C’è o non c’è, la CEI?
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Chi le scrive, caro direttore,
è un sacerdote anziano di una diocesi di un certo rilievo. Sono un prete un po’ demodé, oggi; non sono andato alla ricerca delle mie periferie esistenziali: esse sono state quelle che i miei cinque vescovi che ho servito mi hanno indicato. Non ho fatto mai politica. Non sono stato simpatizzante per i movimenti di destra o centro o sinistra. Quello però che sta accadendo nella Chiesa italiana ha bisogno di una minima chiarificazione. Dalle notizie ricevute anche da amici vescovi, ho saputo che giustamente durante l’ultima assemblea della Conferenza Episcopale Italiana è stata fatta un inizio di riflessione abbastanza critica sullo scoutismo, che pure almeno nelle mie parrocchie ha sempre posto gravissimi problemi e credo che per quello che c’è da fare ci si sia seriamente preoccupati, al punto tale che i nostri vescovi sono stati assicurati che la CEI avrebbe condotto questo dialogo con la realtà Scoutistica, quella che per intenderci l’anno scorso ha presentato al presidente della CEI e al presidente del Consiglio una “carta del coraggio” che aveva tra gli obiettivi anche il riconoscimento di una sostanziale identità tra l’amore eterosessuale e l’amore omosessuale. Qualche giorno fa il Santo Padre ha ricevuto i rappresentanti dell’AGESCI. La stampa di regime ci ha informato che erano 100.000 (io non li ho visti ma non credo che il numero corrisponda alla realtà). Quello che ha colpito un po’ tutti è stato il discorso pieno di lodi, di riconoscimenti ampi (“siete la parte viva della Chiesa italiana”) e il compito dato con enfasi di costruire ponti con fatica anziché costruire muri. Un riconoscimento ampio, molto più ampio di quello che hanno ricevuto altri movimenti che sono stati ricevuti più o meno in questi tempi. Ora, il mio problema ecclesiale e pastorale è questo: siamo di fronte ad una evidente differenza di vedute tra il Santo padre e la Conferenza Episcopale Italiana sul tema degli scout, una differenza che potrebbe avere anche una sua legittimità. Ma mi chiedo: la presidenza della CEI ha comunicato al Santo padre ciò che era accaduto l’anno scorso a San Rossore? Il lavoro che la CEI ha fatto in questi anni a questo riguardo? Altrimenti mi sembra grave che conferenza episcopale italiana non abbia un sistematico riferimento per le questioni della pastorale italiana con il Santo padre che mi risulta essere ancora il primate della Chiesa in Italia. Oppure il Santo Padre ha sentito i giudizi della conferenza episcopale sugli scout e ha ritenuto di non dare loro nessun valore, anzi di travolgere in positivo tutto quello che i vescovi italiani sentono come spunti per difficoltà. In ogni caso è una situazione difficilmente credibile. Io mi chiedo se le realtà di guida della pastorale della Chiesa in Italia hanno sullo stesso problema posizioni completamente diverse. O non si parlano, o, parlando, una delle due, quella di maggior peso, prescinde dal punto di vista dei vescovi italiani; credo non sia difficile evitare l’esperienza di una certa confusione. Mi chiedo allora che utilità può avere ancora una CEI che, nel dialogo con la base, con le chiese italiane e con i vertici della Chiesa rischia di non avere una funzione minimamente positiva (Basti peraltro il disagio che si prova di fronte alla bella manifestazione del 20 giugno alla quale la maggioranza dei figli dei miei parrocchiani andrà, spronati anche dal mio invito, nei confronti della quale si dice - pare a ragion veduta - che ci sia una insanabile divergenza, diatriba, tra il presidente Bagnasco e il segretario Galantino. Così anche su questa grande manifestazione che il mondo cattolico farà, spero positivamente, ci sono ombre di questioni di politica ecclesiastica.) Forse se molti di quelli che oggi hanno responsabilità nella vita della Chiesa e della curia facessero l’esperienza di una sana immersione nella pastorale ordinaria, quotidiana, senza tanti svolazzi o tanti sperimentalismi, saprebbero con immediatezza di che cosa abbisogna il nostro popolo cristiano e quali sono le linee da riproporre con chiarezza e con responsabilità. La confusione che evidentemente regna nelle file del popolo cattolico italiano non è colpa dei fedeli e non è neanche colpa dei parroci. Le colpe sono più in alto e sono gravissime. La saluto di cuore, non volevo altro che comunicare questo disagio che tanti miei confratelli vivono, anche se molti stanno molto defilati e non intervengono perché hanno paura di ritorsioni che in certi casi sono venute, magari scavalcando la diocesi, direttamente sulla vita dei sacerdoti o della parrocchia. Grazie del lavoro che il suo sito fa per la Chiesa e per il popolo Italiano.
Caro sacerdote, ho letto con viva partecipazione le sue riflessioni, e colgo, nelle sue parole, una sofferta preoccupazione per la vita della Chiesa intera, e in particolare per il popolo di Dio che sembra, a volte, lasciato in balia di coloro che vogliono imporre una concezione della vita e della realtà distanti dalla fede imparata nella Chiesa. |