I Poemi omerici
Memoria di un popolo che vive- Autore:
- Fonte:
La cosa strana, per chi si appresta a leggere o a studiare oggi l'Iliade e l'Odissea, è pensare come le prime due opere letterarie che la storia abbia conservato alla nostra memoria siano due capolavori già compiuti e perfetti, così monumentali e totalizzanti di tutto il sapere della civiltà che li ha generati, che neppure il tradizionale nome Omero, a cui ne è attribuita la paternità, riesce a contenere in sé tutte le mani che ad essi abbiano contribuito.
La cosa che più immediatamente colpisce, infatti, di fronte a queste colonne della nostra cultura, è la percezione della loro totale unità culturale, capace di raccogliere attorno alle vicende di Troia le tradizioni e le storie di popoli, villaggi e regni che fino ad allora vivevano separati: questa unità culturale fu talmente forte e cogente che addirittura, attorno ai due primitivi nuclei narrativi dell'ira di Achille e del ritorno di Odisseo, fu in grado di costruire due interi poemi. Fu così che dal secolo XII, a cui si attribuisce la tradizione storica degli eventi narrati, all'incirca fino al secolo VIII, in cui si crede essere stata redatta l'intera opera, durante quei secoli bui che la storia ci riporta come il medioevo ellenico, generazione dopo generazione, cantore dopo cantore, fu costruita con l'apporto di tutti la cattedrale più monumentale che il popolo greco abbia mai edificato. Ogni epoca apportò il suo contributo al nucleo fondamentale attorno a cui si snodava la tradizione degli eventi e questo è testimoniabile a partire dalle discrepanze interne che sopravvivono ad una lettura attenta dei poemi, quali l'apparire in unico lavoro di forme linguistiche di diverse età e provenienze, o semplicemente il presentarsi contemporaneo, nella narrazione della guerra, di armi di bronzo con armi di ferro, appartenenti a periodi diversi della storia. L'Iliade e l'Odissea, dunque, sono canti di conservazione di questa memoria storica, nell'arricchimento personale, da parte di ogni singolo carisma greco, a quella vicenda di grecità a cui ognuno era chiamato ad appartenere; il grande merito di Omero, o presunto tale, non è stato altro se non quello di fermare e trascrivere quel patrimonio comune che, affidato soltanto alla memoria orale, rischiava di andare perduto, e di averlo posto nella forma poetica più perfetta e genuina. E davvero forse nessun altro genere di poesia diverso dall'epica avrebbe potuto e saputo descrivere in modo migliore lo stupore di quel popolo che, ormai grande ed adulto, alla vigilia del suo massimo apogeo, riguardava con commozione alle vicende che avevano dato inizio alla sua storia. Così, in quest'ottica, tutto il repertorio di formule, di epiteti ed anche di esagerazioni nel racconto non possono che far parte di quell'esperienza umana comune a tutti di chi, pensando all'inizio di una cosa bella, non fa che ingrandirla, mitizzarla, esaltarla alla luce di un presente più compiuto. E nulla seppero cogliere meglio i Greci, attraverso la rivisitazione del loro passato, se non la bellezza del presente e la straordinarietà della realtà, colta nel suo inevitabile aggancio con la vita quotidiana: di questo rapporto esclusivo con la realtà i poemi omerici sono un documento efficace, da una parte, nell'illimitato numero di similitudini che in essi trova luogo, e dall'altra, nell'esplicito intento enciclopedico-didascalico di cui in molte parti si animano.
Anche noi oggi leggiamo l'Iliade e l'Odissea, la massima espressione culturale della grecità a cui, radicalmente, apparteniamo; non conoscere Omero intimamente e profondamente, oggi significherebbe leggere il libro della nostra odierna cultura senza la sua adeguata premessa, senza la sua radicale intenzione, viva nell'intuizione, totalmente greca, della bellezza della natura e della vita e descritta magistralmente nella immortalità della poesia a cui è affidata. In questo i Greci rappresentano l'intenzione più profonda da cui trae spunto la nostra civiltà: chi non fosse d'accordo, provi ad immaginare come sarebbe oggi il mondo se i Persiani avessero vinto le guerre persiane...