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La favola dell’aborto facile. Miti e realtà della pillola Ru486

Autore:
Cavallari, Fabio
Fonte:
CulturaCattolica.it

La favola dell’aborto facile. Miti e realtà della pillola Ru486” (Franco Angeli) è l’ultimo libro di Assuntina Morresi ed Eugenia Roccella. Il testo offre un’ampia ricostruzione sulla storia medica della pillola abortiva, sulla sua applicazione e sulla reale “affidabilità” che in essa si vuole riporre. Esplicativo è l’aggettivo che meglio si addice a questo volume. Le due autrici, infatti, non deragliano mai dal binario dell’oggettività. Nessuna morale a prescindere è offerta al lettore. Già nell’introduzione le due autrici chiariscono lo scopo del libro: dissipare l’equivoco sulla vulgata “Ru486”. Facile ed indolore. Così viene definita la pillola abortiva sia dai favorevoli sia da chi si batte perché la stessa non venga introdotta sul “mercato”. I primi ne elogiano la semplificazione medica e psicologica al punto da inneggiarla a strumento di liberazione della donna. Gli altri, sempre ragionando sulla semplicità che la medesima sussumerebbe in sé, ne contestano il possibile uso spregiudicato che la sua legalizzazione provocherebbe. La realtà della Ru486 è però ben diversa. Morresi e Roccella, portando testimonianze reali e concrete, spiegano il protocollo sanitario necessario e, percentuali alla mano, illustrano i rischi che la “pill kill” comporta. “Un aborto medico si definisce riuscito quando l’aborto è completo. E l’utero è perfettamente svuotato, senza la necessità di un ulteriore intervento di revisione chirurgica. L’efficacia media del metodo è stimata intorno al 95%, mentre quella dell’aborto chirurgico supera il 99%.” L’aborto chimico è più rischioso, doloroso, traumatico di quello effettuato con altri metodi. I tempi necessari per l’intero “processo” sono più lunghi ed incerti (solo nel 3% dei casi l’aborto avviene entro le 48 ore dall’assunzione della prima pillola) di quello chirurgico ed inoltre è la donna che su di sé deve caricarsi ogni responsabilità (dalla gestione del dolore alla verifica dell’avvenuta espulsione). Le donne che ne hanno fatto esperienza hanno segnalato centinaia di eventi avversi: infezioni, emorragie gravi, crampi, etc. Ma l’aspetto più grave e sottaciuto è quello che oscura un dato ineluttabile: di Ru486 si muore. Fino ad oggi sono 13 le donne morte nel mondo occidentale. In Francia, dove la pillola è nata scientificamente e politicamente, la pillola abortiva è stata sino ad ora scelta dal 38% delle donne ma di queste solo il 53%, una volta espletato l’intervento, ha affermato che ripeterebbe l’esperienza, invocando l’aspetto stressante, doloroso e sgradevole del metodo. Il “progresso” che oggi la scienza medica ci offre chiede alle donne, dissimulando la realtà, di ritornare all’aborto casalingo, Moressi e Roccella con “La favola dell’aborto facile” fanno un’opera di razionale informazione: la liberazione della donna non passa per la Ru486. Recentemente su Liberazione il ginecologo del Sant’Anna di Torino, Silvio Vitale (primo medico italiano ad introdurre la sperimentazione) ha spiegato perché la Ru486 dovrebbe essere legalizzata. Secondo il ginecologo la percentuale degli obiettori negli ultimi anni è salita vertiginosamente perché fare l’abortista non è conveniente. Non si fa carriera e il tempo occupato toglie spazio ed energie per altre attività. A questo bisogna aggiungere che dal punto di vista umano l’attività è diventata sempre più pesante, grazie anche all’inadeguatezza dei consultori che hanno lasciato tutto il lavoro psicologico al medico stesso. La Ru486 quindi, sopperirebbe alle lunghe liste d’attesa che codesta situazione sta provocando e renderebbe la pratica abortiva più semplice e sbrigativa. In tutto ciò non si comprende però dove risiede la liberazione della donna. Per stessa ammissione dei favorevoli della Ru486 appare quindi evidente che si sta discutendo della “liberazione” dei medici da un onere divenuto oramai troppo gravoso sia dal punto di vista professionale che personale. Eppure, Silvio Vitale non curandosi della macroscopica contraddizione esposta, afferma con orgoglio che “un giorno, sarà possibile prendere la pillola a casa, senza nemmeno andare in ospedale”. Un ritorno, nei fatti, all’aborto ante-194, quando la donna doveva interrompere la gravidanza in perfetta solitudine. A favore dei sostenitori della Ru486 non regge neppure la favola della libertà di scelta. Secondo gli stessi lo Stato dovrebbe mettere a disposizione delle donne tutti gli strumenti a disposizione e lasciare a loro la scelta. La convinzione sottaciuta è quella che la pillola, in virtù di una supposta minore invasività, avrebbe la meglio. Nella realtà, non solo il percorso medico sinora testato ha manifestato diverse problematiche ma, il trattamento sanitario che la Ru486 garantirebbe si palesa come l’abbandono totale della donna. Se si trattasse, infatti, di ridurre il peso traumatico dell’intervento, l’introduzione della pillola prevederebbe anche il controllo medico all’interno della struttura sanitaria per tutto il periodo necessario per l’espulsione dell’embrione. In tal caso però è evidente che verrebbe a cessare l’intero scopo di tutta l’operazione messa in campo.
“C’è una nuova ripartizione di responsabilità tra le donne e i medici sull’aborto, grazie alla Ru486: ma è una distribuzione che penalizza fortemente le donne, considerando che sono loro a essere già gravate dal peso psicologico e morale della scelta, e dal peso fisico di un intervento sul proprio corpo. E’ giusto che tutti, persino i medici, si lavino completamente le mani dal problema aborto? Soprattutto, è giusto che si mascheri la concreta questione delle responsabilità dietro al mito dell’aborto indolore, facile e sicuro?” Domande che meritano più di una risposta.

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