Il pensiero di Chesterton - Il Cristo 1- Una figura eccezionale
Se il bambino di cui a Natale festeggiamo la nascita è dunque la realizzazione delle attese della mitologia e della filosofia, non possiamo esimerci da una rapida indagine intorno a chi sia questo Gesù di Nazaret.- Autore:
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Il Cristo
Se il bambino di cui a Natale festeggiamo la nascita è dunque la realizzazione delle attese della mitologia e della filosofia, non possiamo esimerci da una rapida indagine intorno a chi sia questo Gesù di Nazaret. Ne L'uomo eterno Chesterton ci conduce, attraverso pochi rapidi schizzi, a notare l'eccezionalità della figura di Cristo. Tale eccezionalità è per noi offuscata sia dall'abitudine indotta da una lunga consuetudine, sia dalle molte interpretazioni che ci propongono una figura del Cristo già ridotta secondo uno schema. Siamo perciò invitati a compiere un atto di purificazione intellettuale che consiste nell'immaginare di leggere il Vangelo per la prima volta, con lo stesso spirito con cui potrebbe leggerlo un cinese colto, o con il quale noi potremmo leggere una antica leggenda cinese.
Una lettura di questo genere ci metterebbe davanti una figura che non avrebbe paragone con nessuna altra figura della letteratura religiosa.
In primo luogo, se guardiamo alla morale che l'uomo descrittoci dai Vangeli insegna, possiamo notare che essa non ha nulla in comune con quella dei filosofi antichi o dei moralisti moderni. Essa non è una morale moderata, e nemmeno una morale elevata, come potrebbe essere l'ideale morale dipinto da un filosofo. E' una morale sorprendente, piena di strane ed assurde pretese. Quando Maometto prescrive un massimo di quattro mogli, stabilisce una regola morale che è ragionevole per una società in cui vige la poligamia.
Quando permise ad un uomo quattro mogli, egli fece qualcosa di realmente adatto alle circostanze e che non sarebbe stato adatto in altre circostanze.
Nessuno pretenderà che le quattro mogli fossero come i quattro venti, qualche cosa di partecipante all'ordine di natura; nessuno pure dirà che il numero quattro era scritto per sempre nella volta del cielo. Ma nessuno neppure dirà che il numero quattro è un ideale inconcepibile [...] Ma Cristo, a proposito del matrimonio non si riferisce alle condizione e agli usi della Palestina del primo secolo. Non subisce alcuna influenza, non suggerisce niente, salvo il concetto sacramentale del matrimonio, sviluppatosi più tardi per mezzo della Chiesa cattolica. Era cosa tanto difficile allora quanto è oggi. Era più sorprendente allora che non sia oggi. [...] Noi possiamo ritenerlo un ideale incredibile o impossibile, ma non lo possiamo ritenere più incredibile o impossibile di come l'avrebbero creduto loro.
(GKC, L'uomo eterno, pagg. 213 e 214)