Il pensiero di Chesterton - La libertà 3 - La filosofia delle fate
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
La filosofia del giardino delle fate è una filosofia tutt’altro che fantastica o irrealistica; le fate sono le più razionali tra tutte le creature e ben più sottili ragionatrici dei materialisti che possono fondare il loro determinismo solo omettendo questa chiara distinzione.
Invece
“Nelle novelle delle fate abbiamo sempre osservato questa netta distinzione: fra la scienza delle deduzioni razionali - che obbediscono realmente a certe leggi - e la scienza dei fatti fisici, nei quali non ci sono leggi ma soltanto sorprendenti ripetizioni. Noi crediamo nei miracoli corporei, non nelle impossibilità mentali”. (GKC, Ortodossia, pag. 70)
La supposta necessità delle leggi di natura, insormontabile ostacolo che lo scientismo oppone alla libertà di cui pure l'uomo fa esperienza, si infrange in realtà contro due scogli. Il primo è che la necessità pertiene esclusivamente alle leggi della logica, alle leggi del pensiero; pertanto la necessità delle conclusioni ha due condizioni: la verità delle premesse e la correttezza del procedimento. La legge di natura è una costanza e regolarità che la ragione constata nella natura; essa non ha altra necessità che quella del procedimento di induzione e deduzione dalla quale scaturisce.
“I grandi uomini di scienza del XIX secolo, che sono stato educato a riverire ("accettando le conclusioni della scienza", si diceva sempre), uscivano e ispezionavano attentamente l'aria e la terra, gli elementi chimici e i gas, senza dubbio molto più attentamente di Aristotele e dell'Aquinate, poi tornavano indietro e racchiudevano la loro conclusione definitiva in un sillogismo [...].
Non sbagliavano nella forma del loro ragionamento; perché é l'unica via della ragione. In questo mondo non c'é nulla al di fuori del sillogismo - e della fallacia. Ma naturalmente i moderni sanno, come sapevano gli uomini del medioevo, che le loro conclusioni non potessero essere vere, se vere non erano le premesse. E qui ha inizio il problema. Poiché gli uomini di scienza, o i loro figli e nipoti, uscirono per dare un'altra occhiata alla natura nodosa della materia e furono sorpresi nello scoprire che non era affatto nodosa”. (GKC, Tommaso d’Aquino, pag. 129 e 130)
La legge di natura è desunta dalla regolarità degli eventi naturali; dedurre la regolarità degli eventi dalla legge di natura è un circolo vizioso.
“Non appena cercai di porre delle questioni mi accorsi che non si possedeva nessuna prova di queste inevitabili ripetizioni di cose all'infuori del fatto che si ripetevano. Ora, a me, la pura ripetizione faceva vedere le cose come nate da un incantesimo piuttosto che da un principio razionale”. (GKC, Ortodossia, pag. 82)
E' la mente moderna che associa la regolarità della natura alla regolarità del meccanismo; questa però è solo una associazione mentale. La posizione opposta sarebbe ugualmente sostenibile: la ripetizione potrebbe essere il frutto non di una morta meccanicità, ma di una impensabile esuberanza di vita, come quella del bambino, che infatti richiede la ripetizione ben al di là della capacità di sopportazione degli adulti.
“Può non essere una automatica necessità quella che fa le roselline tutte eguali; può darsi che Dio lo faccia separatamente, una a una, e non Gli sia mai venuto a noia di farle. Può darsi che Egli abbia l'eterno appetito dell'infanzia; perché noi abbiamo peccato e ci siamo fatti vecchi, ma il Padre nostro é più giovane di noi.
Le ripetizioni in natura possono non essere semplici corsi e ricorsi, possono essere dei bis, come a teatro”. (GKC, Ibidem, pag. 84)