposte, le abbiamo già tutte a memoria, belle e pronte. Buone per tutte le occasioni. Così tempestive che anticipano le domande.
E così, perfettamente in linea con il ritornello che i “grandi” in questi giorni vanno ossessivamente ripetendo ai “piccoli”, anche il “don Ciotti pensiero” che ha riempito le colonne di tutti gli organi di stampa e che, relativamente a Brindisi, ho voluto leggere dalla prima all’ultima frase. Risparmio la sintesi, perché sarebbe il copia-incolla di quanto scritto sopra (chi volesse approfondire, è sufficiente apra il glossario di un vecchio Bignami di diritto).
Domanda: chi ha incontrato Cristo e ha deciso di seguirlo e di donargli la vita, ha solo le parole “del mondo” (il mondo “giusto, legale, tollerante, democratico, pluralista, rispettoso della Costituzione”, per carità, ma pur sempre “del mondo”), o ha “di più”? A che vale, l’Incontro, se non a cambiare la vita: a farci diventare sale e lievito, e – quando occorre – segno di contraddizione?
Chi, in questi giorni, ha avuto tempo e voglia di ascoltare i ragazzi, si sarà accorto che gli adolescenti pensano alla loro coetanea Melissa, prima che alla Sacra Corona Unita! Nella sua giovane vita bruscamente interrotta vedono specchiarsi la loro. E ci chiedono che senso hanno i nostri giorni qui; da dove veniamo, dove andremo quando il cuore non batterà più.
Questo vogliamo che i preti ci aiutino a comprendere. Ad altri il compito di spiegarci la Costituzione! Son queste le domande che noi cattolici abbiamo il dovere di ascoltare (ed anche di far tornare a galla nel nostro cuore!) e alle quali siamo chiamati a dare risposta con la speranza che scaturisce dalla fede nel Cristo che, risorto, ha sconfitto la morte.
Oggi i ragazzi han bisogno di risentirsi dire dai preti (don Ciotti compreso) che siamo stati amati infinitamente da sempre; che siamo stati accolti con tenerezza dai nostri genitori; che abbiamo, nel mondo, un compito indelegabile e bellissimo e neanche un minuto da sprecare. Che la vita è un dono splendido e preziosissimo e che non ne siamo padroni perché l’abbiamo ricevuta senza chiederla. Che la vita è sacra perché siamo ad immagine e somiglianza di Dio, ed è questo il motivo per cui nessuno, per nessun motivo, può ritenersi padrone dell’esistenza altrui e sentirsi legittimato a deciderne la fine.
I giovani han bisogno di adulti che li guardino negli occhi e dicano loro che quando moriamo non finiamo nel nulla, perché chi ha incontrato Cristo ha questa certezza nel cuore: “nemmeno un capello del capo andrà perduto”.