Per leggere Vita e Destino - 2: Le storie

Vasilij Grossman, Vita e destino, trad. di Cristina Bongiorno, Milano 1984
Autore:
Papa, Rosa
Fonte:
CulturaCattolica.it

“Vita e destino” è un romanzo fluviale, composto da miriadi di storie intrecciate: è quindi impossibile riassumerlo in modo analitico. Per un aiuto alla lettura si accennano qui i percorsi principali. Strum è un ricercatore scientifico ebreo, lavora nel collettivo degli scienziati russi di Mosca; sua madre muore nella persecuzione contro gli ebrei e rendendosi conto che ormai stanno eliminando lei e gli altri ebrei, scrive una lunga lettera di addio al figlio. Gli scienziati sono sfollati a Kazan (torneranno a Mosca dopo la vittoria di Stalingrado) e qui si ritrovano a conversare a casa di Sokolov, dove Medjanov si lascia andare a considerazioni un po’ troppo libere politicamente e tali da contestare il regime a partire dalla letteratura. Qualche volta prudentemente anche Strum lo appoggia. Victor Pavlovic Strum è sposato con Ljudmila Nikolaevna, ma il loro rapporto è diventato carico di estraneità. Strum si affeziona sempre più all’amica di Ljudmila, Maria Ivanovna, moglie del “collega” Sokolov. Da un certo punto in poi lei lo corrisponde, ma promette al marito di non rivederlo più. Contravviene a questa norma quando sente che Strum è in pericolo, ma non vanno al di là di incontri amichevoli e di un grande amore. Strum subisce un atteggiamento persecutorio da parte di tutto il gruppo degli scienziati per motivi misteriosi, per qualche parola indipendente detta ai capi che lo emarginano, gli danno un questionario allucinante da compilare, con tutte le parentele da esplicitare (segnalando i parenti ebrei, e quelli compromessi col regime e incarcerati ecc.) e lo sospendono dal lavoro. Dopo un periodo di sospensione e di attesa, in cui però Strum riscopre l’umano, la propria tensione alla libertà e anche a Dio, la situazione si capovolge per una telefonata lusinghiera di Stalin che si informa sulla sua attività e gli augura buon lavoro. Per un po’ Strum si esalta per il successo riottenuto e per la vittoria, ma quando gli viene chiesto di firmare una lettera assurda che avalla un’ingiustizia perpetrata da Stalin nei confronti di innocenti, Strum dopo un momento di esitazione, dopo aver ceduto e firmato, decide di ritornare uomo vero a qualunque costo. Qui la storia lo lascia. Strum e Ljudmila hanno una figlia, Nadja, molto decisa e anticonformista, che ad un certo punto si fidanza con un militare. La sorella di Ljudmila si chiama Evgenija Nikolaevna; è una donna bellissima, che tutti gli uomini corteggiano. Ha appena lasciato il suo primo marito, Krymov, ed è fidanzata con un tenente colonnello capitano dell’artiglieria di Stalingrado, Novikov. All’inizio assistiamo a tutte le sue vicissitudini con la burocrazia per sopravvivere, poi si incontra con Novikov che la ama, ma ella non riesce a dimenticare Krymov. Quest’ultimo è commissario militare, è un comunista convinto anche se ha avuto noie col regime; lo troviamo tra l’altro come ispettore nella casa “6 barra uno” luogo di resistenza estrema e punta avanzata contro i Tedeschi, dove il comandante si chiama Grekov. Qui ci sono buoni rapporti tra i soldati, il comandante è coraggioso e carismatico. Ad un certo punto arriva una ragazza come radiotelegrafista, e tutti i soldati la vorrebbero, ma Grekov la vuole per sè. Alla fine ha la meglio Sereza Saposnikov, giovane soldato parente delle due sorelle sopra citate, che riceve l’amore di Vanja. Grekov ci resta male, ma fa allontanare i due prima che la casa sia conquistata dai Tedeschi, come fatalmente doveva succedere e tutti si aspettavano che accadesse. Krymov, dopo aver parlato con Grekov, decide di segnalarlo alle autorità per destituirlo, perché Grekov esprime una posizione totalmente anticonformista rispetto al regime. Invece Grekov muore da eroe e Krymov