Flores d'Arcais: il finto tonto della tolleranza
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È arrivato puntuale l’ennesimo sermone laicista del buon vecchio filosofo di casa nostra Paolo Flores d’Arcais, proprio quello che uscì con ossa rotte il 21 settembre 2000 da un confronto con l’allora cardinale Joseph Ratzinger, ma che invece di tornare a casa a studiare, preferì insistere nel deliziarci con le sue pillole di saggezza, sempre dal prestigioso leggio di Repubblica ovviamente.
Eccolo qua, questa settimana (9 marzo) in gran forma:
“La religione è compatibile con la democrazia solo se disponibile e assuefatta all’esilio di Dio dalle vicende e dai conflitti della cittadinanza, solo se pronta a praticare il primo comandamento della sovranità repubblicana: non pronunciare il nome di Dio in luogo pubblico.”
Tacere su Dio, altrimenti non vi è laicità bensì la sharia…
Tuttavia, Flores d’Arcais si contraddice in maniera piuttosto patetica. Stando ai suoi termini; affermare che il vero discorso laico è quello che non pronuncia la parola Dio, mostra la sua mancanza di vera laicità, proprio perché lui pronuncia eccome la parola Dio. Facendo il finto tonto della tolleranza, in realtà vuole imporre il suo senso religioso (mettiamo Dio a tacere, ed escludiamo quelli che invece vorrebbero dir la loro, magari a proposito della dignità umana, magari facendo appello proprio al rapporto della creatura con il Creatore). Eh no, il filosofo dice che Dio non si può dire… ritornello già sentito più volte ormai…
Ma la vera laicità può essere la pretesa di escludere Dio dalla vita pubblica? Se vogliamo essere onesti caro Flores, non si dovrebbe pretendere che la voce di coloro che hanno una visione, una cultura, dell’uomo e della realtà radicata a una concezione religiosa dell’uomo e della vita non abbia più cittadinanza o rilevanza pubblica. Perché è troppo facile caro Flores dire: chi non la pensa come me non è laico… eh no… questo è il solito bieco e vigliacco totalitarismo intellettuale di cui ormai siamo veramente stufi…
Questa mentalità di intolleranza, di sopraffazione ideologica, di squalificazione dell’avversario per metterlo a tacere, dimostrano un atteggiamento morale e psicologico profondamente immaturo.
Flores d’Arcais e suoi aguzzini credono di avere il diritto di definire in base ai loro paraocchi ideologici cosa sia la laicità e, convinti che tale linea interpretativa sia giusta, la sbandierano in piazza pretendendo che essa sia accettata come indubbia…questo è intellettualmente disonesto.
Se davvero mettessimo a tacere dalla vita pubblica tutto quello che dice Dio, (esperimento tra l’altro tentato già diverse volte dalla Rivoluzione Francese in poi, e che non ha funzionato proprio bene, ma evidentemente per Flores scendere a misurarsi su un terreno storico e non ideologicamente inquinato è impossibile) dovremmo radere al suolo mezza Italia e metterci a fare roghi dei libri in piazza. Forse che la Divina Commedia non dice Dio? Forse che la Cappella Sistina non dice Dio? Le opere di Caravaggio non dicono Dio? E cosa facciamo? Tabula rasa per accontentare dei filosofi da salotto buono in giacca di tweed e calzini di cashmire?
L’altro giorno passavo in treno sulla rotta Marseille - Paris vicino alle rovine di un luogo meraviglioso che diceva Dio… il più grande d’Europa, che gli amici di Arcais hanno messo a tacere… si chiama(va) Cluny… chissà se lui ne ha mai sentito parlare…
Buona laicità a tutti…