Condividi:

Lo specifico dell’intervento della Chiesa nei confronti di Comunione e Liberazione

Autore:
Pietro Gargiulo
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
«Per custodire l’unità e far sì che il carisma sappia interpretare sempre più adeguatamente i tempi in cui siete chiamati a testimoniare la nostra fede in Gesù Cristo, occorre andare oltre interpretazioni personalistiche, purtroppo ancora presenti, che rischiano di sottendere una visione unilaterale del carisma stesso.»
https://it.clonline.org/news/chiesa/2024/02/01/lettera-papa-francesco-udienza-gennaio-2024-prosperi#zoom

In tantissime occasioni ci siamo chiesti tra noi quale fosse il senso specifico dell’intervento della Chiesa. Per questo punto propongo di riprendere integralmente: l’omelia del Cardinale Farrell agli ultimi esercizi; il discorso del Santo Padre del 15 ottobre del 2022; la lettera del Cardinale Farrell del 10 giugno dello stesso anno. Qui per brevità riporto delle citazioni.

Dall’omelia del Cardinale Farrell agli ultimi esercizi della fraternità: “il Santo Padre (…) vi ha esortato ad aver cura dell’unità. È un dono da invocare (…) rinunciando ad identificare il carisma con le proprie convinzioni o, peggio ancora, con la propria persona.

Nel centenario della nascita di don Giussani, 15 ottobre 2022, dopo aver descritto Giussani uomo carismatico e Giussani educatore, nel terzo e ultimo punto di un discorso che definire positivissimo è poco, il Santo Padre approfondisce Giussani figlio della Chiesa.
Il Papa sceglie le parole stesse di don Giussani per spiegare in modo semplice e diretto il senso della correzione specifica fatta al Movimento. I passaggi “logici” possono riassumersi così: “anche nel Movimento alcuni sono incaricati di compiti di autorità e di governo”; “accanto al servizio dell’autorità è fondamentale che, in tutti i membri della Fraternità, rimanga vivo il carisma”; un carisma si incontra incontrando delle persone”. Tutto questo per concludere: “Tutti siamo chiamati a questo: essere mediatori per gli altri dell’incontro con Cristo, e poi lasciare che essi percorrano la loro strada, senza legarli a noi.
Questo è il senso dell’episodio di Filippo e dell’eunuco: incontrare tramite delle persone un carisma è perché si possa incontrare Cristo nella Chiesa e non restare “legati” ai mediatori di tale incontro. Senza nessuna distinzione tra coloro che ricoprono o meno compiti di autorità e di governo.
Ciò era stato anticipato ampiamente e dettagliatamente esposto nella lettera del cardinale Farrell del 10 giugno del 2022: “Senza una seria presa di coscienza di tali limiti [falsa dottrina della successione del carisma, divisioni, resistenze] sarà impossibile non solo effettuare una riflessione adeguata sulle norme statutarie, ma anche prevedere elezioni libere e responsabili”. Non da sottovalutare poi era, assolutamente non dovuta, la citazione dell’allora “commissario” Ghirlanda, che di fatto ha reso noto a tutta la Fraternità che tali problematiche erano le medesime all’origine del “commissariamento” dei Memores. Ringraziando Dio, questi due anni non sono passati invano.

