Il pensiero di Chesterton - L'uomo come bisogno 4 - L'umiltà madre di giganti
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
C'è una seconda implicazione della antropologia chestertoniana, oltre la centralità più volte richiamata dell'uomo comune; non solo la ricerca intellettuale, come definizione del significato ultimo dell'esistenza non è prerogativa del filosofo, ma è problema che investe l'uomo di qualsiasi tempo e condizione, ma esso non è neppure un problema meramente intellettuale. Il requisito principale della ricerca non sarà allora tanto una capacità logica o concettuale, quanto una condizione di tipo morale, la serietà dell'impegno con gli interrogativi che l'esistenza propone. La risposta all’interrogativo ultimo chiede di essere tanto esistenziale quanto logica. Questo è ciò che garantisce anche la dignità di ogni uomo e permette di guardare alla fede ingenua del selvaggio con lo stesso rispetto con cui si guarda ai prodotti del più alto ingegno filosofico; e tra questi due estremi permette di rammentare all'uomo comune l'importanza delle sue scelte e dei criteri che le sottendono. Ogni uomo deve stabilire da sé qual è lo scopo finale che egli serve; l'uomo comune non è esentato da questa ricerca, né questa ricerca richiede condizioni alle quali non sia in suo potere accedere
"Se l'uomo comune non fosse autorizzato a discutere la realtà della vita, perché dovrebbe essere tenuto a viverla?" (GKC, G. B. Shaw, pag. 214)
La elaborazione di una visione del mondo il più possibile esatta, necessità che è intellettuale ed esistenziale, chiede una apertura che è sì un uso spregiudicato della ragione, una capacità di accogliere i dati dell'esperienza in una sintesi chiarificatrice e feconda, ma richiede anche ed in misura maggiore un atteggiamento previo che possiamo definire una innocenza, un amore alla verità più grande dell'amore a sé. Questo atteggiamento Chesterton chiama appunto umiltà, madre di giganti. Essa consiste nel farsi piccolo dell'uomo per poter ascoltare la realtà e non imporre alle cose la propria, inadeguata, misura. Quando Chesterton definiva la ragione come finestra, aperta, illuminata ed invisibile, secondo la definizione che ne abbiamo data, proseguiva poi dicendo
"L'umiltà é la lussuosa arte di ridurre noi stessi ad un punto, non ad una cosa piccola o grande, ma a qualcosa senza dimensioni così che tutti gli oggetti appaiano al confronto come sono in realtà: di altezza incommensurabile." (GKC, Il bello del brutto, pag. 79)
La ragione è esigenza di significati, l'umiltà è la pazienza necessaria ad attendere che le cose svelino da sé il proprio significato, così come gli indizi rivelano i loro segreti a Gabriel Gale, l'investigatore poeta. Non si può arrivare alla verità che attraverso un lavoro che è tanto intellettuale quanto morale e questo come riflesso di quella strutturale unità di ragione e libertà che abbiamo delineato. Il problema del significato è un problema di tutto l'uomo, così come è un problema di tutti gli uomini. Il legame tanto spesso notato tra errore filosofico e delitto non è che il rovescio della medaglia di questo legame più essenziale tra innocenza e verità: solo l'innocenza come onestà intellettuale è via alla verità e solo la verità può conservare l'innocenza. Il primo e fondamentale requisito di questa ricerca è unicamente la passione per la verità; verità che non è una verità qualunque, ma la verità di sé.