Maria Renata Sequenzia: vivere per la verità
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
(S. Francesco di Sales)

C’erano bambini, giovani, adulti al Convegno per la vita che si è tenuto a Verona sabato 17 presso la Scuola superiore “Alle stimmate”. In fondo alla sala, a seguire la testimonianza di Danilo Quinto, ex tesoriere dei Radicali e autore del libro “Da servo di Pannella a figlio libero di Dio”, c’era anche un’anziana signora. Ha ascoltato, poi ha chiesto il microfono. Si è presentata come ex militante radicale, protagonista di tante battaglie, e mi ha colpito la passione con cui si è congratulata con il relatore per il coraggio e la chiarezza della testimonianza, e per come l’ha incitato ad andare avanti senza paura, perché sempre più gente possa conoscere la sua storia.
Non mi sono accontentata di quei pochi minuti in sala: quando una persona ti colpisce, qualunque sia la ragione, il desiderio è un incontro. E così le ho parlato. Prima in corridoio, oggi al telefono.
Anche se da molti anni vive a Verona, la voce tradisce le sue origini triestine, e allora, sarà che è proprio nella “sua” città giuliana che ho frequentato l’Università, sarà che ora siamo venete entrambe, fatto sta che c’è sintonia da subito.
Mi racconta che è nata nel 1924 (millenovecentoventiquattro. Lo scrivo in lettere, ché non si creda a un refuso) e come a scusarsi (!) quando le manifesto il mio stupore, mi dice che la nonna, istriana, è morta che stava per compiere 107 anni. Maria Renata Sequenzia si è laureata in Lettere classiche a Firenze ed ha insegnato molti anni in un liceo di Verona. Nel 1982 si è iscritta al Partito radicale, ha partecipato attivamente a molte campagne per i diritti civili, ha raccolto firme per i referendum, ha preso parte a diversi convegni e congressi promossi dal partito. «Non ho mai condiviso le idee radicali sull’aborto, sull’eutanasia, sui temi etici – mi dice – ma negli anni Ottanta mi affascinavano queste discussioni sulla vita perché ritenevo giusto che la gente si confrontasse, approfondisse, andasse al fondo delle questioni per poi scegliere consapevolmente, secondo coscienza».
La rottura avviene a causa delle diverse posizioni nei confronti del “fronte orientale”, delle questioni legate alla Venezia Giulia, ed è solo a questo punto della nostra chiacchierata che scopro che sto parlando con la presidentessa del Movimento nazionale Istria Fiume Dalmazia.
«Pannella appoggiava le rivendicazioni degli slavi – mi spiega – è sempre stato un internazionalista e andava d’accordo con i comunisti, anche se ha sempre fatto finta di combatterli. Su questa questione ha mostrato miopia storica e politica e come tanti ha disastrosamente falsificato la realtà. Da allora non ho più rinnovato l’iscrizione».
«Negli anni di militanza – continua Maria Renata – andavo spesso a Roma e oltre Pannella ho conosciuto Marco Taradash, Giovanni Negri, altri “pezzi grossi” del partito, ma non ho mai avvicinato Danilo Quinto perché era riservato; lavorava con entusiasmo e sacrificio ma non emineva. Non faceva nulla per farsi notare. Quando ho sentito che sarebbe venuto a Verona un radicale, non sapevo nemmeno perché, a fare cosa. Sono venuta al convegno come spinta da un’antica simpatia per il mondo passato…»
Partecipa all’incontro, ascolta, ed è uno scossone.
«Ho sentito cosa è successo a Danilo e ritengo sia una cosa vergognosa – mi dice alzando il tono di voce. – Sapevo bene che Pannella non era e non è uno stinco di santo ma credevo alla sua onestà, e invece non solo non ha riconosciuto tutto quello che Quinto ha fatto per lui e per il partito, ma l’ha letteralmente perseguitato con campagne denigratorie pesantissime e a livello giudiziario».
Ora, anche se sta perdendo la vista, mi racconta al telefono che sta leggendo con grande interesse il libro dell’ex tesoriere dei radicali e mi confida che è colpita soprattutto dal fatto che Danilo Quinto non sta conducendo solo una battaglia per sé e perché – come ha detto durante l’incontro – suo figlio Pierfrancesco sappia chi è stato e chi è suo padre, ma per sensibilizzare tutti nei confronti di una deriva etica pericolosa per l’umanità intera, che sta confondendo la libertà con il desiderio, non sa distinguere più il bene e il male e, seguendo l’ideologia abortista e pro-choice, sta distruggendo milioni di vite.
«Nel corso degli anni – ricorda quest’insegnante ottantottenne, lucidissima – ho avuto tanti scolari omosessuali, ma un conto è capire una posizione anche dolorosa (allora non c’era tutto questo battage pro-gay!), un’altra è lo scempio a cui quotidianamente assistiamo, che porta allo sfascio vero e proprio della società». E incalza: «Due omosessuali possono vivere come credono, a patto che, come tutti, si comportino decentemente; ma non pretendano che il loro rapporto sia equiparato alla “famiglia”; non pretendano di avere figli o di adottare bambini. Sono sotto i nostri occhi gli effetti devastanti del dissolvimento della famiglia cosiddetta tradizionale!».
Le chiedo, alla fine, cosa ha portato con sé dell’incontro di sabato. «La storia di Danilo e questo libro, che mi fa guardare con ancora maggiore lucidità a una strada che ho percorso e poi abbandonato. Ma anche l’idea di quanto sia urgente una battaglia culturale a tutela della vita, in nome della ragione ancor prima che della fede. Dobbiamo far capire che, al di là delle chiacchiere e delle manipolazioni di chi fa audience, l’ultimo spiraglio è la coscienza dell’uomo, che deve essere informato. Deve sapere cosa sta facendo quando decide per l’aborto, o per l’eutanasia. O quando legifera su questioni delicate come quelle che riguardano la vita e la morte. Credo, in verità, che spesso non lo sappia. Anche la Chiesa, anche i nostri pastori – continua – hanno un compito importantissimo, che è quello di non perdersi dietro a chiacchiere o corbellerie, ma andare alla sostanza, all’origine della questione. Dio si è incarnato, è venuto tra gli uomini, è morto e risorto per consegnarci la “chiave” per vivere una vita degna della nostra natura di uomini e donne, di figli. Sarebbe così facile: basterebbe seguire Lui e mettere in pratica ciò che ha proposto. E’ questa la vera libertà!».