Il pensiero di Chesterton - L'uomo cristiano 9 - La Caduta

"La mia sensazione che la felicità era sospesa al debole filo di una condizione prese un significato quando fu detto tutto: essa significava la dottrina della Caduta".
Autore:
Platania, Marzia
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Prima di addentrarci in questo secondo concetto (di Caduta, ndr), è importante sottolineare come l'esordio del pensiero di Chesterton vertesse proprio intorno alla questione del pessimismo e dell’ottimismo: risolvere questo paradosso era l'esigenza più fondamentale della sua intelligenza.
Trovavo nel mondo questo foro: la necessità di trovare un qualche mezzo per amare il mondo senza affidarglisi: di amare il mondo senza essere mondani.
D'altra parte vedevo questo prominente lineamento della teologia cristiana, come una specie di punta dura: l'insistenza dogmatica sulla personalità di Dio e sull'aver egli fatto il mondo separato da sé stesso. La punta del dogma si adattava precisamente al foro del mondo - era fatta evidentemente per incastrarvisi - e allora cominciò ad avvenire una cosa strana: dal momento che queste due parti delle due macchine vennero a combaciare, una nell'altra, tutte le altre parti ingranarono perfettamente con esattezza meravigliosa. lo potevo sentire pezzo per pezzo tutto il meccanismo mettersi a posto col rumore proprio dell'assestamento. [...] Uno dopo l'altro ogni istinto riceveva la sua risposta da una dottrina dopo l'altra.
(GKC, Ortodossia, pag. 110)
Il primo principio della filosofia delle fate era la meraviglia per l'esistenza delle cose, fondata sulla distinzione tra esistenza e necessità; la creazione dà pieno riconoscimento a quel sentimento della vita come sorpresa e sorpresa piacevole. La creazione non è qualcosa che potesse essere dedotto; come un nuovo poema di Shakespeare non poteva essere dedotto dalla conoscenza delle altre opere di Shakespeare o di Shakespeare stesso.
La creazione è un atto volontario e perciò arbitrario; non discende dalla natura di Dio ma unicamente dalla sua sovrana libertà. Poiché è frutto volontario di un creatore buono, che crea per amore, la creazione è naturalmente buona.
Il secondo principio della filosofia delle fate era quello della Gioia Condizionale, anche questo trova la sua dottrina fondante, o meglio trova la verità di cui era intuizione.
La mia sensazione che la felicità era sospesa al debole filo di una condizione prese un significato quando fu detto tutto: essa significava la dottrina della Caduta. (GKC, Ibid, pag. 110)
Anche il tema del naufragio, la necessità di aver cura delle cose perché minacciate dal nulla, trova la sua piena espressione:
Poiché, secondo il cristianesimo, noi siamo infatti i superstiti di un naufragio, la ciurma di un vascello d'oro, che era sprofondato prima del principio del mondo.(GKC, Ibid., pag. 111)
La Caduta è la soluzione che il cristianesimo offre al secondo paradosso che la ragione incontrava nel suo approccio al reale, il problema del male.

E' facile farsi un piano di vita, il cui sfondo sia nero, come fanno i pessimisti; e poi, lasciarvi qualche venatura dorata più o meno accidentale, o almeno letteralmente insignificante. Ed é altrettanto facile farsi un altro piano sulla carta bianca, come fanno gli Scientisti cristiani, e spiegare che non ci sono né macchie, né punti neri. Infine, più facile di tutto è, forse, dire - come fanno i dualisti - che la vita è un giuoco di scacchi in cui le due parti sono uguali; e che può dirsi con eguale verità che consista di pezzi bianchi su una tavola nera o di pezzi neri su una tavola bianca. Ma ognuno sente in cuor suo che nessuno di questi tre piani cartacei è come la vita, che nessuno di questi tre mondi è tale in cui si possa vivere. [...] capisce che l'ottimismo è morboso. Se possibile, anche più morboso del pessimismo. Tali sentimenti vaghi ma sani, s'ei li seguisse apparirebbero chiari nell'idea che il male è in qualche guisa un'eccezione, ma una enorme eccezione; e in fin dei conti che il male è una invasione e più veramente una ribellione. Egli non pensa che ogni cosa è retta o che ogni cosa è storta, o che ogni cosa è egualmente retta e storta. Ma pensa che il diritto ha un diritto d'essere diritto e perciò il diritto di esserci; e che il torto non ha diritto d'esser torto e perciò non ha diritto di esserci. E' il principe del mondo; ma è anche un usurpatore. (GKC, L'uomo eterno, pagg. 270 e 271)