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Graham Greene: Tutti i racconti

Autore:
Foresti, Gianni
Fonte:
CulturaCattolica.it

È uscito in libreria da ormai diversi mesi, edito da Mondadori, il libro Graham Greene/Tutti i racconti, 755 pagine, un librone. Dopo i due volumi dei Meridiani, che raccolgono i romanzi dal 1936 al 1978, ecco il libro con i suoi racconti, alcuni dei quali tradotti in italiano solo ora.
GG è annoverato tra gli scrittori cattolici, un’etichetta superficiale di cui lui stesso affermava:
“Sono uno scrittore che si dà il caso sia cattolico”, ed anche “Se si è cattolici non bisogna studiarsi di scrivere cattolicamente. Tutto ciò che si scrive e si dice non potrà che essere cattolico”.
Convertitosi a 22 anni dall’anglicanesimo al cattolicesimo ha girato il mondo in lungo e in largo, ha fatto parte de i servizi segreti britannici, è stato giornalista e scrittore.
Se vogliamo approfondire la personalità dell’autore, facciamo un passo indietro parlando di un libro che ne chiarisce il pensiero.
In Saggi Cattolici, conversazioni, partecipazioni a convegni e lettere, libro del 1958 introvabile se non nelle bancarelle dell’usato, Greene parla a ruota libera ed esprime le proprie convinzioni che sono alla radice della sua personalità e del suo scrivere.
Afferma Padre David Maria Turoldo nella prefazione del libro:
“La sua caratteristica peculiare è di sentirsi cattolico dentro la selva del male e di fissare cattolicamente il processo della vita”.
I personaggi dei suoi libri sono intrisi di peccato, come chiunque di noi. L’epigrafe posta all’inizio de Il Nocciolo della Questione, è attinta da una frase di C. Péguy:
“Il peccatore è proprio nel cuore della cristianità. Nessuno è così competente in materia di cristianità come il peccatore. Nessuno, eccetto il santo”.
GG è lo scrittore della speranza, della Grazia e della misericordia di Dio.
Sempre in Saggi Cattolici, alla domanda:
“La misericordia di Dio, nei vostri romanzi, non potrebbe palesarsi in essere un po’ meno carichi di peccati, un po’ meno privi di virtù?”,
Greene risponde:
“…se io li rappresento immersi fino al collo nel male posso farli vedere in tutta la loro miseria di peccatori e rendere perspicuo fino a che punto, umanamente parlando, siano perduti ed abbandonati da tutti. Se la misericordia di Dio deve sfolgorare luminosa agli occhi degli increduli, bisogna che la vediamo in atto presso gli ultimi degli ultimi”.

In Saggi cattolici l’autore cita brani e i personaggi de Il Potere e la Gloria, Fine di una storia,
Il Nocciolo della questione
, i tre romanzi che esemplificano la posizione appena descritta dallo scrittore stesso che si richiama spesso al cardinale H. Newman, che vorrebbe fosse nominato protettore “dei romanzieri che sono anche cattolici”.
GG è molto legato ai suoi scritti, che leggeva ed ammirava già prima della conversione, e dai quali attingeva. Nel libro Le Vie senza Legge, scritto dopo il suo viaggio in Messico al tempo della persecuzione contro i cristiani, l’introduzione è un sunto dell’Apologia di Newman sulla necessità di rinunciare al mondo, sulla caducità degli sforzi umani, sulla sua idolatria e sulla condizione dell’intero genere umano che le parole apostoliche definiscono “senza speranza e senza Dio in questo mondo”.
Conclude la citazione di Newman: “Che cosa possiamo dire dinanzi a questo fatto straziante e sconvolgente?
Io posso solo rispondere che o non esiste un Creatore o la società umana è stata rigettata dal suo cospetto… se Dio esiste. Ma poiché Dio esiste, dobbiamo concludere che il genere umano è coinvolto in un orrendo peccato originale”.

In un capitolo di Saggi Cattolici dal titolo È in pericolo la civiltà cristiana?, conferenza tenuta a Bruxelles nel gennaio 1948, Greene conclude con una storia che non ha ancora scritto ma che pubblicherà nel 1990 con L’Ultima Parola e altri racconti, contenuta ora anche in Tutti i Racconti (pag. 476).
Racconta dell’ultimo Papa esistente sulla terra, Giovanni XXIX, nonché l’ultimo cristiano vissuto per 20 anni in una misera abitazione con un crocefisso senza un braccio, l’unica sua compagnia ad attenderlo quando tornava dall’acquisto il pane quotidiano.
Non ricordava nulla del suo passato. Il potere lo aveva tenuto in vita per anni dopo aver annientato l’intera cristianità ed aveva costituito uno stato unico mondiale fondato sulla pace. Il Generale lo fece vestire con una cotta bianca da Papa e lo convocò per rendergli onore prima di ucciderlo. Qualcosa pian piano riaffiorava nella sua memoria e mentre alzava il bicchiere di vino in segno di saluto diceva in una lingua per l’altro incomprensibile “Corpus domini nostri…”
Il Generale fece fuoco e in quell’istante “…un pensiero attraversò lo spirito del Capo:
«Sarebbe mai possibile che ciò che quell’uomo credeva fosse la verità?».
Un nuovo cristiano nasceva dal dolore”
(pag. 52).

