Il pensiero di Chesterton - Il Natale 4 - Il Nemico
Filosofia e mitologia potevano essere tolleranti perché non erano complete: il cristianesimo era completo e perciò intollerante. Intollerante dell'errore e perciò anche intollerabile dall'errore. Il cristianesimo si pone come una cesura irrimediabile.- Autore:
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c) Il Nemico
Il racconto del Natale non è completo se lascia fuori il mistero dei Santi Innocenti, ovvero la strage ordinata da Erode per eliminare il piccolo presunto rivale. Non si può comprendere nulla se non si sottolinea questa presenza, fin dall'inizio, del male. Il mito e la filosofia qui si sono infranti: il mito si è lasciato corrompere proprio per non aver riconosciuto la presenza del male, adorando la natura fino a diventare innaturale; per la filosofia il male è il paradosso supremo ed inspiegabile che la muove verso i due falsi estremi di considerare tutto male o tutto bene, di elaborare una filosofia del pessimismo che opprime l'uomo o una filosofia dell'ottimismo che censura la realtà. Nel racconto del Natale il male è presente e svela la sua profonda natura, quella di essere insieme il principe del mondo, ed un usurpatore, come Erode, che non vuole cedere il passo neppure a Dio in persona.
La chiesa è quindi da subito, dal Natale, una chiesa militante. E' una sfida. Filosofia e mito avevano convissuto tra di loro senza attacchi vicendevoli e senza attacchi esterni. L'annuncio del cristianesimo fu da subito lo squillo di una tromba di guerra. Da un lato il Principe del mondo non poteva tollerare che il vero significato del mondo fosse realmente presente in esso, perché perdeva cosi il suo potere di usurpatore. Dall'altro neppure il cristianesimo, filosofia universale, poteva tollerare filosofie parziali, che lasciavano fuori qualcosa, negando qualche verità essenziale; neppure poteva tollerare che l'ombra, il mito, tenesse il posto della realtà. Filosofia e mitologia potevano essere tolleranti perché non erano complete: il cristianesimo era completo e perciò intollerante. Intollerante dell'errore e perciò anche intollerabile dall'errore. Il cristianesimo si pone come una cesura irrimediabile.
Per riassumere questi tre punti non posso resistere alla tentazione di usare le parole stesse con cui Chesterton magistralmente li riassume:
"Esse sono tre cose distinte e contrastanti, che, tuttavia, rappresentano una cosa sola; ma questa è l'unica cosa che può fare di esse una cosa sola. La prima è l'umana aspirazione ad un cielo che sia letterale e locale come una casa. E' l'idea perseguita da tutti i poeti e dai costruttori di miti pagani: che un luogo particolare deve essere il tempio di Dio [...] Qui non parlerò della incapacità del razionalismo a soddisfare tali esigenze. Dico solo che se i razionalisti non possono soddisfarle, i pagani non potranno essere soddisfatti. [...]
Il secondo elemento è una filosofia più larga delle altre filosofie [..] Essa guarda il mondo da cento finestre [...]. Vede la vita con mille occhi appartenenti a migliaia di persone diverse [...] Ha qualche cosa da dire e da dare ad ogni sorta di uomini, comprende i segreti della psicologia, è consapevole della profondità del male, è capace di distinguere tra reali e irreali meraviglie e miracolose eccezioni, tien conto dei casi difficili; e tutto ciò con una molteplicità e una sottigliezza ed una immaginativa, secondo la varietà della vita, che è molto al di sopra delle nude e ventose generalità di quasi tutta la filosofia morale antica e moderna. In una parola in essa c'è più roba; essa trova nell'esistenza più materia di meditazione; trae più risorse dalla vita [...]
E il terzo punto è questo: che nel mentre c'è abbastanza carattere locale per i poeti, e c'è più larghezza che in ogni altra filosofia, il cristianesimo è anche una sfida e un combattimento. Mentre è ancora deliberatamente esteso fino ad abbracciare ogni aspetto della verità, è ancora rigidamente schierato contro ogni sorta di errore. Convince ogni sorta di uomini a combattere per lui, porta nel combattimento ogni sorta di armi, allarga la sua conoscenza delle cose pro e contro le quali combatte con tutte le armi della curiosità e della simpatia; ma non dimentica mai che sta combattendo". (GKC, L'uomo eterno, pagg. 201 e 202)