Il pensiero di Chesterton - L'uomo cristiano 6 - La chiave
"Un bastone può turare un buco o una pietra una fossa, per combinazione; ma una chiave ed una toppa sono più complicate, e se una chiave gira nella toppa vuol dire che è la chiave giusta".- Autore:
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L'uomo eterno, vale a dire il pagano del I secolo avanti Cristo, come l'uomo che dipinse sul soffitto della sua caverna, come noi qui ed oggi, si scontra così con il problema del male, che è il mistero di un segreto tradimento dell'universo per cui egli si trova costituito di una esigenza cui non sembra esservi risposta né seguendo l'istinto, né seguendo la ragione o l'immaginazione. La filosofia cerca di attingere la vita e si ritrova alle prese con astratte generalizzazioni, l'immaginazione è volta verso l'anormale da qualcosa di cui non sa spiegare la presenza.
E' a fronte di questo fallimento che acquista valore l'annuncio cristiano, perché esso si pone come la risposta esauriente alle esigenze umane. Nulla di più sconcertante di coloro che giudicano l'ortodossia come banale, antiquata e noiosa: essa è in realtà la cosa maggiormente interessante, e avventurosa. Quale maggiore avventura che scoprire sé stessi, quale più grande interesse che attingere il centro segreto dell'Essere dove tutti gli interrogativi e tutte le attese trovano riscontro? Questo la Chiesa afferma di essere: la risposta esauriente e totale, che non soddisfa solo questa o quella particolare esigenza dell'uomo o dell'uomo religioso, ma che soddisfa tutto l'uomo, l'uomo in quanto tale, che colma infine quel vuoto abissale che è la sua stessa natura. Essa afferma di essere quell’Inestinguibile di cui l'Insaziabile è costituito.
Ora è questo che io propongo si dica del cristianesimo; non pure che deduce verità logiche, ma che se talora diventa illogico vuol dire che ha trovato - diciamo cosi - una verità illogica. Non solo va diritto nelle cose ma va a traverso (se così si può dire) quando le cose vanno a traverso. Il suo piano segue le irregolarità segrete e aspetta l'inaspettato. (GKC, Ortodossia, pagg. 114 e 115)
Proprio questa capacità della dottrina cristiana di essere in certo qual modo più ragionevole della ragione stessa, di spiegare l'Essere con più capacità di penetrazione di qualsiasi altra teoria filosofica è per Chesterton la prova suprema della sua verità
Un bastone può turare un buco o una pietra una fossa, per combinazione; ma una chiave ed una toppa sono più complicate, e se una chiave gira nella toppa vuol dire che è la chiave giusta. (GKC, Ortodossia, pag. 115)
L'immagine della chiave ritorna a più riprese in tutte le opere di più ampio respiro apologetico, da Ortodossia all’Autobiografia, ma viene diffusamente spiegata in L'uomo eterno. La sua corrispondenza è ivi riassunta in tre punti
Primo, una chiave è anzitutto una cosa che ha una forma; ed è una cosa che dipende dal conservare la sua forma. Il credo cristiano è soprattutto la filosofia della forma ed è nemico delle cose informi. (GKC, L’uomo eterno, pag. 236)
Questo odio dell'informe deriva essenzialmente dalla dottrina della creazione: la forma non è la colpa, non è ciò che separa le cose dal divino, condannandole alla finitezza. La forma è lo scopo della creazione. La redenzione non è redenzione dalla forma, ma redenzione della forma: redenta, perché Dio stesso l'ha assunta.
Il frutto è finale, e in questo senso finito: ha una forma e perciò un limite. Vi sta impressa un’immagine che è la corona e la consumazione di uno scopo. I mistici medioevali usavano la stessa metafora e parlavano di Fruizione.
Applicata all'uomo significa questo: che l'uomo è stato fatto più sacro di qualsiasi superuomo o super-scimmia; che i suoi stessi limiti sono ormai divenuti santi e simili ad una casa; a causa di quel breve spazio scavato nelle rocce, dove Dio si fece piccolissimo. (GKC, Autobiografia, pag. 229)
La poesia del limite è qui giustificata come istinto e fondata teologicamente. Il credo soddisfa una delle prime esigenze di Chesterton, di una dottrina che salvi il particolare, l'uomo singolo non meno delle brutte tendine a palline, i lampioni non meno delle stelle. Il paradiso non è il Nulla, è un luogo preciso, fino a giustificare in qualche modo la fantasia chestertoniana dell'uomo che desidera trovare in Cielo il suo cottage, con davanti la siepe verde e la rossa buca delle lettere.