Il pensiero di Chesterton - Il contenuto dell'annuncio cristiano 1 - Il Natale
Il contenuto centrale e determinante del cristianesimo è l'annuncio dell'Incarnazione, l'inconcepibile evento di un Dio fatto uomo.- Autore:
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Il contenuto dell'annuncio cristiano
Il Natale
Il contenuto centrale e determinante del cristianesimo è l'annuncio dell'Incarnazione, l'inconcepibile evento di un Dio fatto uomo.
Questo evento ha due caratteristiche che lo pongono in stretto rapporto con quanto la nostra analisi dell'approccio filosofico e mitologico ha evidenziato.
Rispetto alla ragione esso è scandaloso, impensato perché impensabile, imprevedibile. Occorrerebbe sciogliere duemila anni di assuefazione per cogliere l'assoluta novità di una simile pretesa: basta forse ricordare l'impatto che esso ebbe sul severo senso religioso degli ebrei, che si stracciarono le vesti davanti alla bestemmia inaudita di un uomo che si fa Dio; oppure alle risate ironiche dell'Areopago davanti ai discorsi su un uomo risorto dai morti. Oppure basterebbe forse chiedersi
Che proveremmo noi al primo bisbiglio di quel genere sul conto di qualcuno?
Certo, noi non sapremmo biasimare chi trovasse quei primi sussurri semplicemente empi ed insani. Al contrario, inciampare in quella pietra dello scandalo è il primo passo. L'intera e ferma incredulità è un assai più leale tributo alla verità che non una metafisica modernista che la mettesse fuori a piccole dosi. (GKC, L'uomo eterno, pag. 218)
Questa prima caratteristica manca di colpirci perché noi tutti uomini occidentali siamo, dice Chesterton, cristiani psicologi, anche se non teologi. Vale a dire che, se pur non credenti, siamo imbevuti della cultura cristiana che ci rende questi contenuti familiari. Per questo abbiamo affrontato il problema a partire dal punto di vista di un pagano antico, che sentisse l'annuncio cristiano per la prima volta. Ebbene, un pagano troverebbe questo annuncio incredibile, e un pagano dotato di alto senso religioso lo troverebbe anche blasfemo. Si potrebbe allora pensare, a questo punto, che l'annuncio cristiano è contrario alla ragione e che nulla ha a che fare con la filosofia. Invece l'annuncio cristiano, a differenza del mito, interroga profondamente la ragione, perché si pone a livello di un fatto accaduto. Questo annuncio impegna la ragione a giudicarlo come un fatto nel novero dei fatti, come fatto storico.
Non è quindi estraneo alla ragione, anche se la pone di fronte a qualcosa per essa inconcepibile.
La seconda caratteristica dell'annuncio cristiano è che esso corrisponde profondamente alle esigenze esistenziali dell'uomo. Tutte le attese che nella mitologia erano espresse, sono qui soddisfatte in una maniera umanamente inimmaginabile. Ciò di cui la mitologia era sogno, qui è realtà. Una realtà irresistibilmente attesa che però, nel suo manifestarsi, sorprende come qualcosa di inaspettato. Qualcosa che insieme soddisfa e deborda dai limiti.
Tutti i fattori del problema umano e della sua soluzione sono già presenti nel racconto del Natale, che ci serve nella sua semplicità come prima introduzione ai contenuti più salienti della concezione cristiana dell'uomo, del mondo e della storia.
Per primo il fattore che è al di fuori di tutti i fattori, perché è ciò che li giustifica. Il Natale è la storia di un inaudito rovesciamento per cui il destino che fa tutte le cose accetta di essere fatto come la più piccola e inerme delle cose, un bimbo, in tutto dipendente, come ogni infante, dalla madre che lo ha generato. Il Creatore che stende il cielo come una tenda è interamente nella creatura più piccola e bisognosa: questo è il paradosso del Natale. Occorre liberarsi dalla assuefazione per cogliere nella sua interezza questo strabiliante racconto.
Ogni ateo o agnostico, che nella sua infanzia abbia conosciuto veramente il Natale, avrà poi sempre, voglia o non voglia, nella sua mente un'associazione di due idee che moltissima gente deve considerare come remote l'una dall'altra: l'idea di un bambino e l'idea di una forza sconosciuta che regge le stelle. Il suo istinto e la sua immaginazione possono ancora connetterle insieme, quando la sua ragione non vede più la necessità della connessione. [...] Ma le due idee non coincidono naturalmente o necessariamente. Non sarebbero necessariamente connesse per un greco antico o per un cinese, fossero pure Aristotele o Confucio. Non è naturale connettere Dio con un infante più di quanto sia naturale connettere la gravitazione con un piccolo gatto. (GKC, Ibid., pag. 187)
Il paradosso dell'Incarnazione è espresso nel racconto del Natale nella sua forma più eccessiva. Esso è nella sua essenza un rovesciamento dell'immensamente grande nell'immensamente piccolo
Tutti gli sguardi di stupore e di riverenza, volti fuori verso quanto c'è di più grande, furono rivolti allora verso quanto ci può essere di più piccolo [...] Dio, che era stato solo una circonferenza, fu visto come un centro; e un centro è l'infinitamente piccolo. (GKC, Ibid., pagg. 187 e 189)
Questo rovesciamento è però qualcosa non di estraneo, ma di estremamente familiare, anche se sconcertante
E' piuttosto qualcosa che ci sorprende dal didentro, dalla parte nascosta e personale del nostro essere [..]. E' piuttosto come se uno avesse trovato nel cuore della propria casa una stanza di cui non aveva mai sospettato l'esistenza, e visto una luce emanare dall'interno. (GKC, Ibid., pag. 203)
Queste sono le caratteristiche generali del Natale, in quanto sono le caratteristiche generali del cristianesimo. Esaminiamo ora i tre fattori presenti nel racconto del Natale, come primo esordio storico del cristianesimo.