Registri inutili?

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Così Milano avrà il suo bel registro per le unioni civili. Pisapia, il rassicurante e democratico sindaco di Milano, ha commentato: “abbiamo ridotto lo spread sull’Europa dei diritti civili”. Come se, accanto a un invisibile, anonimo e inquietante “mercato”, che di fatto condiziona e decide le decisioni dei singoli stati europei, vi sia anche una sorta di “super-cupola” dei diritti civili, che avrebbe la pretesa di decidere quali diritti debbano applicarsi nei singoli stati per essere al passo coi tempi. Ma chi decide cosa deve considerarsi “civile”? Chi ha dato a questo pool di presunti e anonimi illuminati il titolo di definire cosa sia meglio per l’uomo e per la società? Per quale motivo l’Europa dovrebbe essere più civile se assume decisioni che disgregano la famiglia equiparando ad essa convivenze di diverso tipo e natura?
Sta di fatto che la bandiera del politicamente corretto viene oggi assegnata a priori a chi vuole il riconoscimento di quegli “altri” tipi di famiglia, rispetto a quella tradizionale. Va di moda parlare di “famiglie”, al plurale, e non più di famiglia, ormai istituzione in crisi, superata e per di più borghese, nella visione classista di molti illuminati.
Ma torniamo ai “registri”. Che quella di Pisapia – e dei suoi compañeros sparsi per lo stivale – sia in realtà un’operazione propagandistica e di immagine lo dimostra l’esperienza di Bologna. Qui il registro delle coppie di fatto esiste dal 1999 (compresa una sezione dedicata a persone dello stesso sesso), eppure nessuno ne ha mai fatto richiesta! C’è da dire, però, che Pisapia ha fatto le cose meglio e sembra che voglia utilizzare il registro nei servizi riguardanti la casa, l’assistenza e la scuola, al fine di realizzare “politiche e atti non discriminatori”. E’ evidente qui il tentativo di parificare le unioni civili alla famiglia.
Comunque, ciò su cui vorrei soffermarmi è altro, ossia le lamentazioni dei cattolici. Mi spiego. Ovviamente al “blitz” del consiglio comunale meneghino (che ha approvato il tutto in poche sedute in piena estate) sono seguite le solite polemiche, con l’opposizione dei cattolici, per ammorbidire i quali – soprattutto quelli in giunta – ci si è esercitati in contorsioni impossibili con le parole. Si è così tolta la parola “famiglia” utilizzandosi quella di “unione civile” per evitare l’idea di una equiparazione troppo spinta con l’istituto familiare.
Pagine giustamente preoccupate si sono levate dai mass media cattolici sulla “difesa dei valori” e si è aperta anche una discussione sul principio – teorizzato da Casini (Pierferdinando) – per il quale i temi che riguardano i valori non negoziabili (difesa della vita, della famiglia e della libertà di educazione) non dovrebbero interessare e condizionare le alleanze politiche (essendo temi “di coscienza” e trasversali ai poli); con replica di Avvenire.
Tutto interessante. Ma credo che i cattolici debbano uscire dalla sindrome della reazione a posteriori, o dello scandalo a frittata fatta.
Riporto qui di seguito il programma elettorale di Pisapia, nella parte significativamente intitolata “La città dei diritti”, sottotitolo “Famiglie plurali: un registro per i diritti”. Mi pare già abbastanza chiaro, ma l’interessante viene dopo: “parità dei diritti e dei doveri per tutte le comunità affettive e di vita che vogliano essere riconosciute dall’amministrazione comunale (casa, assistenza, scuola, cultura, sport). La comunità cittadina è caratterizzata dalla presenza – in continua crescita – di forme di legami affettivi e di vita stabili e durature, estranee all’istituto del matrimonio, ed è doveroso che l’Amministrazione Comunale promuova e tuteli i diritti costituzionali attinenti alla dignità ed alla libertà della persone, contrastando ogni forma di discriminazione, in particolare quelle riferite agli orientamenti sessuali”.
Ecco qua. Il piatto è bello pronto e servito. L’aveva detto: “verrà riconosciuta la pluralità delle forme di comunione di vita, con impegno dell’amministrazione a promuovere la parità e contrastando ogni discriminazione, in tutti i settori dell’attività del Comune”. E l’ha fatto.
Nonostante la giusta reazione del mondo cattolico, l’unica colpa del buon Pisapia è solo quella di essere stato coerente ed efficiente nella realizzazione del proprio programma, che è esattamente ciò che sempre si chiede ai politici e che quasi mai fanno. Ha agito presto e bene (naturalmente in rapporto a quanto aveva promesso).
E il prossimo passo promesso sarà la “realizzazione di un grande centro di cultura islamica che comprenda, oltre alla moschea, spazi di incontro e di aggregazione”. Senza dimenticare “i diritti degli animali” e “sovvenzioni per il mantenimento e la cura del proprio animale”.
Insomma, mi pare che noi cattolici dovremmo essere più attenti e rigorosi nella valutazione dei programmi politici da sostenere o da avversare, impedendo che politici come Pisapia vengano eletti; e meno scandalizzati a posteriori dei programmi che – a dire il vero – non siamo stati molto impegnati a contrastare, magari irretiti dalle sirene del buonismo e del politically correct.