Re Lear 6 - La seconda trama: il piano diabolico di Edmund "il bastardo"

La scena svoltasi fra Lear e le figlie inaspettatamente apre nella tragedia uno squarcio inatteso e senza precedenti nella storia della drammaturgia: una seconda trama, parallela a quella rappresentata e destinata ad accompagnarsi e intrecciarsi con essa.
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
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La seconda trama. La scena svoltasi fra Lear e le figlie inaspettatamente apre nella tragedia uno squarcio inatteso e senza precedenti nella storia della drammaturgia: una seconda trama, parallela a quella rappresentata e destinata ad accompagnarsi e intrecciarsi con essa.
Nella sala del castello del conte di Gloster, in un luogo e tempo indefinito, appare il giovane Edmund.
Quell'Edmund che già abbiamo conosciuto come il figlio bastardo di Gloucester, (e la presenza di un figlio illegittimo sulla scena rimaneva inquietante per quel tempo e non poteva non ricordare al pubblico inglese le origini della regina Elisabetta), è in attesa del padre e svela pubblicamente attraverso un monologo i suoi intendimenti e convinzioni.

Edmund: Natura, tu sei la mia dea: io mi consacro alla tua legge. Per quale ragione dovrei sottomettermi alla miseria del costume e permettere alle convenzioni della società di frodarmi solo per essere venuto al mondo 12 o 14 mesi dopo mio fratello? Perché mi chiamano bastardo? Perché mi considerano abbietto? La mia struttura è salda, la mia mente è chiara, le mie forze sono perfette come quelle del figlio di una donna onesta. Perché ci vogliono infamare coi nomi di spurii, di bastardi, di vili? Noi vili? Noi che dal vigoroso furto della natura abbiamo tratto una tempra più solida e un’indole più generosa di quelle di un'intera tribù di damerini generati in un letto torbido, stanco e scipito, tra il sonno e la veglia! Dunque, legittimo Eduard, è giusto che io abbia la tua terra. L'amore di nostro padre tocca tanto al bastardo quanto al legittimo. Se questa lettera procede e quello che ho escogitato dà frutti, il vile Edmund sorpasserà il legittimo. Potrò crescere, potrò prosperare! Siate dunque, o dei, propizi ai bastardi. (pagg. 21,22)
Con le parole di Edmund, Shakespeare dà voce alla nuova mentalità dell’uomo del ‘500: la Natura ha preso il posto di Dio Padre. Essa è la Deità cui rivolgersi, madre dei figli che si sono ribellati al Padre, nati da amori licenziosi e per questo trattati da tutti come illegittimi, degni di minor amore. Agirà da uomo libero, libertino, ateo, sprezzante di ogni principio morale, vincolo di dipendenza. Concepito come bastardo, messo al bando dalle convenzioni sociali, seguirà la forza degli impulsi di cui gli ha fatto dono la Natura.
“Il risentimento è il suo motore, l’invidia la sua passione, l’ambizione il suo peccato” scrive Nadia Fusini commentando le parole di Edmund (in Di vita si muore, pag.302).
Un piano diabolico è stato architettato ai danni della realtà paterna e del fratello: convincerà il primo, con una falsa lettera scritta da lui, che Edgar dichiara di volerlo uccidere per impossessarsi del suo patrimonio e il secondo che è ricercato dal padre come nemico.
Se il piano funzionerà e otterrà la fiducia di Gloucester, presto erediterà titoli e beni, sarà onorato e ossequiato da tutti, e soprattutto sarà l’esclusivo oggetto d’amore paterno.
Un nuovo dramma si è aperto dunque nella tragedia.
Gloster entra nella sala, ascolta le dichiarazioni di Edmund, legge la falsa lettera attribuita a Edgar e cade nel tranello.
Rinnega, come Lear, la propria paternità e perseguiterà il figlio innocente.
La parola menzognera distorce e vince ancora una volta sulla realtà e in questo punto Edmund si avvicina e coincide con la diabolicità di Jago nell’Otello.
Questa seconda storia non è pari alla tragedia di Lear, ma di essa è in un certo senso il doppione: due vecchi cocciuti che perseguiteranno i figli innocenti, la perfidia menzognera di chi vuol prendere i loro beni, la sofferenza cui andranno inesorabilmente incontro.
Le storie che Shakespeare rappresenta non sono giochi di fantasia e il pubblico deve riconoscerle e capire che sono uguali a tante altre presenti sulla terra, perché le forze del male permeano le vicende umane, inaridiscono i cuori, accecano, distorcono la carità e gli affetti.
Con la stessa presunzione e impulsività di Lear, Gloucester non si ferma a riflettere, cede al tarlo dell’insinuazione, teme per la propria persona minacciata e vede nella natura impazzita lo sconvolgimento e la degenerazione dei rapporti umani.

Gloucester: Queste ultime eclissi di sole e di luna non ci annunziano nulla di buono e, sebbene la scienza possa spiegarle in un modo o in un altro, la natura tuttavia ne risente gli influssi: gli affetti si raffreddano, le amicizie si spengono, i fratelli si separano; sommosse nelle città, disordini nelle campagne, tradimenti nei palazzi; e rotti tutti i legami tra padri e figli. Su questo sciagurato che è figlio mio, è caduta la predizione: ed ecco il figlio contro il padre... Abbiamo già veduto il meglio della nostra vita: adesso macchinazioni, frodi, tradimenti, tutti i più rovinosi disordini ci incalzano senza tregua fino alla tomba. Trova questo miserabile, Edmund, non te ne verrà alcun danno, fallo con prudenza.
Sono spezzati i sacri vincoli che legano i padri ai figli, i fratelli ai fratelli; divisioni nel regno, sospetti senza fondamento, esilio di amici vincono sull'ordine naturale delle cose che vorrebbe l'affermazione del bene sopraffatto nella realtà dall’avanzare delle tenebre.
il bastardo Edmund raggiunge il fratello di notte e lo convince con parole suadenti a fuggire e darsi alla macchia. Se il padre lo dovesse raggiungere, la sua vita sarebbe in pericolo. Edmund è un eccellente stratega: ha ottenuto quel che voleva e ha vinto la partita.
La logica machiavellica ha prevalso su ogni remora morale: ”Il fine giustifica i mezzi” cioè ogni mezzo utile ad affermare il proprio dominio, compresi l’inganno e la violenza, è lecito, anche se immorale.