G. Testori - "I promessi sposi alla prova" 2 - Il Maestro e la sfida della realtà
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All’inizio del primo atto il Maestro decide di reimpostare il «problema della recita» con gli attori. Interviene in maniera esagerata, quasi ossessiva nella recita. Insegna ai ragazzi il valore della parola. Si fa nuovo Adamo che rinomina tutte le cose. Nominare la realtà significa conoscerla, quindi entrare in rapporto con lei e addentrarsi nelle sue profondità. Il Maestro, fuori di metafora, introduce al reale. La realtà ha un peso oggettivo. Occorre una serietà per coglierlo e starci di fronte. Dobbiamo rieducarci alla parola. Pensiamo all’attualità del discorso del Maestro, quando con accenti accesi prorompe così:
La parola redenta! Già, redenta! […] La parola che si fa ossa, carne… Pensate un po’; anzi, pensiamo, meditiamo; lei, la parola, che s’inossa, s’incarna, si fa realtà, non è forse il senso e il mistero stesso di queste assi? Il senso e il mistero mio, tuo, suo, nostro?
Chiaramente qui il discorso riprende l’evangelico «il Verbo si fece carne» investendo poi ogni ambito dell’esistenza, invitando a recuperare un rapporto carnale e viscerale con la realtà, in un contesto culturale in cui pensiero e ideologia sembrano avere il sopravvento su tutto. La realtà nella sua concretezza educa, provoca, sollecita!
Il Maestro lascia la libertà ai suoi attori, non li mortifica, ma li sprona a librarsi verso il cielo:
Io le ali non le spezzo! Le aiuto; a librarsi; come quelle dei falchi; o delle poiane; le rimpolpo; le ringagliardisco, io, le ali.
Concretezza e carnalità caratterizzano l’espressività degli attori, che sempre più fanno proprie le direttive del Maestro e iniziano a «testoreggiare», per usare le parole del testo, cioè a far diventare carne le parole, a renderle realtà, a far rivivere la storia. Così, anche quel pudico e casto amore dei due fidanzatini nei Promessi sposi si connota di fisicità, di desideri sopiti, di attese di soddisfazioni, pur conservando l’elevatezza che Manzoni gli ha conferito. Bellissimo è il punto in cui Renzo afferma che quando ha incontrato l’amore, Lucia, ha capito perché è venuto al mondo. Siamo, infatti, nati per amare! Bellissime sono anche la semplicità e la concretezza con cui Agnese, Renzo, Lucia vivono il cristianesimo. Di fronte alle difficoltà, Agnese consiglia: «Invece di finir allagati dalle lacrime, diciamo su un rosario».