Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario - Risposta a Gianluca Spadoni
In seguito a un mio articolo sul tema dell'inverno demografico a San Marino, ho ricevuto questa gentile risposta, a cui rispondo a mia volta:https://www.libertas.sm/inverno-demografico-a-san-marino-don-mangiarotti-ha-ragione-ma/
E risposta a Orietta Ceccoli
- Autore:
Pare sconosciuto l’autore di questa affermazione: c’è chi l’attribuisce ad Orwell, chi dice che l’autore sia Pasolini, c’è chi la presenta semplicemente come un fake.
Se è vera l’affermazione, allora non c’entra l’autore. Vale così, e basta!
Per questo mi colpisce la lettera di Gianluca Spadoni, in risposta alle mie considerazioni a proposito dell’inverno demografico a San Marino. Da un lato perché confrontarsi liberamente su questo tema è già un fatto significativo, in un’epoca in cui il più comune atteggiamento sembra essere quello di tacere, o chiacchierare mormorando, preferendo fare finta di niente di fronte a chi pone domande o esplicita pensieri controcorrente. E dall’altro perché non si può voltarsi dall’altra parte di fronte alle gravi questioni del paese e del mondo intero.
Ho ascoltato l’intervento del prof. Impagliazzo all’insediamento dei Capitani Reggenti, quando sosteneva che «Autorevoli economisti, a cominciare dal Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, affermano che l’immigrazione è l’unico fattore oggi in grado di favorire lo sviluppo dell’economia. Come è ormai universalmente noto l’Italia invecchia e pertanto la sua popolazione si riduce. Nonostante i flussi di immigrazione degli ultimi anni, la fecondità è scesa a poco più di metà del cosiddetto tasso di rimpiazzo (2,1 figli per ogni donna). C’è un gran bisogno di immigrati.»
Sembra oramai un ritornello: davanti alla crisi demografica la soluzione sarebbero gli immigrati (e non basta, secondo me, neppure dire che devono essere «regolari», anche se certamente questo avrebbe un migliore impatto sulla situazione, basta pensare agli emigrati sammarinesi nei tempi drammatici della crisi economica, che sono certo stati una risorsa e non causa di sfacelo o confusione…).
Se cerchiamo una soluzione, bisogna che la proposta sia tale, e che vada anche a ricercare le cause, per evitare che il problema invece che risolto sia soltanto rimandato nel tempo.
La causa della denatalità è una causa culturale, innanzitutto. È il rifiuto del bene della vita, della maternità e della famiglia. Soprattutto di una mentalità che non sa più tenere il passo con la realtà, per me è una ideologia.
E pensavo a queste cose leggendo questa specie di confessione di Oliviero Toscani, a proposito di sua madre e della sua posizione nella vita, ove è evidente che la realtà supera infinitamente ogni ideologia.
Ecco, come riportato dal sito Donboscoland, un estratto dal libro del famoso fotografo “Non sono obiettivo” (Feltrinelli 2001) in cui parla della madre che gli ha confessato di aver avuto solo un uomo nella sua vita...
«Ieri mia madre mi ha detto: “Ho avuto un solo uomo, tuo padre”. All’improvviso si sono sgretolati anni e anni di liberazione sessuale, di convincimenti libertari, di mentalità radicale. Tutto quel che avevo creduto una conquista civile si è ridimensionato di fronte a quella semplice affermazione: “Ho avuto un solo uomo, tuo padre”. Sono stato messo di fronte alla debolezza di ciò che credevo essere la modernità, con la forza di chi afferma un principio antico, senza la consapevolezza di essere, lei sì, la vera rivoluzionaria. Mi sono domandato: sono più avanti io che ho vissuto e teorizzato il rifiuto del matrimonio, l’amore libero e i rapporti aperti o lei che per una vita intera è rimasta fedele ad un solo uomo?
