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Il matrimonio è uno solo!

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
Occorre riscoprire in positivo la capacità originaria di ogni persona umana di sposarsi in virtù della sua stessa natura di uomo e di donna

«Occorre riscoprire in positivo la capacità che in principio (cioè all’origine da Dio Creatore) ogni persona umana ha di sposar si in virtù della sua stessa natura di uomo e di donna. Corriamo infatti il rischio di cadere in un pessimismo antropologico che, alla luce dell’odierna situazione culturale, considera quasi impossibile sposarsi. A parte il fatto che tale situazione non è uniforme nelle varie regioni del mondo, non si possono confondere con la vera incapacità consensuale le reali difficoltà in cui versano molti, specialmente i giovani, giungendo a ritenere che l’unione matrimoniale sia normalmente impensabile e impraticabile. Anzi, la riaffermazione della innata (cioè dal Creatore) capacità umana al matrimonio è proprio il punto di partenza per aiutare le coppie a scoprire la realtà naturale del matrimonio e il rilievo che ha sul piano della salvezza. Ciò che in definitiva è in gioco è la stessa verità del matrimonio e sulla sua intrinseca natura giuridica » [Benedetto XVI, Inaugurazione dell’Anno Giudiziario del Tribunale della Rota Romana, 29 gennaio 2009]

La bellezza del matrimonio nella prospettiva della paternità e della maternità dipende dalla consapevolezza del desiderio originario dell’intima comunione di vita e di amore coniugale fra uomo e donna, proveniente dal Creatore, redenta dall’incontro con Cristo e strutturata con leggi proprie nel suo corpo che è la Chiesa. E la capacità è in relazione con ciò che è essenzialmente il matrimonio. Questa capacità non è valutabile in relazione ad un determinato grado di realizzazione esistenziale o effettiva dell’unione coniugale mediante l’adempimento degli obblighi essenziali ed operante tale realizzazione già al momento del patto nuziale. Ma essa ha senso nella misura in cui riguarda l’atto stesso di contrarre matrimonio, poiché il vincolo messo in atto dalla volontà degli sposi costituisce la realtà giuridica dell’una caro biblica, la cui valida sussistenza non dipende solo dal successivo comportamento dei coniugi lungo la via matrimoniale: nonostante difficoltà, infedeltà poiché è Cristo che li ha uniti per sempre è sempre possibile ricrearsi. Diversamente, nell’ottica riduzionistica che misconosce la verità sul matrimonio nel rimando sacramentale al Dio con noi cioè Gesù Cristo, la realizzazione effettiva di una vera comunione di vita e di amore, indispensabile anche per i figli, idealizzata su un piano di benessere puramente umano, diventa essenzialmente dipendente soltanto da fattori accidentali, e non invece dall’esercizio della libertà sorretta dalla grazia.
Ma cosa vuol dire sorretta dalla grazia? E’ vero che questa libertà della natura umana, “ferita nelle sue proprie forze naturali” ed “inclinata al peccato” (CCC n. 405), è limitata e imperfetta, ma non per questo è inautentica e insufficiente a realizzare quell’atto di audeterminazione dei contraenti che è il patto coniugale, che dà vita al matrimonio e alla famiglia fondata su di esso.
Ovviamente l’orientamento all’autorealizzazione senza il rimando all’origine, a Dio Creatore, e all’azione sacramentale del Risorto cioè alla grazia o idealizza talmente la persona umana e il matrimonio che finiscono per negare la capacità psichica alla maggior parte delle persone, fondandola su elementi che non corrispondono alle esigenze essenziali del vincolo coniugale o propone l’illusione di convivenze, quasi verifica o noviziato alla possibilità solo umana di vita matrimoniale. In realtà per il matrimonio sacramento è sufficiente il minimo necessario perché i nubendi possano donare il loro essere di persona maschile e di persona femminile per fondare quel vincolo al quale è chiamata per vocazione la stragrande maggioranza degli esseri umani.

