"La boutique del mistero" 4 - Una goccia
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Non occorre che si verifichi un’intera inondazione perché il mistero bussi alla porta turbando il quieto vivere di tutti: basta una sola goccia d’acqua.
Una semplice, piccola goccia d’acqua che si permette però di contraddire le leggi di natura.
E’ una goccia d’acqua che sale le scale.
“E perciò si ha paura.”
Questo è il tema inquietante di un altro famoso racconto che fa parte della “boutique”: Una goccia.
L’argomento dunque è presto detto: di notte “lungo la tromba delle scale lettera E dello sterminato casamento” si verifica un fatto apparentemente insignificante, quasi impercettibile, ma misterioso e angosciante nella sua straordinarietà: una piccola goccia d’acqua sale le scale e il suo curioso rumore che risuona nel silenzio turba il sonno di tutti gli inquilini.
“Battono i cuori allorchè il tenero passo sembra toccare la soglia. Meno male, non si è fermata. Eccola che si allontana, tic tic, avviandosi al piano di sopra.”
Il narratore, che parla in prima persona, è un testimone diretto e si fa portavoce dello sgomento generale:
“Noi, che prima non sentivamo niente e ci si teneva esenti, da alcune notti pure noi udiamo qualcosa. La goccia è ancora lontana, è vero. A noi arriva solo un ticchettio leggerissimo, flebile eco attraverso i muri. Tuttavia è segno che essa sta salendo e si fa sempre più vicina.
Anche il dormire in una camera interna, lontana dalla tromba delle scale, non serve. Meglio sentirlo, il rumore, piuttosto che passare le notti nel dubbio se ci sia o meno. Chi abita in quelle camere riposte talora non riesce a resistere, sguscia in silenzio nei corridoi e se ne sta in anticamera al gelo, dietro la porta, col respiro sospeso, ascoltando. Se la sente, non osa più allontanarsi, schiavo di indecifrabili paure. Peggio ancora però se tutto è tranquillo: in questo caso come escludere che, appena tornati a coricarsi, proprio allora non cominci il rumore?”
Buzzati, nelle vesti del narratore, prende in considerazione ora una serie di domande che nascono sia nelle persone coinvolte sia nei lettori anch’essi in qualche modo partecipi dell’inspiegabile fatto.
C’è dunque chi tende a ridurre il mistero a un fatto facilmente spiegabile, banalizzandolo (“un topo forse? Un rospetto uscito dalle cantine?”) e chi si avventura in una spiegazione simbolica o poetica, ma negando così il fenomeno in quanto tale (“Sarebbe per caso un'allegoria? Si vorrebbe per così dire, simboleggiare la morte? o qualche pericolo? e gli anni che passano? Niente affatto, signori: è semplicemente una goccia, solo che viene su per le scale. O più sottilmente si intende raffigurare i sogni e le chimere? Le terre vagheggiate e lontane dove si presume la felicità? Qualcosa di poetico insomma? No, assolutamente. Oppure i posti più lontani ancora, al confine del mondo, ai quali mai giungeremo?”)
Nessuna di queste ipotesi viene accettata dal narratore: è vero, la ragione dell’uomo vorrebbe quietarsi entro i limiti di una spiegazione che non turbi le sue certezze, ma bisogna prima o poi prendere atto che un quid misterioso può affacciarsi improvvisamente nella realtà in modo inquietante, in una forma concreta e reale.
“Ma no, vi dico, non è uno scherzo, non ci sono doppi sensi, trattasi ahimé proprio di una goccia d'acqua, a quanto è dato presumere, che di notte viene su per le scale. Tic tic, misteriosamente, di gradino in gradino. E perciò si ha paura.”