Senza essere Gesù Cristo mi sono sentito il figlio di Dio e mia madre mi è apparsa come la Madonna: in modo naturale, come se fosse la più ovvia delle cose, lei ha impostato tutta la sua vita su concetti che oggi ci appaiono sorpassati, ridicoli: la felicità, l’onestà, il rispetto, l’amore. Mentre penso che non c’è mai stata in lei ombra di rivendicazioni nei confronti del potere maschile mi rendo conto che non esiste nessuno più autonomo di lei. Nessun senso di inferiorità l’ha mai sfiorata, perché le fondamenta della sua indipendenza erano state scavate nei terreni profondi della dirittura morale, della lealtà, della giustizia, dell’onore e non sulla superficie di ciò che si è abituati a considerare politicamente corretto. Il rispetto e la timidezza con cui guardava mio padre e l’educazione che mi ha dato a rispettarlo non avevano niente a che vedere con le rivendicazioni dei piatti da lavare.
Mia madre non si è mai sentita inferiore perché ci serviva in tavola un piatto cucinato per il piacere di accontentarci e di farci piacere; o perché lavava e stirava per farci uscire “sempre in ordine”. Sono consapevole che sto esaltando il silenzio e quella che le femministe hanno drasticamente definito sottomissione. Ma non posso fare a meno di interrogarmi sui veri e falsi traguardi dell’emancipazione, su ciò che appartiene ai convincimenti profondi e su ciò che non è altro che sterile battibecco. Nella ricerca dei valori che dovrebbero educarci a un’etica meno degradata di quella improntata al principio del così fan tutti, mia madre è un esempio di anticonformismo e di liberazione: lei è davvero affrancata dagli stereotipi e dai bisogni indotti della società massificata. Per conquistare obiettivi importanti e sicuramente oggi irrinunciabili siamo stati costretti ad abdicare alla nostra integrità. Noi abbiamo perso la “verginità”, non lei.» [Oliviero Toscani]
Beh, non c’è che dire: «Per conquistare obiettivi importanti e sicuramente oggi irrinunciabili siamo stati costretti ad abdicare alla nostra integrità».
È davvero rivoluzionario dire la verità. E, per rimanere sul tema della denatalità, credo che bisogna por mano a un impegno educativo serio, profondo e radicale, anche tra noi, soprattutto perché, data la nostra realtà di piccolo stato, possiamo trovare vie e soluzioni senza troppe pastoie burocratiche. E tale soluzione potrebbe essere di esempio e di sprone al mondo (almeno io ho questa convinzione… e presunzione). Ma se nella scuola si dà spazio, per educare all’amore, alla vita, alla sessualità, a coloro che presentano il concepimento come un incidente di percorso, per cui ricorrere all’aborto facile e gratuito per sbarazzarsi della vita umana portata in grembo, se tale educazione si avvale di questionari dal contenuto per lo meno equivoco, se non volgarmente osceno, tra l’altro senza che ci si possa valere di quel «consenso informato» che a parole è stato dichiarato come pratica comune nelle nostre realtà scolastiche… allora non pensiamo che ci sarà una strada positiva, una soluzione reale per salvare quel «paziente malato in arresto cardiaco».
Grazie a Gianluca Spadoni per avere intrapreso la strada del dialogo su questo argomento senza pregiudizi. Un amico mi ha ricordato come nel passato, di fronte a prese di posizione da parte di uomini di chiesa, l’ascolto e il confronto erano prassi consolidata. Ora pare che si tenda o a silenziare o ad attaccare. Le reazioni di fronte a quanto recentemente ha detto Papa Francesco ne sono esempio eclatante. Bisogna avere il coraggio di mettersi a un tavolo comune, e cercare risposte ai problemi assillanti che ci interpellano. Il silenzio ha più la caratteristica della connivenza che quello del rispetto.
In gioco è la libertà, quella vera. Quella che la nostra antica terra ci ha consegnato.
Grazie, Gianluca Spadoni, il confronto può e deve continuare.
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