Il pensiero di Chesterton - La Croce 2 - La pretesa inconcepibile di Cristo

La salvezza portata da Cristo e annunciata dal cristianesimo ha questa caratteristica peculiare: essa non è una teoria, né una morale. Possiede ovviamente una dottrina ed insegna una morale, così come faceva Cristo stesso, ma non consiste in esse, come Cristo non consisteva in esse. La caratteristica fondamentale della salvezza cristiana è di essere un fatto storico; la salvezza cristiana è una persona.
Una persona non può porsi come salvezza e significato delle cose, a meno che non sia l'Autore stesso delle cose: ecco la pretesa inconcepibile di Cristo.
Autore:
Platania, Marzia
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Il popolo anche appare nella sua forma peggiore, quella della massa cittadina che non vive più di tradizioni, ma di chiacchiere. Come i suoi miti sono irrazionali, poiché seguono soltanto le ragioni della immaginazione poetica, cosi sono irrazionali e arbitrarie le sue simpatie e antipatie, facili ad essere modificate secondo gli interessi del potere da qualche notizia sensazionale: cosi la folla che pochi giorni prima salutava Cristo come Messia e Re, si scaglia ora contro di lui in nome di Barabba. Persino il senso civico che anima tanta parte del mondo antico e ce lo rende ammirabile, echeggia qui in un grido inaccettabile "E' meglio che un uomo muoia per il popolo".
La morte in croce di Cristo chiude la storia semplicemente umana. Nella presenza negativa di questi tre protagonisti noi vediamo adombrata ancora una volta la verità che la parabola storica dell'uomo pagano, vale a dire dell'uomo a prescindere dal cristianesimo, si è conclusa in un sostanziale fallimento. L'analisi dell'uomo ci ha portati a concludere che esso è un enigma per sé stesso, un paradosso irresolubile. L'analisi della storia ci ha portato a concludere che le forze dell'uomo non sono sufficienti a identificare e rendere stabilmente sperimentabile quel significato senza il quale l'uomo non può costruire. Questo è infatti il significato dell'assenza della salvezza. La salvezza è una risposta ragionevole a ciò che la ragione dell'uomo pretende, una spiegazione esauriente ed un significato per tutto ciò che esiste; una risposta non solo teorica ma anche esperibile, visibile e concreta. La mancanza di salvezza non è la fine del mondo, ma la noia, la disperazione, il sentimento dell'inutilità della vita e dell'insignificanza del tutto. Dire che il mondo non poteva salvarsi senza Cristo non vuol dire che di lì a poco lo attendeva un destino terribile, ma che sarebbe stato condannato ad un destino terribile: quello di continuare indefinitamente. Questa è la disperazione e la condanna che Chesterton vede incarnate nel mondo che non ha conosciuto il cristianesimo, nell'India e nell'Asia. Miti che si complicano e che lentamente perdono di significato, come una ricerca che diventa sempre più priva di speranza ed un'attesa sempre più vana e stanca; una filosofia che non conduce in nessun luogo e che infine giunge a teorizzare il nulla come propria necessaria destinazione, nelle dottrine dell'eterno ritorno come nell'aspirazione buddista di sciogliere il proprio sé in una divina indistinzione.
L'Asia è tutta umanità; come avesse costruito il suo destino umano. [...] E' il mondo come l'uomo l'ha fatto. Perciò l'Asia sta come la sola rappresentante del paganesimo e la sola rivale del cristianesimo. (GKC, L'uomo eterno, pag. 261)
Dire che il mondo non poteva salvarsi non vuol dire che non avrebbe potuto continuare ad esistere: vuol dire invece che non avrebbe potuto far altro che continuare ad esistere.
Ci sarebbero ancora i Pitagorici a insegnare la reincarnazione, come ci sono gli hindù a insegnare la reincarnazione. Ci sarebbero gli stoici con la loro religione di ragione e di virtù [....] Ci sarebbero i NeoPlatonici che studierebbero verità trascendentali [...] Ci sarebbero ancora folle di popolo alle feste popolare degli dei[...] Ci sarebbero ancora moltitudini di dei, locali e non, da essere adorati. E ci sarebbe ancora più gente ad adorarli che a crederci. [...]. Ci sarebbe ancora grande ammirazione per Seneca e larga imitazione di Nerone [...] Queste cose, buone e cattive, avrebbero indescrivibilmente l'aria di essere troppo vecchie per morire. (Id. Ibid., pagg. 262-263)
La mancata salvezza del mondo non indica perciò una mancanza di salvezza spirituale o una mancanza di salvezza morale. Indica l'impossibilità di trovare una risposta esauriente alla domanda circa il significato della vita e del reale, l'impossibilità perciò per la ragione di essere pienamente ragionevole. Davanti alla drammatica presenza del male, e in ultima istanza a causa di questa, la ragione rimane priva di una spiegazione che non censuri qualche elemento del problema che essa ritiene impellente risolvere. L'uomo con le sue sole forze è riuscito unicamente a ridurre il problema ad una scelta tra due soluzioni che si rivelano entrambe inadeguate, il pessimismo e l'ottimismo. Inadeguate tanto è vero che entrambe lasciano l'uomo senza nulla da fare, lo pongono davanti ad una situazione cui non c'è rimedio o alla quale non occorre rimedio. Questa è la causa di quella sensazione di immobilità che spesso si associa all'Asia e che sostanzia quella mancanza di salvezza che senza il cristianesimo avrebbe colpito anche l'Occidente.
La salvezza portata da Cristo e annunciata dal cristianesimo ha questa caratteristica peculiare: essa non è una teoria, né una morale. Possiede ovviamente una dottrina ed insegna una morale, così come faceva Cristo stesso, ma non consiste in esse, come Cristo non consisteva in esse. La caratteristica fondamentale della salvezza cristiana è di essere un fatto storico; la salvezza cristiana è una persona.
Una persona non può porsi come salvezza e significato delle cose, a meno che non sia l'Autore stesso delle cose: ecco la pretesa inconcepibile di Cristo.