verrà imprigionato, non si capisce perché. Alla Lubjanka, carcere di Mosca, viene interrogato e torturato, resiste e non sottoscrive la dichiarazione di colpevolezza. Evgenija quando viene a sapere che Krimov è in prigione, decide di andarlo a trovare e di tornare da lui: dovrà aspettare a lungo prima che a Krymov giunga un suo pacco con la sua firma, cosa che lo fa piangere di gioia. Invece Novikov sarà sconvolto dalla lettera di Evgenija. Inoltre sta cadendo in disgrazia nonostante la vittoria di Stalingrado, perché non solo ha aspettato otto minuti prima di comunicare l’ordine di attacco dato da Stalin, per salvare il più possibile i suoi giovani soldati, ma ha anche concesso loro un giorno di riposo dopo quattro giorni di veglia ininterrotta nell’avanzata in Ucraina. Grossman presenta anche le vicende di ebrei che vengono imprigionati, messi sul treno, portati nel lager e poi mandati nella camera a gas attraverso le figure di Sofia Osipovna Levinton e del piccolo David. E’ mirabile il modo in cui l’autore ci fa vivere l’immedesimazione con loro nel viaggio e persino nella camera a gas. Il piccolo David era senza la madre che al momento dell’arresto era lontana, e Sofia lo “adotta” sentendosi madre con lui.
Grossman ci presenta anche la psicologia di capi nazisti, Paulus che si sente circondato, i suoi uomini che non vorrebbero obbedire ad Hitler e sono costretti a farlo, lo stesso Hitler, ecc.
A Stalingrado vivono Stepan Spiridonov che è direttore della centrale elettrica e sua figlia Vera, che aspetta un figlio da Victorov, pilota d’aereo russo, che poi morirà in battaglia. Spiridonov verrà rimproverato perché ha lasciato la centrale un giorno prima del dovuto (pur essendo stato uno degli ultimi o l’ultimo a farlo) e verrà trasferito negli Urali. Vera dà alla luce un bimbo: è una figura di dolore e di rassegnazione, che contrasta con Natalja, figlia del vecchio Andrej, che invece è piena di vita e li seguirà negli Urali.
Le storie sono in realtà più variegate, e sono innumerevoli i militari russi, soprattutto generali e capi che vengono presentati in dialogo nella prima parte. Inoltre ci sono due intrecci nel lager: all’inizio nel lager tedesco, dove il vecchio bolscevico Mostovskoj organizza con Ersov una cospirazione antitedesca; essi poi verranno scoperti e giustiziati. Nel lager russo troviamo tra gli altri Abarcuk, primo marito di Ljudmila, comunista di ferro, che rimane comunista nonostante la persecuzione e il gulag, non ha mai avuto dubbi, neanche quando ha lasciato la moglie, neanche quando ha punito la debolezza degli altri. Vengono descritti in tempo reale, specie da pag. 171 a pag. 191, la vita nel gulag e il dialogo tra i personaggi, la violenza del lager e tra loro, l’assassino Barchatov che fa ammazzare Rubin, uno di loro. Abarcuk non interviene, ma quando le autorità del lager lo chiamano, denuncia l’assassino e alla fine dell’episodio si evince che questa sarà probabilmente la sua fine. Ma prima ritrova per caso il suo amico e maestro Magar in fin di vita: erano due compagni di ferro, ma adesso Magar è cambiato: non crede più nel comunismo e gliene porta le ragioni. Abarcuk lo condanna con violenza e il giorno dopo viene a sapere che Magar si è impiccato. Nell’episodio ci viene ricordato che Abarcuk è il padre di Kolja (Anatolj); egli aveva rifiutato di dargli il nome perché non pensava che la moglie lo avrebbe allevato come un vero compagno, ma ora ha scoperto che questo figlio è la sua sola ragione di vita. A proposito di Kolja, in altra parte del libro già sappiamo che è morto in battaglia e che Ljudmila era andata sulla sua tomba e aveva parlato con l’infermiere che lo aveva assistito per ultimo (Grossman ci aveva descritto anche la sua morte). Ljudmila ne aveva avuto uno choc irrimediabile ed era rimasta legata a Kolja in modo un po’ patologico, come se fosse ancora vivo nella sua stanza.