Il pensiero di Chesterton - L'uomo come bisogno 1 - Una triplice dimensione
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La definizione della natura essenziale dell'uomo come ragione e libertà ha alcune importanti e centrali conseguenze. Essa ci ha posto infatti al centro della ricerca e del percorso filosofico chestertoniano, nel luogo ove tutte la diverse tematiche dei suoi articoli, saggi e romanzi trovano il loro nodo focale e la loro giustificazione; ci troviamo per usare l'immagine cara al nostro autore dall'altro lato, il lato giusto, dell'arazzo della sua opera.
Il primo filo che da questo centro si diparte è la carnalità, la materialità dell'uomo. Se da un lato abbiamo visto svilupparsi la definizione dell'uomo come ragione, microcosmo, specchio in cui tutto si riflette in aperta antitesi con il tentativo scientista di ridurre l'uomo alla sua materialità e naturalità, dall'altro nulla è più alieno dalla mentalità di Chesterton dal rigettare tale materialità per ridurre l'uomo ad un fantasma disincarnato, un essere di puro spirito. La definizione che abbiamo dato dell'uomo come ragione e come libertà non nega, ma anzi sottolinea e pretende la dimensione materiale. E' infatti caratteristica della ragione nutrirsi dei fatti cui attinge attraverso quelle cinque finestre che sono i suoi sensi. In modo ancora più immediato la libertà proietta l'uomo fuori da sé stesso verso la materialità. La scelta della libertà infatti si determina attraverso una azione, cioè attraverso il movimento, tanto che l'adorazione della volontà, se fosse coerente, implicando la incapacità di una scelta si risolverebbe in una paralisi, che è una paralisi reale, fisica. Il corpo è il tramite tra il mondo e la ragione e viceversa, tra la libertà e il mondo.
C'è una definizione dell'uomo che tiene dentro questi tre aspetti fin qui delineati, la ragione, la libertà o volontà e la carnalità; secondo questa definizione sintetica l'uomo è bisogno. Bisogno di significato, ed è ciò che definisce la ragione; bisogno di un bene ultimo cui dirigere le proprie scelte, ed è la libertà; bisogno infine di ciò che sostiene la sua esistenza di essere materiale, dei beni materiali e di una materiale felicità.
L'essenza stessa dell'uomo viene cosi a delinearsi non come una positività e una pienezza, ma come una assenza. La natura più propria e profonda dell'uomo sarà il suo essere una mancanza, una debolezza, un vuoto urgente. Un vuoto cioè che si fa domanda proiettando l'uomo da un lato verso la ricerca della risposta alla domanda, espressione suprema della ragione, sul significato ultimo di sé e del mondo, dall'altro verso la ricerca strettamente connessa di un bene per sé che è tanto carnale quanto spirituale.
Non si possono separare nell'uomo questi due diversi piani, tanto sono in lui strettamente intrecciati. Dal bisogno del cibo alla brama di conoscenza, dalla necessità degli abiti all'anelito inestinguibile all'infinito e all'eterno, l'uomo è tutto un grido di domanda. Questa domanda è tuttavia una sola domanda, non tante diverse domande appena giustapposte: è la natura stessa dell'uomo come mancanza che attraverso esse si esprime. Ciò significa che non è possibile rispondere ad una sola di esse; e non solo che non sia sufficiente. Da questa intuizione nascono le obiezioni di Chesterton alle politiche verso i poveri che pretendevano di dare al problema una risposta in termini unicamente di efficienza. Non si può tendere ad un affamato un pezzo di pane senza porgergli, con quello, la visione del mondo che sostiene quel gesto. In uno dei romanzi di Padre Brown, un filantropo viene ucciso da due suoi beneficiati e allo scandalo di chi si indigna di tanta ingratitudine, il prete detective addita l'offesa che era implicita nel suo modo di fare loro del bene, il non riconoscimento della loro dignità di uomini; offesa che il bene materiale, che era stato loro offerto, non bastava a pagare, ma anzi rendeva più amara. L'uomo è uno solo, una sola domanda che attraversa tutta la sua carnalità, la sua natura di essere bisognoso di riparo, di cibo, di abiti, di sicurezza, di dignità personale, fino al suo bisogno di vivere in società, con tutti i relativi nuovi bisogni che da ciò derivano; al suo culmine questo bisogno diventa domanda di un significato esauriente per tutto, di un accesso permanente alla dimensione, per lui impossibile, della felicità, dell'infinito e dell'eterno.