Il pensiero di Chesterton - Il Natale 3 - I magi

I filosofi cercano la Verità, e non potevano mancare sulla scena di Betlemme. Essi sono infatti rappresentati dai quei misteriosi personaggi che valicano chissà quali vasti spazi per cercare qualcosa che le loro teorie hanno preannunziato. La tradizione del Natale li chiama magi, ma possiamo ben chiamarli filosofi, matematici o scienziati.
Autore:
Platania, Marzia
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
Vai a "Chesterton: il pensiero"

b) I magi, ovvero la filosofia
I filosofi cercano la Verità, e non potevano mancare sulla scena di Betlemme. Essi sono infatti rappresentati dai quei misteriosi personaggi che valicano chissà quali vasti spazi per cercare qualcosa che le loro teorie hanno preannunziato. La tradizione del Natale li chiama magi, ma possiamo ben chiamarli filosofi, matematici o scienziati.
Essi non cercavano fiabe ma verità, e poiché la loro sete di verità era per sé stessa sete di Dio, anch'essi hanno avuto il loro premio. Ma per capire il valore di quel premio, dobbiamo capire che, per la filosofia come per la mitologia, quel premio era il completamento dell'incompleto. (GKC, L'uomo eterno, pag. 194)
Occorreva alla filosofia un previo sacrificio, che è l'acquisizione di quell'atteggiamento di umiltà intellettuale che abbiamo descritto. Occorreva allora, come occorre ancora oggi. I magi rappresentano allora i filosofi che hanno umiltà sufficiente a cercare con fatica un completamento alle loro teorie, nel riconoscimento che esse non sono sufficienti.
Ma i Sapienti devono cercare la Sapienza e per essi deve esserci una luce anche intellettuale. E la luce è questa: che il credo cattolico è cattolico, e che null'altro è cattolico. La filosofia della Chiesa è universale. La filosofia dei filosofi non era universale. (Id. Ibid. pag. 197)
Ciò che mancava alla filosofia era la comprensione profonda dei fatti. Essa cercava, per restare sempre nello stesso paragone, di ricopiare il mondo in una riproduzione da cui scaturisse il significato, ma malgrado i suoi sforzi ne veniva fuori sempre e solo un diagramma senza vita. Voleva trarre il senso e si trovava a stringere vuote semplificazioni. Voleva comprendere tutto e doveva ammettere di aver lasciato sempre qualcosa fuori. Quando cercava la realtà del mito, per esempio, ne tirava fuori qualcosa che nulla aveva a che fare con esso: non la vita, ma l'allegoria. Nel Natale, la filosofia impersonata dai magi si inchina di fronte alla realtà.
Questo è il punto importante: che i Magi, che rappresentano il misticismo e la filosofia, possono essere concepiti come alla ricerca di qualche cosa di nuovo e come trovantesi di fronte a qualche cosa di inaspettato. (Id. Ibid. pag. 196)
I magi hanno davanti a loro nella grotta di Betlemme il significato del mondo; esso non deve essere più inventato o teorizzato, così come non ha più bisogno di essere immaginato nel mito, perché semplicemente c'è. E' un bambino. Esso chiede solo di essere riconosciuto.
Il fatto che il significato del mondo sia un bambino e non una teoria è lungi dal lasciare il filosofo con nulla da fare, o magari dal chiedergli di rinunciare alla filosofia come indagine. Il significato che la ragione non riusciva ad attingere ora si è fatto presenza, si è reso un fatto esso stesso, proprio perché la ragione potesse conoscerlo. Ciò che mancava alla filosofia è giunto per una via dalla quale non era atteso, pur tuttavia è giunto. E' compito della ragione ora applicarsi ad esso per trarne una filosofia veramente universale.