30 ottobre 1984 - 2024: in memoria di Jerzy Popieluszko, sacerdote e martire
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Pubblichiamo in sua memoria questa Omelia per la Patria, ancora oggi attuale e precisa. Sono le parole di un martire della fede, beatificato il 6 giugno 2010

Sulla cultura
Gesù Cristo, nonostante fosse stato inviato a tutto il mondo, per portare la Buona Novella a tutti i popoli e a tutte le nazioni, ha avuto una sua patria terrena. Una patria che aveva la sua storia, la sua religione e la sua cultura. Egli si sottomise ad alcune leggi giuste della patria, anche se, in quanto Dio, non era vincolato ad esse. Cristo in questo modo volle sottolineare quanto sia importante per ogni uomo la coscienza di avere una propria patria. Ogni uomo è legato alla patria attraverso la famiglia e il luogo della sua nascita.
Patria significa comunità di cultura, di storia; storia ora felice ora dolorosa. Significa ricchezza di linguaggio, ricchezza di opere d’arte e di cultura musicale, significa religione e tradizione. Vorrei che, in questa nostra odierna meditazione, le nostre riflessioni si puntassero sulla parola cultura. Mi rendo conto che si tratta di un argomento fiume, qui vorrei solo segnalare e toccare appena alcuni problemi legati a questa parola.
Il Santo Padre Giovanni Paolo II nel corso del suo primo pellegrinaggio in patria disse, parlando ai giovani: «La cultura è l’espressione dell’uomo. È l’affermazione dell’umanità. L’uomo crea la cultura e attraverso la cultura crea se stesso... La cultura è un bene comune della nazione...».
La cultura polacca è il bene su cui poggia il bene spirituale dei Polacchi. Lungo tutta la storia della nostra patria, essa ci determina molto più della forza materiale o delle frontiere politiche. Grazie alla cultura la nazione è rimasta se stessa nonostante i lunghi anni della perdita dell’indipendenza. Spiritualmente è rimasta sempre indipendente, perché aveva una propria splendida cultura.
La cultura polacca è cristiana
La cultura polacca fin dall’inizio porta in sé un chiaro carattere cristiano. Il cristianesimo ha sempre trovato la sua risonanza nelle opere del Pensiero, nella creazione artistica, nella poesia, nella musica, nel teatro, nella scultura e nella pittura.
La cultura polacca per secoli ha tratto la sua ispirazione dal Vangelo. Adam Mickiewicz, il nostro vate nazionale, nei Libri del Pellegrinaggio Polacco ha scritto che una civiltà vera, degna dell’uomo, deve essere cristiana.
Grazie al cristianesimo siamo legati alla cultura dell’Occidente e per questo nel corso della storia abbiamo potuto opporci a tutte le altre culture dei popoli barbari. Abbiamo potuto resistere alle culture imposteci dai nemici o dagli amici.
Nella Polonia del dopoguerra è stato deciso che nella vita della nazione non ci saranno né Dio né il vangelo, e in particolare che le giovani generazioni saranno educate senza Dio. Ma si è dimenticato che Dio non ha affatto l’obbligo di obbedire a qualsiasi legge.
Oggi per la nazione dobbiamo rivendicare con coraggio il diritto a Dio, all’amore, alla libertà delle coscienze, alla cultura e all’eredità patria. Non si può fare storia senza la storia, non si può dimenticare il cammino cristiano della nostra nazione. Non si possono recidere le radici del nostro ultramillenario passato: infatti un albero senza radici cadrà al suolo, e ne abbiamo molti esempi negli ultimi decenni.
Non si può portare la nazione a ricominciare dall’inizio. Non possiamo tacere quando nell’ultimo programma per la scuola si fanno fuori la cultura patria, la letteratura e l’arte; quando alla provata moralità cristiana si sostituisce la cosiddetta moralità socialista; quando gli insegnamenti delle scuole di Varsavia fanno sapere ai genitori cristiani che i loro figli saranno educati secondo lo spirito laico. Allontanare i bambini dalla verità cristiana, che da secoli è legata alla polonità, vuol dire allontanarli dallo spirito polacco; si tratta di un autentico processo di denazionalizzazione. La scuola deve trasmettere ai bambini e ai giovani l’amore per la patria, l’orgoglio per la cultura patria. Non può esistere un’istituzione solo per l’oggi. Deve esserci un legame fra l’ieri e il domani della patria. Se la scuola non svolge questo compito, i doveri che gravano sulle famiglie cristiane sono ancora maggiori.
