Ci siamo assuefatti alla censura

Il monopolio della informazione, dalle realtà più piccole ai grandi network, rende spesso impossibile accorgersi del grande inganno, del soffocamento della libertà
Fonte:
CulturaCattolica.it
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«Ci siamo assuefatti alla censura», così Giulio Meotti racconta della tragedia della cultura occidentale che non ha saputo accogliere il grande insegnamento di Papa Benedetto.
Ma questa indifferenza di fronte alla libertà di espressione sembra tacitata dalla beota rinuncia a dare voce a chi si sforza di pensare liberamente, dando voce e spazio a posizioni culturalmente inconsistenti, nella comunicata illusione di essere aperti al confronto.
Il monopolio della informazione, dalle realtà più piccole ai grandi network, rende spesso impossibile accorgersi del grande inganno, del soffocamento della libertà. Quanto aveva ragione, purtroppo, Marcuse quando parlava dell’«uomo a una dimensione» sostenendo di essere in «una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà [che] prevale nella civiltà industriale avanzata, segno di progresso tecnico».

Nella introduzione dell’allora Card. Ratzinger al libro che raccoglieva gli interventi di don Giussani negli anni ’80, pubblicata nel 1983, egli così affermava: «C’è ancora una cosa che mi ha colpito particolarmente in questi testi del fondatore di Comunione e liberazione: negli interventi più recenti emerge con estrema lucidità l’esperienza della estraneità della fede alla cultura attualmente dominante. Giussani parla di una sorta di Chernobyl spirituale: l’organismo sembra lo stesso, eppure è minacciato al suo interno dalle distruttive radiazioni della mentalità dominante, è incapace di essere totalmente se stesso, di pensare da sé, di agire da sé, di vivere da sé. L’Autore è ben lontano da tutti quei tentativi che, con ogni sorta di intenti pacificatori, vogliono distogliere il discorso dalla gravità di questo momento, favorendo con ciò soltanto la progressiva astrazione del cristianesimo. Nella misura in cui lo si adatta alle varie mode, si nega in realtà il contenuto proprio del cristianesimo. Nell’evitare ogni scontro lo si rende irrilevante, cosicché poi si può dire a ragione: non c’entra - questo cristianesimo molle come la cera si arrangia con tutto e perciò non si vede perché qualcuno debba prenderlo in considerazione come una realtà. Se invece si vuol capire cosa significhi fede come avvenimento, come presenza, occorre leggere l’emozionante capitolo Un evento. Ecco perché ci odiano. Ciò che [ivi] è detto non è «pessimismo», delusione, reazione, bensì, al contrario, il coraggio di affermare la fede come realtà e l’ottimismo di affidarsi alla sua dinamica, anche quando essa va controvento.»

Non riesco proprio a capire come, in una società ove ad ogni piè sospinto si parla dei «diritti», si sia così insensibili di fronte all’elementare diritto che si chiama libertà di espressione, soprattutto dove si dà voce (con i soldi di tutti) solo ad alcuni, mentre gli altri sono costretti a cercare spazi in mezzi dove gli «algoritmi» hanno già trovato il modo di farli scomparire. Per citare un caso capitato a San Marino, basterebbe ricordare la diffusione e il patrocinio a una mostra in cui venivano esposti particolari anatomici di rapporti omosessuali, oppure in Italia al sostegno di uno spettacolo in cui bambini buttavano sterco sul volto di Gesù (dipinto di Antonello da Messina): ma quella era «arte» e guai a chi avesse chiesto la censura.

Una volta si ricordavano i nomi e le azioni di coloro che avevano saputo resistere al nazifascismo con coraggio, senza adottarne i metodi e la violenza (basta pensare a Bisagno, a Teresio Olivelli, a Marvelli, ma sono ancora di più coloro che bisognerebbe ricordare…), come pure al coraggio di coloro che nel tetro regime comunista hanno innalzato una voce di libertà pagando con la vita, il più delle volte, la loro dignità. Oggi penso al grande Card. Joseph Zen che nel silenzio assordante dei nostri media, sta pagando a caro prezzo l’amore all’uomo, alla sua libertà, ai suoi diritti.



Forse è troppo tardi per un cambiamento di rotta, forse hanno ragione coloro che parlano della irreversibilità del processo, forse hanno capito la questione coloro che parlano della sconfitta di Benedetto… forse. Ma Dio è imprevedibile e non lo si può censurare troppo facilmente. Sarà questo il momento dei santi. Pensiamo alla rinascita dell’anno mille, pensiamo alla città di Torino ai tempi di don Bosco, pensiamo alla epopea di Solidarnosc.
Pensiamo a quello che possiamo fare noi!