Il senso complessivo della correzione specifica fatta al Movimento.
Questi passaggi sono facilmente rintracciabili a una lettura attenta e integrale dei testi, e rendono ancora più ragione della precisione chirurgica con la quale il cardinale Farrell ha sintetizzato il tutto agli esercizi: “non identificare il carisma con le proprie convinzioni o, peggio ancora, con la propria persona.” Questo, infatti, significherebbe “legare”, secondo la felice espressione del Papa. La necessaria conseguenza per chi avesse convinzioni diverse e/o non “seguisse” le autorità di governo (i vari responsabili ai diversi livelli) sarebbe di dover essere considerato e/o considerarsi fuori dal carisma o quantomeno non pienamente “aderente”. Mentre, sempre all’interno di una sequela alle e delle autorità di governo per quanto attiene il governo, è necessario ritornare sempre alla prima Galilea dell’incontro, perché il carisma è una responsabilità di ciascuno e dono per tutti.
Fuor di metafora: il carisma è donato a tutti; tutti sono responsabili della crescita o decrescita del carisma; chi ha responsabilità di governo svolge un servizio. Questo servizio non attribuisce nessun carisma particolare a chi lo esercita (quasi fosse una “successione” analoga a quella apostolica). Non ci sono persone o funzioni o idee che hanno il carisma e altre no. Nemmeno vi sono persone o funzioni o idee che hanno “più” carisma rispetto ad altre persone, funzioni o idee. Questo spiega anche il continuo e forte richiamo all’unità: solo comprendendo che l’unità è fondata in Gesù nella Chiesa e non nelle idee di chi guida o peggio nella persona che svolge una funzione di autorità, veramente tutti sono “già” uniti.
Qui si innesta la questione della durata e non rinnovabilità delle “cariche a vita” stabilita per tutti i movimenti dal decreto generale del 2021: questa norma diventa “problema” solo se si indentificano ruolo/funzione/persona con il carisma stesso. Se, come ribadito dalla Chiesa, si evita (l’errore di) questa identificazione allora non sarà “problema” qualsiasi indicazione che riguarderà la durata delle cariche di governo dei movimenti e associazioni.
Le stesse elezioni dei responsabili a qualsiasi livello non sono assolutamente da ricondurre alla presenza del carisma “più in alcuni che in altri.”
Non è poi assolutamente un compito o una prerogativa dell’autorità in carica scegliere le autorità (i “successori” o i responsabili locali) con indicazioni che vadano, per così dire, dall’alto verso il basso. Né gli aderenti possono abdicare alla propria responsabilità personale “seguendo chi segue”, in questo caso con una forma di delega dal basso verso l’alto.
Per ultima ma non ultima per importanza si innesta anche la richiesta da parte della Chiesa di rispettare la distinzione tra foro interno ed esterno, distinzione da mantenere sempre e necessariamente. Chiaramente ogni punto meriterebbe un approfondimento a parte.
Con questa coscienza della responsabilità personale viene evitato il rischio per chi non avesse compreso o avvertito queste dinamiche, avvenute sostanzialmente nei rapporti tra l’autorità del Movimento e della Chiesa, di sentire giudicata la propria esperienza di fede e di adesione al carisma. Questa è la condizione della stragrande maggioranza del nostro popolo che ha seguito con semplicità durante gli anni di guida di Carron. Se errori o equivoci hanno reso e rendono più difficile cogliere il senso della correzione, non sono stati compiuti dai semplici aderenti ma da chi ha interloquito con la Chiesa e che oggi ha da contribuire al docile accoglimento della correzione con la maggior cura possibile, proprio in ragione di quella responsabilità. Ma è la stessa responsabilità di tutti nei confronti del carisma. Per questo il primo dovere è cercare di comprendere lo specifico della correzione.
Infatti, con questo intervento la Chiesa valorizza tutto quanto è nato e cresciuto in questi anni dal libero coinvolgimento nella responsabilità personale nei confronti del carisma. Indipendentemente dalle cariche di governo. Nessuno deve quindi sentire giudicata “negativamente” la propria storia di appartenenza al Movimento. Indipendentemente, infatti, dalla presenza o meno di abusi, esclusioni o altre difficoltà, il principio è che nessuno è possessore del carisma, nessuno ne è l’unico interprete. Tutti siamo stati presi nella grazia dell’incontro con Cristo grazie al dono del carisma. Tutti contribuiamo alla vitalità del carisma. Anche chi avesse subito su sé una qualunque di tali difficoltà ora può con serenità riprendere il cammino. Quante testimonianze abbiamo davanti agli occhi!
Resta tanto lavoro da fare, con la serenità che l’intervento della Chiesa è stato così tempestivo e preciso da far pensare a un piccolo grande “miracolo”. Chiunque avrà la responsabilità della guida del Movimento non potrà prescindere dal rinunciare “ad identificare il carisma con le proprio convinzioni o, peggio ancora, con la propria persona” e se anche dovesse incorrere in questa tentazione, tutti ora sappiamo che di questo si tratta: di una tentazione. Per questo ciò che conta per tutti è seguire con semplicità la proposta del Movimento in comunione con il Santo Padre, fare bene scuola di comunità e sviluppare, nei termini indicati dalla Chiesa, una sana devozione a don Giussani.

Pietro Gargiulo

Vai a "Ultime news"