Lasciateci fare i porci comodi
«Il mondo diventa tanto più indifferente quanto più i cattolici si rifiutano di essere differenti».(Joseph Vandrisse)
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Rotti gli argini, ecco le conseguenze: «Sì alle famiglie di tutti i tipi: per me pari son!»
Via, voglio tornare via. Senza giornali, senza telegiornali. L’istinto, al rientro dalle vacanze, è questo. L’avevo sulla punta del cuore e della lingua e l’ho detto. Ecco.
Riprendo i contatti con la cronaca e trovo… di tutto. Elencherò qualcosa in disordine, come viene viene, perché di dis-ordine si tratta. Cominciamo (ma sono solo alcuni esempi… sic!).
L’approvazione del registro delle unioni civili a Milano, con brindisi e un arcobaleno di ovazioni del mondo Lgbt che – loro sì l’han capito bene, mica come gli struzzi dei cattolici che han votato sì o si sono astenuti – punta, sbandato ma dritto, al Parlamento. Prossima richiesta, a breve? Matrimonio e adozioni. Garantito.
Cattolici struzzi, sì, perché quel voto lì, quel registro lì – e lo sapevano, e lo sanno! – è solo un pretesto. Il bersaglio vero è la famiglia.
Prima di partire per le ferie, vadano, i cattolici che a Milano han votato “sì” o si sono astenuti, a fare un giretto virtuale tra i siti arcigay e arcitutto! Guardino Bersani, che, sentendo dove tira (il vento), l’ha già fatto, subito, il suo passo avanti (“avanti” si fa per dire…) in direzione Paola Concia. Leggano Maria Mantello, che, riferendosi alle coppie gay, parla di «diritto alla parità nel riconoscimento pubblico del desiderio di vita normale, che prevede anche l’aspirazione di essere coppia, famiglia, come qualsiasi altra coppia eterosessuale». FA-MI-GLIA, scrive la Mantello. “Famiglia”, han sempre detto che vogliono essere considerate le coppie Lgbt.
Sveglia, politici cattolici! Ricordo male io, o la famiglia (“la” famiglia, non “le” famiglie!) è, per i cristiani, uno dei valori non negoziabili e che dunque vanno strenuamente difesi? Ricordo solo io le parole di Benedetto XVI in visita a Milano?
Bella difesa della famiglia, complimenti! Rotti gli argini, eccola, la fiumana con tutti i suoi detriti. E siamo solo agli inizi…
«Sì alla droga (a patto che sia pura e costi poco)»
Altra notizia di questi giorni. Dopo i radicali, Saviano e Veronesi che si stanno impegnando per la legalizzazione delle droghe cosiddette “leggere”, ecco l’intervento di Beniamino Deidda, procuratore generale di Firenze, che dice: «Sono favorevole a una progressiva e lenta depenalizzazione da un lato e liberalizzazione dall’altro… Controllare il mercato significa anche controllare la qualità della droga, cioè garantire ai consumatori che non saranno vittime di qualità scadenti di droghe… C’è un secondo inevitabile effetto del proibizionismo ed è la lievitazione dei prezzi. Così i più deboli, quelli privi di risorse, sono costretti a procurarsi il denaro con mezzi illeciti».
Cosa capisce chi legge? Capisce che drogarsi non fa male, l’importante è che la droga sia di qualità e che ne possano godere anche i meno abbienti. Bingo!
«Sì a (certe) battaglie di civiltà»
Un’osservazione sul lessico. Mentre, al rientro dalle vacanze, scorro in rete la rassegna stampa, mi accorgo che la frase più gettonata (inflazionata?) è «battaglia di civiltà». Cliccare per credere.
Vale per il registro delle unioni civili, ma anche per i matrimoni gay, ma anche per le adozioni, ma anche per la liberalizzazione della droga, ma anche per la liberazione dei beagles e la prossima, annunciata, liberazione dei maiali. (Per la cronaca: nessun avvistamento di “battaglie di civiltà” per chi nelle carceri vive peggio, molto peggio dei beagles e/o dei maiali. Il mondo prima e dopo le mie vacanze continua ad amare più le bestie che gli esseri umani).
