Un naufragio fra gli escrementi
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Chissà perché di fronte alle molteplici riflessioni scaturite attorno allo spettacolo di dubbia bellezza di Romeo Castellucci “Sul concetto di volto nel Figlio di Dio” mi è tornato alla mente un dipinto, drammatico, ma questa volta veramente bello nel senso proprio del termine di Joseph-Désiré Court.
L’opera, presente al Museo di Lione, s’intitola scena del diluvio (Vision de Deluje), e narra di un uomo di fronte a una drammatica scelta.
Il tema, caro alla pittura rinascimentale (basterebbe citare il famoso affresco di Michelangelo sullo stesso tema presente alla Sistina) riprende un dramma già scandagliato dalla mitologia greca: Edipo e il suo complesso rapporto col Padre, Anchise, Enea e il figlioletto Ascanio in fuga da Troia ecc. Insomma di fronte all’imminenza di una fine chi salvare? La sapienza del padre o l’innocenza del figlio? La ricchezza di un’esistenza tuttavia già segnata dalla morte, come quella del padre o la promessa di un’esistenza tutta da vivere contenuta nel figlio?
Joseph-Désiré Court, artista francese (morto nel 1865), artista lontano dalle sacrestie e quindi non imputabile di asservimento alle chiusure mentali cattoliche, realizza a 30 anni un manifesto che in qualche modo descrive profeticamente la triste vicenda narrata da Castellucci nel suo spettacolo.
La tela, dipinta peraltro con grande maestria, descrive l’attimo in cui un giovane uomo sorpreso con la famiglia dalle acque si trova di fronte a una scelta: salvare il vecchio genitore che sta per essere risucchiato dalle acque o salvare il figlioletto che la moglie solleva disperatamente dalla furia del diluvio.
I volti raccontano l’esito. Il giovane uomo sembra optare per anziano genitore, l’unica mano libera infatti, viene offerta al vecchio. Le dita si sfiorano senza agganciarsi lasciandoci eternamente nel dubbio circa l’esisto dell’intervento. Sarà riuscito l’uomo a salvare il vecchio? Oppure la furia dell’acqua se lo porterà con sé irrimediabilmente? E perché poi scegliere il vecchio? Perché lasciare inascoltate le suppliche di una madre, così abilmente stampate sul volto della giovane donna che tenta disperatamente di intercedere per il suo piccolo?
La tragedia è evidente e immane. Court ci trascina nel gioco dei sentimenti: non possiamo facilmente dimenticare questi volti imploranti dopo che li abbiamo visti anche una sola volta. Bene, ma cosa c’entra tutto questo con la performance di Castellucci in scena (ahimè) al Parenti di Milano?
C’entra eccome. Proviamo a pensare alla trama dell’opera: se solo la conosciamo superficialmente non possiamo fare a meno di notare come in quest’opera la tragedia di Court sia in atto.
Il diluvio dilagante non è quello delle acque universali, bensì quello della perdita totale del comune buon senso. Romeo Castellucci si fa interprete, anche fin troppo fedele, di una umanità che è a un tal grado di perdita di identità da non riuscire più a salvare né i padri né i figli; né le generazioni che l’hanno preceduta né quelle che la seguiranno. Nella performance Sul concetto di volto nel Figlio di Dio è in realtà il concetto di padre a naufragare. L’anziano genitore, infatti, è mal sopportato nelle esigenze dovute alla sua malattia e viene appositamente denigrato, distrutto nella sua dignità. Viene denigrato il padre quale portatore di quell’umanesimo cristiano di cui il volto di Cristo, che campeggia in scena, è simbolo. L’opera si conclude con dei giovanissimi, improvvisati attori, i quali sono indotti a gettare escrementi sul volto del Cristo, distruggendo, anzitutto in loro stessi, la dignità umana. Dignità che solo l’eredita storica e spirituale cui appartengono può conservare in loro.
In questo modo come nella tragica scena del diluvio di Court non si salvano né padri né figli ma tutto dilaga in un’opera dissacratoria delle relazioni più forti dell’animo umano.
Noto, nell’opera di Court, che solo l’uomo che ha già raggiunto la riva è nudo, l’uomo e il figlioletto ormai destinato alla morte. La donna e l’anziano indossano invece ancora degli abiti. Che strana capacità profetica quella degli artisti! In un’opera così distante dal clima che ha potuto generare uno spettacolo teatrale come quello in questione, già è stata delineata la terribile povertà di una umanità che ha perso ogni dignità e che vede naufragare nel mare dell’oblio l’eredità dei padri e l’istinto sano di sopravvivenza e di conservazione della specie racchiuso nelle madri.
Il Tuo Volto, Signore, io cerco
Dio sia benedetto