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L’interruzione (in)volontaria di gravidanza

Autore:
Cavallari, Fabio
Fonte:
Tempi n. 13 - 23.03.2006

Per mesi è stata oggetto di polemiche, dibattiti e attenzione sui giornali. Stiamo parlando della legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza. Chi si è permesso di chiedere una verifica sull’attuazione della medesima è stato accusato di voler cancellare la legge, di obbedire agli ordini del Vaticano e di essersi dimenticato dell’autodeterminazione della donna. è stata addirittura organizzata una manifestazione contro l’abrogazione di una legge che nessuno voleva abrogare. Si è formata una commissione d’inchiesta che aveva il compito di accertare se, in questi anni, tutti i presupposti di quella legge fossero stati ottemperati. I risultati sembrano aver dato esiti tranquillizzanti: la legge funziona e non necessita di nessuna correzione di rotta.
Non sappiamo i termini tecnici con i quali l’indagine è stata affrontata e sarebbe presuntuoso contestarne il metodo senza conoscerlo realmente. L’unica speranza è che la medesima non abbia ricalcato la prassi di controllo in uso presso le Asl, quando devono accertarsi della regolarità di imprese ed esercizi commerciali. Procedura che spesso avviene mediante telefonata preventiva che annuncia la visita dei commissari d’ispezione nel giro di un paio di settimane. Non abbiamo elementi per mettere in dubbio il sistema utilizzato per constatare la corretta applicazione della 194, ma un caso da raccontare che testimonia quanto la situazione sia, nella realtà, tutt’altro che tranquillizzante.
La legge riconosce nei consultori familiari i soggetti atti ad assistere la donna in stato di gravidanza, ad informarla e contribuire a far superare le cause che potrebbero indurla ad abortire. I medesimi (sempre come cita la legge) hanno il compito, oltre a garantire gli accertamenti medici, di esaminare con la donna le possibili soluzioni dei problemi proposti e qualora la scelta della donna fosse irrevocabile di richiedere sette giorni di riflessione prima di procedere al via libera per l’interruzione di gravidanza. Il metodo testé illustrato presuppone un elemento inconfutabile: il medico del consultorio deve conoscere la donna che si appresta ad abortire. Tutto ciò non è accaduto a Teresa (il nome ovviamente è frutto di fantasia) che, trovatasi sola e spaventata per una gravidanza indesiderata, ha telefonato al consultorio della sua zona per sapere che cosa dovesse fare per risolvere il suo “problema”. Il medico, molto cortese e premuroso, le ha spiegato che se lei era veramente convinta di abortire non erano necessari colloqui preliminari. Le ha consigliato di provvedere all’esame delle urine e di recarsi poi in uno dei due ospedali del luogo, dove l’assenza di obiettori le avrebbe evitato ulteriore noie.
Teresa ha abortito. La 194 con lei è stata palesemente violata. È un reato discuterne?

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