«Sì alle mamme-uomo, ai papà-donna, eccetera…»
Per capire che “civiltà” (?) si sta costruendo, con il silenzio connivente anche di tanti cattolici (struzzi), ecco la notizia di oggi. Titolo di Repubblica (che ne sa sempre una più del diavolo): «Divento uomo ma sarò anche mamma».
Ecco la storia, raccontata da Mara Chiarelli: «Mamma per natura sceglie di cambiare sesso, ma prima di sottoporsi all’intervento che la renderà uomo fa congelare i suoi ovuli». Dove? A Bari, qui, a casa nostra.
Il commento del professor Luigi Selvaggi, direttore della prima clinica di ostetricia e ginecologia che sottoporrà il caso al Comitato etico del Policlinico è il seguente: «Sinceramente spero che mi autorizzi… trovo che sia una cosa giustissima: se ammettiamo il transessualismo, dobbiamo dare loro la possibilità di riprodursi». In effetti, da che mondo è mondo, un “se” tira l’altro… Appunto.
Se il comitato autorizzerà l’intervento, alla donna (che però vuole essere anche uomo) verranno prelevati ovociti e un pezzo di ovaio per produrre gli ovociti che, dopo essere stati fertilizzati in vitro, saranno introdotti in cavità uterina. «Magari quella della sua futura moglie», afferma il dottor Selvaggi, che, come volevasi dimostrare, ha già dato per acquisito il matrimonio tra due persone “gaie” dello stesso sesso.
Qualcuno prontamente obietterà che la legge 40 non consente la fecondazione eterologa. No problem. Lo spiega Raffaella De Palo, direttrice del centro di fecondazione assistita del Policlinico di Bari, che contiene la più grande biobanca dell’Italia del Sud. «La normativa italiana – ricorda – non vieta di conservare i gameti, per poi prenderli e portarli in Paesi in cui è consentito farlo».
«Poter disporre di una banca dei gameti è una grande cosa – è anche l’opinione del professor Orlando Todarello, direttore dell’unità operativa complessa di psichiatria e couseling della donna che ha chiesto di diventare uomo – perché consente a queste persone di non rinunciare definitivamente ad avere dei figli». Puntuale come un orologio svizzero, il solito refrain: «E’ un atto civile». Ci mancherebbe!
Ecco la nuova civiltà: il “porcoliberismo”
Aveva ragione Marcello Veneziani, a cui chiedo in prestito un pezzo dell’articolo pubblicato sul Corsera a novembre del 2008. «Siamo entrati nell’era del porcoliberismo. Ovvero il liberismo ridotto a filosofia dei porci comodi. Il liberismo come teologia del maiale, nel senso che ognuno può fare quel che gli istinti e le convenienze del momento gli consigliano, senza limitazioni. Gratta, gratta, a questo poi si riduce la prosopopea di certo garantismo che sconfina nell’antiproibizionismo: lasciateci fare i porci comodi. Lasciatemi sbracare, ubriacare, sniffare, tradire, gozzovigliare, evacuare, quel che mi passa per la testa, per il naso, per la bocca, per il sesso. Il mondo è una periferia del proprio ombelico; la pancia è il Monte Sinai da cui discendono i nuovi comandamenti. Cosa volete che sia la legge, il limite, la sanzione, il richiamo alle nostre responsabilità…? Qui c’è solo Io. Un Io largo e lardoso che la fa da padrone assoluto».
Di fronte a questa “civiltà” (?) che avanza, nessuna chiosa: ha già detto tutto Veneziani. Solo una domanda. E i cattolici?
Con i dovuti distinguo (che Grazie a Dio ci sono), per la risposta verrebbe da dire, parafrasando il titolo di un famoso romanzo di Archibald Joseph Cronin: «E i cattolici stanno a guardare», inermi e, oltretutto, nella direzione sbagliata. «Sursum corda!»