"Come fili di seta" 4 - Sola, in terra straniera, e ripudiata dall'uomo amato
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Ma torniamo a Marta: ha trovato una occupazione e una stanza in una casa siriana, ma una sera tornando dal lavoro sente una voce araba che grida alle sue spalle:
Joe Haddad ha lasciato questa…….. (e qui segue un improperio nei suoi confronti)… e adesso vive con una puttana americana che ha un mucchio di campi di cotone e vive a New Orleans.
Marta fugge a casa sconvolta e da quel momento nessuno la vede più.
Dopo averla cercata inutilmente per giorni e giorni, l’amico Astafan decide di sfondare la porta della sua stanza e la trova rannicchiata nella coperta del letto, spettrale e decisa a lasciarsi morire.
Solo una speranza può ridarle le forza di vivere: trovare Khalil, e l’amico siriano, che l’ha ben capito una mattina le consegna un foglietto su cui è segnato un indirizzo a New Orleans: lì abita Khalil.
L’incontro
Così in una giornata calda Marta attraversa su un calesse i campi verdeggianti della campagna di New Orleans quando vede in lontananza un albero gigantesco e delle colonne di marmo all’ingresso di una grande villa. Come ogni anno, ci viene detto, era stato allestito sul prato della villa un suntuoso banchetto e il posto si era riempito di numerosi ospiti.
Attorno alle tavole imbandite e alle carni arrostite si muovono gli invitati e i servitori e in mezzo a tutti una donna con un abito di seta turchese abbraccia sorridente un uomo vestito di bianco e l’Autore ci rivela che quello è Khalil, che si è formato in America una nuova famiglia.
Gli ospiti e la coppia per un attimo volgono distrattamente lo sguardo verso il calesse fermo davanti alla villa, per riprendere subito dopo i loro festeggiamenti.
Ma Khalil è impietrito: ha riconosciuto la giovane moglie ma, sorpreso e sconvolto, è incapace di alcun gesto o parola mentre la vede allontanarsi.
Molti anni più tardi, a Pasadena, l’anziana signora Marta Haddad stenterà a ricostruire tutti i particolari di quell’incontro drammatico.
Ricorda solo di aver vagato fino a sera a Philadelphia sotto un cielo senza colore e di non avere più avuto la forza di riprendere il treno per New York.
Quando ha visto in lontananza un alto campanile di pietra, è entrata in chiesa da una porticina laterale e cercando il rosario nella sua sacca si è sdraiata su una panca e si è addormentata consegnando nelle mani di Chi non l’aveva mai abbandonata tutta la sua disperazione e precarietà.
Era la più misera delle creature, sola, in terra straniera, ripudiata dall’uomo amato.
Illustrazione di Chiara Ciceri