Sperimentazione sull'embrione, per un'utilità comune. No

Autore:
Bigini, Marco
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Penso che per comprendere fino in fondo la gravità del problema della sperimentazione sugli embrioni umani, sia opportuno soffermarsi ad analizzare il nostro concetto di essere umano come persona, ossia come soggetto cosciente ed intelligente, dotato quindi di vita psichica, pensieri, emozioni e sentimenti. Oggi è opinione molto diffusa che la nostra vita psichica sia l'esclusivo prodotto dei processi cerebrali; da questo seguirebbe che l'embrione, non avendo ancora un cervello, non avrebbe neppure alcun tipo di vita psichica, né avrebbe la dignità di persona, e sarebbe quindi "sacrificabile" per il bene comune, bene che consisterebbe nel tentare di trovare la cura di certe malattie.
Questo teorema è però basato su un presupposto completamente sbagliato, come la scienza stessa ci dimostra. Con l'avvento della meccanica quantistica, la scienza ci ha infatti permesso di ricondurre tutti i processi chimici e biologici alle sole leggi della fisica. Oggi sappiamo che il cervello è solo un insieme di tre tipi di particelle (elettroni, protoni e neutroni) e che tutti i processi cerebrali consistono unicamente in successioni di processi fisici di natura cinetica ed elettromagnetica. In parole povere questo significa che tutti i processi biologici e cerebrali consistono nel movimento di particelle o nell'emissione ed assorbimento di fotoni. Questa spiegazione meccanicistica dei processi molecolari (biologici e non) è stata così ampiamente confermata dai dati sperimentali che non è ragionevole dubitarne.
Affermare che la vita psichica sia il prodotto diretto dell'attività cerebrale, ossia degli impulsi elettrici o delle reazioni chimiche che avvengono nel cervello, equivale quindi ad affermare che particelle come gli elettroni o i protoni siano coscienti, ossia pensino, amino, siano tristi o felici, ecc. Gli impulsi elettrici nel nostro cervello sono infatti solo elettroni in movimento, e sono del tutto equivalenti agli impulsi elettrici che attraversano una lampadina o una lavastoviglie.
Secondo la scienza gli impulsi elettrici non generano pensieri, ma solo onde elettromagnetiche che si allontanano nello spazio alla velocità della luce. Le leggi della fisica stabiliscono inoltre che tutti gli elettroni (così come i protoni ed i neutroni) sono identici ed indistinguibili tra loro. Non è quindi legittimo, sul piano scientifico, attribuire agli elettroni del cervello proprietà diverse da quelle degli elettroni di una qualunque altra molecola inorganica.
Considerazioni analoghe possono essere fatte per le reazioni chimiche; esse infatti consistono unicamente in una modifica della distribuzione geometrica dei nuclei atomici, con conseguente riassestamento degli elettroni che si muovono intorno ad essi. Questo vale per ogni reazione chimica, dentro o fuori dal cervello. La scienza smentisce così l'ipotesi base del materialismo che pretende di spiegare la vita psichica come proprietà della materia.
Non vi è alcun dubbio che i processi cerebrali influenzino la vita psichica, ma in nessun modo questo può indurre a ritenere che essa sia solo il prodotto dell'attività cerebrale. Per esempio, eventuali problemi fisici ai nostri occhi hanno ripercussioni sulle nostre capacità visive, ma questo certamente non significa che la sensazione visiva sia generata direttamente dall'occhio; l'occhio di per sé non vede nulla, ma è piuttosto uno strumento utilizzato per vedere. Allo stesso modo, l'esistenza della nostra vita psichica non può essere attribuita direttamente al cervello, ma ad un elemento non fisico né biologico, presente in noi. Questo elemento immateriale è ciò che tradizionalmente viene chiamato anima o psiche. La psiche naturalmente interagisce con il cervello, e questo spiega le conseguenze che i processi cerebrali hanno sulla nostra vita psichica. Del resto se tale interazione non esistesse, l'uomo sarebbe completamente isolato dal resto dell'universo e non potrebbe neppure comunicare con gli altri. I sensi sono infatti gli unici canali attraverso cui l'uomo può conoscere la realtà esterna ed interagire con essa; i sensi sono collegati al cervello, che rappresenta quindi il luogo dove la psiche e l'universo fisico entrano in contatto.
L'assenza di questo punto di contatto, come nel caso di un embrione, che non ha ancora un cervello, non significa quindi assenza totale di vita psichica. Bisogna tenere conto del fatto che l'embrione ha un corredo cromosomico completo ed è quindi assolutamente umano. La vita biologica consiste in un processo dinamico, durante il quale l'organismo cresce e si trasforma; questa crescita avviene in modo continuo, così che ogni stadio della crescita è direttamente connesso allo stadio precedente e necessario allo stadio successivo. Ogni momento di questo processo ha quindi un ruolo insostituibile; non è possibile essere uomini adulti senza mai essere stati bambini o embrioni. L'uomo merita quindi lo stesso rispetto in ogni fase della sua crescita, dal concepimento alla maturità. L'embrione rappresenta l'inizio del processo di crescita che condurrà alla formazione dell'uomo e non può che essere considerato biologicamente uomo. Parallelamente a questa crescita biologica, c'è poi la crescita psicologica che condurrà l'uomo a raggiungere gradualmente la piena coscienza di se stesso. Come cattolico credo che l'anima esista nell'uomo fin dal concepimento, e che da questo momento inizino anche la sua vita psichica e sua la crescita psicologica; ritengo quindi che l'embrione abbia una piena dignità di persona e debba essere considerato tale anche giuridicamente. Naturalmente non possiamo sapere che tipo di vita psichica abbia un embrione, così come non possiamo saperlo per un neonato. Il punto è che l'impossibilità dell'embrione, come del neonato, ad esprimersi verbalmente, e quindi a comunicare con noi adulti, non implica in nessun modo la totale assenza di vita psichica.
Queste sono le ragioni per cui io ritengo assolutamente inaccettabile (ma è più corretto dire inconcepibile) qualunque tipo di sperimentazione sull'embrione. Il principio del "sacrificio per l'utilità comune" non può mai spingersi fino al punto di sacrificare una vita umana, quale è quella dell'embrione. Personalmente ritengo che fare sperimentazione sugli embrioni non sia molto diverso che rapire ed uccidere dei bambini per estirparne gli organi, fatti di cui purtroppo anche la cronaca recente ci racconta. Anche in questo caso, infatti, si potrebbe tentare di giustificare tale atrocità utilizzando il pretesto del sacrificio per un bene comune, ossia sostenendo che la morte di un solo bambino possa servire per ridare speranza di vita a molti altri bambini, altrimenti destinati a morte prematura. Ma c'è anche un altro aspetto che accomuna queste due terribili piaghe; come per il commercio di organi, anche nel caso degli embrioni, c'è un grosso giro di denaro, sotto forma di finanziamenti e pubblicazioni, che vengono poi utilizzate dai ricercatori per alzare le loro quotazioni, realizzare rapide carriere e ottenere lauti ingaggi nei più facoltosi istituti di ricerca.