Il pensiero di Chesterton - L'uomo cristiano 7 - Un'orda di bufali e di tigri
Poiché la chiave è necessariamente una cosa fatta secondo un disegno, questa aveva un disegno piuttosto elaborato. Il problema era un problema complicato. Nella chiave c'erano senza dubbio molte cose che parevano complicate: c'era soltanto una cosa che era semplice: apriva la porta.- Autore:
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“In secondo luogo, la forma della chiave è per sé stessa una forma piuttosto fantastica.
Un selvaggio il quale non sapesse che cosa è una chiave, avrebbe le maggiori difficoltà a indovinare che cosa potesse essere. Ed è fantastica perché è arbitraria. Una chiave non è materia di astrazioni: nel senso che una chiave non è materia di ragionamento. Essa o è adatta alla serratura, oppure non è. Inutile per gli uomini disputarvi attorno, considerata la cosa in sé stessa; o ricostruirla sui puri principi della geometria o dell'arte decorativa” (GKC, L’uomo eterno, pag. 237).
La risposta cristiana non è una semplice filosofia o una semplice mitologia. E' un fatto. In quanto fatto, non chiede di essere compreso come una teoria e delucidato in ogni particolare. Esso ha degli aspetti che rimangono oscuri per la ragione, per quanto essa gli si affatichi intorno. Un Dio apparso in forma umana, un’unica natura divina in tre persone uguali e distinte sono contenuti scandalosi per la ragione che restano scandalosi; essa mai riuscirà ad assimilarli completamente; e se essa potesse riuscirci "Mestier non era parturir Maria", diceva Dante Alighieri, diverrebbe inutile tutta l'opera della Redenzione. Ci sono contenuti, nel cristianesimo, che l'uomo non poteva giungere ad immaginare perché esulano dalle sue possibilità; proprio per questo la risposta ha dovuto essere un accadimento e non una teoria. Una cosa nuova è intervenuta nel mondo e vi ha introdotto ciò che prima non c'era: il significato. Questo significato non è una spiegazione, ma una persona: Gesù Cristo, il divino presente.
In terzo luogo, poiché la chiave è necessariamente una cosa fatta secondo un disegno, questa aveva un disegno piuttosto elaborato. [...] Il problema era un problema complicato. [...] Nella chiave c'erano senza dubbio molte cose che parevano complicate: c'era soltanto una cosa che era semplice: apriva la porta. (Id. Ibid. pag. 237)
Questo terzo punto risponde alla critica spesso rivolta alla Chiesa cattolica, di essere dogmatica e di condurre battaglie sanguinose per sottili questioni di teologia. Il dogma non è che una verità cui sia stata data definizione definitiva; nella misura in cui la ragione umana funziona producendo conclusioni certe, essa funziona producendo dogmi. Se inoltre la verità della Chiesa, come la funzionalità della chiave, derivano dal conservare tutte le varie dottrine che la compongono in un equilibrio difficile, come per la chiave la sua forma complicata, ecco che si giustifica ogni sforzo volto a conservare quell'equilibrio e quella forma. Un errore non è che una verità impazzita, una verità sfuggita dall'insieme della Verità e affermata da sola.
Infine (cosa più importante di tutte) questo fatto spiega quel che della storia del cristianesimo resta inesplicabile a tutti i critici moderni; voglio dire le mostruose guerre intorno a minuscole questioni di teologia [...] C'era la differenza di un pollice, ma un pollice è tutto quando si tratta di raggiungere un equilibrio. La Chiesa non può sgarrare di un capello se deve continuare il suo grande e rischioso esperimento di irregolare equilibrio. Una volta lasciato che un'idea perda di potenza, un'altra idea diventerà troppo potente. Non è un gregge di pecore che il pastore cristiano deve guidare, ma un'orda di bufali e di tigri, di ideali terribili e di dottrine divoranti (GKC, Ortodossia, pag. 137)