Re Lear 12 - Gli eventi precipitano

Anche nell’ultimo istante della vita un atto di riscatto può ancora essere compiuto
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
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commons.wikimedia.org

QUINTO ATTO L'intreccio degli eventi si complica e la vicenda principale rioccupa la scena.
Il re di Francia sbarca a Dover per prendere le difese di Lear, e nell‘accampamento dove viene accolto e curato, Lear si riconcilia piangendo di commozione, con la giovane figlia, che lo assiste e consola.
Due fronti opposti si fronteggiano: l’esercito francese da una parte e Edmund e Albany dall’altra, sostenuti da Regan e Goneril che invita Edmund con un dispaccio segreto a uccidere il marito Albany per amor suo.
Dopo brevi scontri in battaglia, le sorti hanno volto al peggio per i francesi difensori di Lear e di Cordelia.
Edmund ha trionfato e al campo inglese di Dover ordina di condurre il re e la figlia in prigione.
A questa spregevole decisione Albany si oppone ed è pronto a sfidarlo a duello chiamandolo traditore.
Ma il cuore del vecchio Lear prima di essere rinchiuso fra quattro mura, non cerca più la vendetta e la ribellione, conosce l’amore e la compassione e si rivolge con parole tenerissime a Cordelia, suo vero Cor ideal, personificazione della carità e del vero amore.
Più nulla importa né il potere né la vittoria. Solo di essere vicino alla figlia amata, è pago, di sentire la sua richiesta di benedizione e la propria domanda di perdono. La preghiera scandirà le loro giornate a loro si dischiuderà il mistero delle cose e il misero potere dei mortali si consumerà davanti ai loro occhi.
Lear: Vieni, andiamo alla nostra prigione; là, noi due soli canteremo come uccelli; Quando tu mi domanderai la benedizione io mi inginocchio però per chiederti perdono: vivremo, così, pregando, cantando, raccontandoci
antiche storie, sorridendo al volo delle farfalle dorate, ascoltando la povera gente raccontare le novelle di corte, e parleremo anche con loro, di chi vince e di chi perde, di chi sale e di chi scende; e spiegheremo il mistero delle cose come se fossimo segreti messaggeri della divinità. Tra le mura della prigione, vedremo consumarsi le congreghe dei grandi che fluttuano come la risacca sotto la luna (pag.125)
Grande indimenticabile pagina sulla vanità delle cose e sul rivelarsi del mistero delle cose e della divinità all’uomo quando a tutto si è rinunciato. Così si compie la loro passione.
L’assoluto trionfatore ora è Edmund, che deve solo decidere a quale delle due figlie del re gli converrà unirsi, essendo entrambe innamorate di lui.
Ma ha breve vita il suo trionfo.
Conclusa la battaglia e pronti alla nomina di Edmund nuovo re, mentre si chiede a gran voce se qualcuno abbia motivo per opporsi ad essa, un guerriero si fa avanti, preceduto da squilli di trombe: entra Edgard e
pubblicamente accusa il fratello di essere un traditore e un usurpatore e lo sfida a duello.
Edmund cade e sente che per lui la morte è vicina. Velato di tristezza ascolta il racconto che Edgar fa della sua vita di fuggiasco fino alla morte del padre accecato e straziato dal dolore.
Di tutto ciò che ha ascoltato e di altri inconfessabili delitti si riconosce colpevole. Imperdonabili sono le sue azioni: una vita intera dedita al male, alla rabbia, alla vendetta per essere sempre stato marchiato dall’infamia
di essere bastardo, di essere frutto del peccato.
Ma Edgar non lo lascia morire nella disperazione e invita il fratello a guardarsi reciprocamente con pietà, perdonandosi a vicenda.
Ma nell’ultimo istante della vita un atto di riscatto può ancora essere compiuto.
"Voglio fare qualcosa di bene, a dispetto della mia stessa natura" ;dice, rinnegando il suo demone per attingere a quella natura profonda, latente, mai cancellata che ora lo spinge al bene.
"Mandate subito al castello: un mio ordine scritto condanna a morte Lear e Cordelia. Mandate subito. Fate in tempo!"
Appena pronunciate queste parole muore, mentre a gran voce un messo grida che Regan è stata avvelenata da Goneril e che quest’ultima si é tolta la vita con un pugnale.
Sulla scena vengono impietosamente rovesciati i loro corpi e viene coperto il loro volto perché non venga pietrificato chi le guardi. Nessuna commiserazione per loro.