Non c’è futuro sociale senza matrimonio fra uomo e donna e famiglia ma non c’è matrimonio e famiglia per i molti senza l’apporto del matrimonio sacramento e della famiglia cristiana anche di pochi, come è sempre il progetto storico di Dio
Del VI incontro mondiale delle famiglie a Città del Messico, nel Santuario di Guadalupe, in Europa, e anche in Italia, l’avvenimento non ha avuto grande risonanza. Ma per i Paesi latino – americani ciò che è accaduto nella settimana che si è conclusa con domenica 18 gennaio presso il santuario delle famiglie, il santuario di nostra Signora di Guadalupe (12 milioni di pellegrini ogni anno), con il messaggio del Santo Padre in videoconferenza, rimarrà nella storia di quelle Chiese locali. Dal 14 al 18 gennaio, infatti, nella megalopoli del Centro America si è svolto il VI Incontro mondiale delle famiglie scandito dal Congresso teologico – pastorale sul tema dell’educazione cristianamente umana ai valori in famiglia, la veglia di preghiera alla presenza del delegato pontificio cardinale Tarcisio Bertone e la Messa conclusiva che ha radunato centinaia di migliaia di famiglie festanti nel luogo più famoso e caro ai cristiani di quelle terre.
In una società come la nostra che pensa il proprio futuro senza l’apporto della famiglia ormai considerata impossibile o superata, la Chiesa continua a credere, al contrario, che senza il matrimonio fra uomo e donna e senza la famiglia la società non abbia futuro. L’insistente lieto annuncio della Chiesa si basa sulla perenne esperienza umana: l’uomo non può vivere e lavorare senza l’amore di Dio che lo raggiunge in Cristo. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo esperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente. Solo dove Dio è amato e il suo amore ci raggiunge in Cristo si ha la possibilità di perseverare giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, anche in un presente che può essere faticoso e in periodi di crisi, in un mondo che per sua natura, è imperfetto. Siccome non si può non condividere questo argomentare di fede-ragione-amore di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, allora tutti, non solo i credenti, possono cogliere la verità che il luogo primario dove ogni persona impara a sapere che cosa voglia dire essere persona fin dal concepimento è la famiglia.
La famiglia, infatti, non è un semplice agglomerato di individui che casualmente si trovano a vivere gomito a gomito, ma che non hanno nulla da spartire. La famiglia nasce dai legami caldi dell’amore che ci raggiunge, dono dello Spirito del Risorto presente in essa come Chiesa domestica. Il bisogno di famiglia è iscritto nel cuore di ogni uomo che è portato originariamente dalla sua natura relazionale a “vivere con” e dall’esistenza cristiana fin dal battesimo ad essere “uno in Cristo” in vissuti di comunione ecclesiale come è il matrimonio e la famiglia. Originariamente ogni io avverte la verità profonda della Parola di Dio: “Non è bene che l’uomo sia solo” perché verrebbe meno il desiderio della verità e della vita che è Cristo e la disponibilità all’amore di Dio in noi, cioè il suo regno. Il desiderio di vivere in società, come famiglia delle famiglie, inizia in famiglia che, a suo modo, è una società in miniatura perché si apprendono le elementari virtù sociali: solidarietà, condivisione, gratuità, darsi vicendevolmente una mano, condividere. Il noi della Chiesa domestica giunge mediante la fede, il Battesimo e la vocazione per il sacramento del matrimonio che sono realmente morte e risurrezione, rinascita, trasformazione in una vita nuova, la vita da risorti per cui il proprio io viene tolto e inserito in un nuovo soggetto più grande cioè il vissuto fraterno di comunione in famiglia fondato dalla comunione sponsale, nel quale il proprio io viene tolto e viene inserito in un nuovo soggetto più grande, nel quale ogni io c’è di nuovo, ma continuamente trasformato, purificato, “aperto” mediante l’inserimento nell’altro, nel quale acquista il suo nuovo spazio di esistenza sponsale nel matrimonio, fraterno in famiglia. Nella concretezza del matrimonio e della famiglia cristiana si diventa “uno in Cristo”, un unico soggetto nuovo, e ogni io viene liberato dal suo isolamento, dal suo individualismo,dalla sua solitudine. “Io, e non più io”: è questa la formula dell’esistenza cristiana matrimoniale, familiare e quindi sociale fondata sul Battesimo, vissuta nel sacramento del matrimonio, la formula della risurrezione dentro il tempo, la formula della novità cristiana chiamata a trasformare il mondo. Pensare che basti rifarsi all’esperienza della solitudine che fa paura o al sapere l’idea biblica che non è bene che l’uomo sia solo, quasi che il continuo incontro con Cristo degli sposi e dei genitori non sia necessario, è vivere, sposarsi da atei senza che Cristo c’entri dopo aver celebrato il sacramento del matrimonio o sostituire la sola conoscenza di ragione o gnosi alla fede professata, celebrata, vissuta, pregata alla luce del Catechismo della chiesa Cattolica e del suo Compendio.
Senza la famiglia cristiana anche di pochi si dissolve la famiglia di molti. La nostra società occidentale sta dando questi segni. Pensare erroneamente, che per dare più spazio ad ogni individuo, ai desideri della propria libertà, alla felicità, sia necessario liberarlo da tutti i vincoli, dai legami stabili, dalle relazioni impegnative e responsabili, in una parola liberarlo non solo da Dio ma anche dalla famiglia o ritenere che per il matrimonio, per la famiglia, Dio che possiede un volto umano cioè Cristo non c’entri (ateismo) o che basti conoscere l’idea giusta e quindi l’etica adeguata ispirandosi anche ai Vangeli (gnosi), è terribile. I mass media, il cui influsso sembra incontrollabile, hanno venturosamente questo pensiero individualista di solitudine, questo pessimismo antropologico sul matrimonio e sulla famiglia e lo stanno diffondendo proponendo stili di vita basati sulla competizione, sull’arrivismo, sul farsi strada da soli provocando l’emergenza educativa dal momento che non si sa più che cosa sia il matrimonio vero, la famiglia vera. E la società che si avventura per questa via ritorna ad imbarbarirsi e a far diventare legge, la legge del più forte dove l’unico a riuscire è il prepotente, colui che usa la forza e non l’amore.
Ma anche nel Congresso Teologico – pastorale sul tema dell’educazione nell’attuale emergenza educativa si è ricordato che per la testimonianza cristiana non basta una grande idea di matrimonio e di famiglia e solo una decisione etica ma il continuo incontro con la Persona di Gesù Cristo in ogni famiglia che le dà un nuovo orizzonte e la direzione decisiva, con la famiglia delle famiglie in parrocchia, nei movimenti e nelle nuove comunità. E nonostante le apparenze a Città del Messico molti sono apparsi desiderosi su questa convinzione. Soprattutto tra i giovani i quali, quando pensano al loro futuro non ancora travolti dal pessimismo antropologico e dall’illusione trasgressiva desiderano un amore duraturo ed una famiglia dove ci si vuol bene e riaffermano con Giovanni Paolo II che “l’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia ”.
E rifacendosi al Convegno ecclesiale di Verona il prossimo incontro mondiale sarà a Milano nella primavera del 2012, sul tema cristocentrico “La famiglia, il lavoro, la festa”.

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