La cultura della nazione è anche la sua moralità. Una nazione cristiana deve lasciarsi guidare dalla moralità cristiana, provata nel corso dei secoli. Una nazione cristiana non ha bisogno della cosiddetta moralità laica, perché essa è senza volto e senza speranza, come ha detto il compianto Primate Wyszynski.
Essa è una minaccia per i valori spirituali della nazione e indebolisce le forze che ne determinano l’unità.
La cultura ha salvato la nazione
La nazione non si è lasciata annientare nonostante le spartizioni, le insurrezioni fallite e la Siberia, nonostante la denazionalizzazione e la russificazione, l’espropriazione delle terre e il Kulturkampf, perché aveva radici saldamente piantate nei secoli precedenti della storia patria. Non si è lasciata annientare perché viveva della storia e della cultura dei secoli precedenti.
Ma la nazione nel prossimo futuro si nutrirà della storia e della cultura create oggi? Potrà nutrirsi degli articoli menzogneri di «Rzeczpospolita», «Trybuna Ludu» o «Argumenty» (rispettivamente quotidiano del governo, organo del Partito e settimanale per la cultura laica - ndt)? Della eliminazione dalle anime dei giovani della cultura nazionale, della sua storia gloriosa impregnata di spirito cristiano, del silenzio sugli avvenimenti storici? Si nutrirà dell’oltraggio fatto a «Solidarnosc» e delle false accuse mosse contro i suoi capi, eletti democraticamente dalla nazione, o si nutrirà della rimozione della croce dalle scuole e dalle fabbriche, di cui parlano con preoccupazione i vescovi polacchi nel loro odierno comunicato?
Tutto ciò che viene fatto contro la cultura nazionale in un paese cristiano, lo stile di governo e le disposizioni contrarie alle tradizioni cristiane addirittura ai diritti della persona umana e della famiglia, non favorisce lo sviluppo della cultura.
La cultura deve essere libera
Solo una nazione spiritualmente libera e amante della verità può continuare a vivere e a creare il futuro, cosi come hanno creato il futuro gli insorti, i caduti sui campi di battaglia, o i vati, che sapevano vedere lontano nel futuro, come Slowacki, che vivendo in esilio seppe vedere nel futuro della Polonia, che allora neppure compariva sulla carta d’Europa, un Polacco sul trono di san Pietro. Solo una nazione che ha uno spirito sano e una coscienza vigile può creare un futuro pieno di coraggio.
Perciò stiamo attenti alla libertà del nostro spirito, non lasciamoci rendere schiavi dalla paura e dalle intimidazioni.
Non lasciamo avvelenare lo spirito della nazione neppure nelle questioni più piccole, come ammoniva Adam Mickiewicz, quando scrisse:
«È nulla la Siberia, nulla la sferza, ma lo spirito della nazione avvelenato, questo è il dolore dei dolori...».
Già Pawel Wlodkowicz disse che i beni culturali e le forze spirituali si conquistano per il futuro non con il ferro e la spada, la violenza, la forza e la sopraffazione, ma con la libertà, l’amore e il rispetto dei diritti.
Gli uomini li si conquista con il cuore spalancato e non con il pugno chiuso. Il vero sapere, la vera saggezza, la vera cultura non sopportano catene. La mente umana non si lascia imbrigliare. E per questo ci stupiamo nel vedere come spesso, nelle università, le direttive contano molto di più di un illustre professore di fama mondiale. Ma è anche peggio, ha detto il cardinal Wyszynski, quando uno Stato ha suoi uomini, che vigilano affinché gli uomini di scienza pensino correttamente, e cioè non secondo la verità, ma secondo la politica.
Tutti i tentativi di costringere la libertà della mente umana, che deve creare la cultura, vanno contro la cultura stessa.
Ne hanno preso vigorosa coscienza gli uomini di cultura sotto l’influsso dello slancio patriottico degli operai dell’agosto 1980. Ne hanno preso coscienza gli attori, i giornalisti, i letterati e gli artisti. La loro coscienza si risvegliò, così come si risvegliò la coscienza dell’intera nazione, narcotizzata nel corso degli ultimi decenni. Il 1980 fu un anno difficile, ma mise in luce le grandi virtù latenti nella nazione: riflessione, prudenza, abilità e collaborazione.
