Ci vorrebbe qualcuno che ci insegnasse...
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Non so se Berlusconi ha fatto (gli hanno fatto fare?) un passo avanti, un passo indietro o – quanto siamo bravi a coniare neologismi! – un passo di lato. Non lo so e non è questo il punto.
Quel che mi amareggia è “rivedere il già visto”. Il triste déjà vu del lancio delle monetine; gli sberleffi, i cori da stadio, gli sputi, gli insulti, i cartelli… Mi amareggia l’idea del Nemico assoluto: ruba l’umanità prima a chi la pensa, che a chi ne è vittima. Mi amareggia la “massa del pensiero collettivo”: si sente sicura quando fa mucchio, nella gabbia, perché non ha imparato, ancora, la bellezza del volo libero, in alto, nel cielo…
Prima e al di là di chi governerà l’Italia, la preoccupazione, urgente, riguarda gli Italiani: la loro testa, il loro senso critico, la loro libertà (vera!), la loro umanità.
Aveva ragione Giovannino Guareschi. Era il 15 gennaio 1945.
“Giovani disorientati cercano la verità. Sono pieni di buona volontà:
‘Ci vorrebbe qualcuno che ci insegnasse, che ci istradasse. Qui c’è tempo, c’è gente in gamba; dovremo fare dei corsi’.
Hanno il morbo nel sangue. Vorrebbero dei corsi. Corsi di ricostruzione, corsi di domani, corsi di politica, corsi di libertà.
La verità non si insegna; bisogna scoprirla, conquistarla. Pensare, farsi una coscienza. Non cercare uno che pensi per voi, che vi insegni come dovete essere liberi. Qui si vedono gli effetti: dagli effetti risalire alle cause, individuare il male. Strapparsi dalla massa del pensiero collettivo, come una pietra dall’acciottolato, ritrovare in se stessi l’individuo, la coscienza personale”.
(G. Guareschi, Diario clandestino)