Un altro racconto, contenuto nella voluminosa raccolta che mi ha colpito è Un Barlume di spiegazione (pag. 36). Due uomini si ritrovano in uno scompartimento di un treno. È sera tardi e sono imbacuccati a causa del freddo. Uno si definisce agnostico e coglie che l’altro è cattolico.
Il primo, che narra il racconto in prima persona, afferma che si ribella “di fronte all’idea di un Dio che può abbandonare così le sue creature alle atrocità del libero arbitrio” e vuole avere spiegazioni della sofferenza e della corruzione dei bambini. Il cattolico gli risponde: “Certo a questo non c’è risposta. Cogliamo barlumi…”. Gli racconta allora un episodio della sua infanzia.
Quando era bambino viveva in un paese dove esisteva una piccola comunità di solo cinquanta cattolici e serviva come chierichetto alla Santa Messa. Venne avvicinato da uno dei due fornai del paese. Un uomo con la testa pelata a forma di rapa e con un occhio solo. Si definiva un libero pensatore e da lui nessun cattolico acquistava il pane.
Era avverso alla Chiesa Cattolica come del resto la maggior parte dei cittadini che erano di fede anglicana. Il fornaio, in cambio di un giocattolo, lo convinse a rubare per lui un’ostia consacrata. Il chierichetto compì il misfatto, ma quando era sul punto di consegnare l’ostia, decise piuttosto di inghiottirla. Al che il fornaio cominciò a piangere lacrime disperate dall’occhio buono.

“Quando ci ripenso ora, è quasi come se avessi visto la Cosa (Satana, ndr) piangere per la sua inevitabile sconfitta”,
disse il cattolico.
E il barlume?”
chiese l’agnostico, “Mi sembra di non aver capito cosa volesse dire”.
Rispose il cattolico “…sa, per me quella faccenda rappresentò un insolito inizio se ci pensa.”

Qui, a pag. 47 del libro, lascio di proposito il racconto perché c’è una piccola sorpresa finale che val la pena di non essere svelata ma di essere letta.

Ecco ora alcuni dei libri citati.

Il potere e la gloria – The Power and the Glory - 1940
Nel Messico degli anni ’20 il governo massonico perseguitò in maniera sanguinosa la Chiesa. Il protagonista è un prete che sta scappando negli Stati Uniti. È chiamato prete spugna, dedito all’acquavite, con una figlia avuto dopo una notte d’amore. Un peccatore. Ma nonostante questo il popolo lo nasconde dall’esercito, vuole essere comunicato da lui, vuole che i propri figli siano battezzati, vuole essere confessato. Credono in Dio e non sono scandalizzati dagli errori umani. Un misero prete, peccatore come ciascuno di noi, ma scelto da Dio.

Invece, il fatto che io sia un vigliacco… e tutto il resto, non ha molta importanza. Io posso ugualmente deporre Dio nella bocca di una persona e posso darle il perdono di Dio. E questo varrebbe anche se ogni prete della Chiesa fosse come me.

Il potere cerca di eliminare Gesù Cristo, cerca di rendere schiavo l’uomo dei propri peccati.
Ma la fedeltà e la misericordia di Dio non abbandonano l’uomo. E questa è la Gloria divina.
Il prete spugna viene attirato in una trappola, un gringo in punto di morte chiede di essere confessato. Lui è cosciente che sia un tranello, ma va a fino in fondo alla propria vocazione.
Verrà arrestato e fucilato.

Quando si svegliò era l’alba. Si era svegliato con un’immensa sensazione di speranza, che lo abbandonò di colpo e completamente alla vista del cortile della prigione. Era la mattina della sua morte.
Provava solo un’immensa delusione di doversi presentare a Dio a mani vuote, senza un’opera da offrire. Gli parve, in quel momento, che sarebbe stato così facile essere un santo. Sarebbero bastati un po’ di disciplina e un po’ di coraggio. Si sentiva come chi, per pochi secondi, avesse mancato l’appuntamento con la felicità. Adesso sapeva che, alla fine, una sola cosa conta veramente: essere santi.

Fine di una storia – The End of the Affair - 1951

Londra bombardata nella Seconda Guerra mondiale. Due amanti, Sara e Maurice. Scoppia una bomba e la donna crede che l’uomo sia morto. Invoca Dio chiedendo il miracolo e fa un voto:
Dissi molto lentamente: lo lascerò per sempre ma lascia soltanto che viva e abbia la sua possibilità …

Maurice si presenta vivo e vegeto e la vita di Sara prende un’altra piega.
Un evento eccezionale è accaduto, corrispondeva al desiderio della donna.
Sara non è credente, non ha fede, ma questo è l’inizio della sua drammatica avventura personale in cui cerca Dio e lo supplica:

Buon Dio, se solo Tu potessi scendere dalla Tua Croce per un momento e farci salire me, invece. Se potessi soffrire come Te potrei guarire come Te.

Maurice non accetta di riconoscere quell’avvenimento.

Non voglio la Tua pace e non voglio il Tuo amore. Volevo qualcosa di molto semplice e molto facile: volevo Sara per la vita e Tu me l’hai tolta. Coi Tuoi grandi progetti Tu rovini la nostra felicità, come la mietitura rovina la tavola di un topo: io Ti odio, o Dio, ti odio come se tu esistessi.

Sara muore e si scopre che sua madre l’aveva fatta battezzare a due anni. Dio l’aveva scelta, e non l’aveva mai abbandonata, l’aveva preferita.
Ma la ragione di Maurice non aderisce neppure davanti ad altri due fatti miracolosi attribuiti a Sara. Per lui sono solo orribili coincidenze e si rivolge così a Dio:

Tu hai fatto abbastanza, Tu mi hai derubato abbastanza; io sono troppo vecchio e stanco per imparare ad amare; lasciami in pace per sempre.

Greene parte sempre dalla caducità umana, dal suo peccato per esaltare la misericordia di Dio.
Un Dio che non abbandona chi ha scelto, un Dio che ha una preferenza.
Un Dio che lascia all’uomo la libertà di riconoscerlo, di sbagliare senza mancare nella sua fedeltà.

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