Si risvegliò la coscienza sociale, professionale, economica, culturale e politica. Si risvegliò la coscienza degli ambienti artistici. Parlarono con la loro libera voce. Decisero di servire la verità. Di servirla con il loro talento e il loro piano di lavoro. Di servire la verità nella patria. Quella stessa patria, che avevano servito i loro padri. La patria-Polonia, senza altri attributi.
Ma dove la menzogna è quasi coltivata d’ufficio, non c’è posto per la verità, che si oppone alla menzogna e la smaschera. E per questo si è aperta di nuovo la lotta contro la verità e la libertà di parola, contro la libertà e la grandezza delle idee pronunciate a voce alta sotto l’influsso della coscienza ridestata.
Si è cominciato ad accusare tutti coloro che rivendicavano i diritti umani di compiere un’azione contraria allo Stato.
Eppure già nel 1978 il Primate Wyszynski scriveva al ministro Kakol: «... la difesa dei diritti non è un’azione par excellence politica, è solo un dovere del cittadino, e i nemici dello Stato socialista vanno cercati fra i vigliacchi che tacciono e non fra coloro che vogliono conoscere sulla Polonia la verità deformata dalla dottrina ufficiale...».
La coscienza una volta risvegliata distingue più facilmente la verità dalla menzogna, il seme buono dalla zizzania. Capisce più facilmente che i grandi slogan e le bandiere spiegate sono vuoti, se al tempo stesso sono rinchiusi nelle prigioni i fratelli la cui coscienza si è ridestata e che erano preoccupati del bene della patria, come per esempio Seweryn Jaworski, operaio di Varsavia, se ci sono sempre nuovi arresti e licenziamenti, se si crea uno staff di uomini per controllare e seguire gli altri.
Nell’ultimo periodo gli ambienti che fanno cultura sono diventati un esempio per noi, soprattutto gli attori, che dopo il 13 dicembre 1981 hanno dimostrato una forza d’animo, un coraggio e una capacità di sacrificio senza precedenti nella nostra storia del dopoguerra.
Oggi la Chiesa guarda con timore alle nuove minacce che incombono sullo sviluppo della cultura polacca.
I vescovi più volte hanno espresso questa preoccupazione, scrivendo, per esempio, nel febbraio dell’anno scorso, che la religione e la cultura hanno un’importanza fondamentale per resistenza di un’intesa sociale.
Per questo è indispensabile garantire piena libertà alla vita religiosa e allo sviluppo della cultura. […]
Gli artisti e gli uomini di cultura devono vedersi garantire adeguate condizioni di vita, di lavoro e di associazione (febbraio 1983).
Anche per questo sono incomprensibili e oltraggiose le decisioni di sciogliere le associazioni degli uomini di cultura, degli attori, dei giornalisti, e ora degli scrittori. […]
Non serve allo sviluppo della cultura una censura che supera ogni limite, che, soprattutto nei giornali cattolici (sottolineo cattolici e non pseudo-cattolici), cancella parole, frasi, articoli interi, idee giuste e coraggiose.
Cancella tutto ciò che hanno scritto penne rese forti dalla verità. Mentre le parole per vivere devono essere vere.
Infatti le parole menzognere, spesso già il giorno dopo, si rivelano dei rifiuti, anche se sono state stampate su milioni di esemplari.
Una cattiva testimonianza dei nostri tempi per la storia è rappresentata proprio dai tagli della censura sui giornali cattolici.
La cultura è in fondo dialogo onesto e scambio di idee, onesta lotta di parole e non diatriba meschina di polemisti di mestiere, che unilateralmente sputano sugli altri attraverso i mass media. Il Primate tre settimane fa ha parlato chiaramente di queste cose a Czestochowa.
Concludiamo la nostra riflessione odierna con le parole della preghiera del Santo Padre, che il 31 marzo dello scorso anno, rivolgendosi alla Madonna disse:
«A Te, Madre di Jasna Gòra affidiamo in modo particolare l’oggi e il domani della cultura patria.
Che in essa si approfondisca e si sviluppi sempre più pienamente la vita della nazione...». Amen.
Varsavia, 25 settembre 1983
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