Il pensiero di Chesterton - L'uomo come bisogno 3 - Centralità dell'uomo comune

Autore:
Platania, Marzia
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Un terzo filo giustifica invece l'importanza che abbiamo visto accordare all'uomo comune. Perché che questa sia la struttura dell'uomo in quanto tale non può che significare che è la struttura di ogni uomo.
L'esigenza di definire il significato ultimo dell'esistenza e del cosmo non è allora, e non può essere, una preoccupazione aliena all'uomo della strada.
Se l'uomo è questa domanda, che si esprime e articola a diversi livelli di esperienza ma è tuttavia un'unica domanda, che coincide con la sua natura di essere razionale e libero, allora tutte le sue esperienze devono connettersi a questo punto centrale, e anzi vi sono realmente connesse come le infinite code all'unico capo. Nessuna attività umana sarà allora separata da questo interrogativo ultimo e proprio per questo la definizione del significato ultimo dell'uomo e del mondo non è estranea, ma inerisce e anzi definisce ogni azione dell'uomo. Ogni azione umana sarà allora come un protendersi verso quel fuori di sé dal quale in vari modi e a vari livelli si attende la risposta. Ogni azione umana è allora tentativo filosofico. La filosofia dei filosofi sarà il tentativo di definire questo significato ultimo in un sistema teoricamente compiuto e come tale sarà il campo d'azione di una cerchia ristretta di uomini, i filosofi appunto. Poiché però, non solo una risposta è necessaria ad ogni uomo ma lo è a tal punto che ogni azione disegna comunque una risposta, per quanto in maniera magari inconsapevole ed incompiuta o contraddittoria, in questo senso la filosofia non è problema astratto dei filosofi ma pertinenza di ogni uomo, secondo la nota affermazione di G. B. Shaw, che Chesterton caldamente condivideva, che la filosofia non è appannaggio di coloro che passano dagli esami di maturità a quelli di laurea, ma di tutti coloro che passano dalla culla alla tomba.
Questa è la ragione del rivolgersi di preferenza all'uomo della strada, all'uomo qualunque: ogni uomo ha come problema essenziale e quotidiano quello di determinare il significato del mondo e il proprio. Non è questa una questione astratta, ma concretissima. Infatti ogni uomo in quanto agisce afferma un significato per il quale agisce.
La religione [che coincide con la definizione dei significati ultimi] é proprio la cosa che non può essere trascurata perché include tutto: persino la persona più distratta non può fare la valigia lasciando fuori la valigia. Noi possediamo, (ci piaccia o no) una concezione della realtà che modifica, o per dirla più precisamente, crea e involve ogni cosa che diciamo o facciamo, ci piaccia o no. (GKC, Eretici, pag. 235)
La modernità ha come suo vanto il rifiuto dei dogmi e delle certezze assolute; questo rifiuto è però esso stesso un dogma. A tal punto l'uomo consiste di quell’interrogativo che il rifiuto di considerarlo si configura esso stesso, anche contro la sua volontà, come una risposta. Il rifiuto della metafisica è una risposta metafisica. Ogni uomo ha una sua visione del mondo in base alla quale giudica ed agisce; ogni uomo ha una sua filosofia; ogni uomo è filosofo per il semplice fatto di esistere. L'uomo non può eludere la sua stessa natura di vivente interrogativo e di vivente costruttore di risposte. E' importante perciò che ogni uomo sia consapevole della filosofia che magari non professa ma che comunque vive perché solo così può metterla in discussione e vagliarla alla luce dei fatti; se non ne è consapevole, la subisce e subendola, tradisce la propria natura, abdica al corretto uso della sua ragione e mette in pericolo la sua libertà. Chesterton si è assunto il compito di richiamare i suoi contemporanei a questa serietà di fronte alla vita, perché ogni uomo possa essere consapevole di ciò che pone come significato di tutto, e quindi valutando la sua adeguatezza alla ragione e alla esigenza di felicità possa essere pienamente responsabile delle proprie azioni e scelte.