L'ora di religione a scuola
Che la questione dell’IRC (Insegnamento della Religione Cattolica) riappaia ogni tanto sui vari mass-media e sui social è segno di un notevole interesse (di amici e avversari) riguardo all’argomento stesso. Oltre alla questione della libertà di educazione, di responsabilità delle famiglie e della laicità della scuola dello stato, anche la verifica dei contenuti e la sua effettiva utilità nell’ambito scolastico stesso chiedono una chiarezza di giudizio. Per questo apriamo il dibattito sulle nostre pagine. A cui si può partecipare liberamente (purché con la capacità di dare le ragioni). I contributi che ora offriamo stimolano a un serio confronto sul piano civile ed educativo.- Autore:
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Non possiamo nasconderci di fronte ai problemi. Il 22 giugno 2016 Avvenire ha ospitato una lettera di un professore di storia e filosofia di Varese e la risposta del Direttore del giornale Marco Tarquinio.
Che cosa appare con drammatica evidenza? Riporto due importanti contributi di giudizio , per capire da un lato che l’impietosa analisi del professore (forse più laicista che laico) di Varese, sullo stato della consapevolezza dei giovani a proposito degli elementi costitutivi del cattolicesimo è di una disarmante nullità e dall’altro che, proprio perché non di catechesi si tratta, la necessaria presenza di tale insegnamento nella scuola dello Stato contribuisce alla maturazione degli allievi italiani, indipendentemente dalle loro convinzioni religiose.
Ma quello che appare sembra essere la quasi totale irrilevanza dell’insegnamento della religione cattolica ai fini di una conoscenza elementare dei contenuti della dottrina cattolica stessa. Che significa anche la sua inutilità (stanti proprio le motivazioni concordatarie che giustificano tale insegnamento «confessionale» nella stessa scuola dello stato, nella certezza che la giusta «laicità» della scuola non ne viene minimamente intaccata).
Sorge spontanea la domanda: «Ma qual è lo statuto epistemologico dell’IRC?». Posto che non è catechesi ma cultura, qual è la definizione di cultura? Non è forse coscienza critica e sistematica della realtà?
E se allora l’esito non è affatto la crescita della consapevolezza, quindi un di più di cultura, non bisognerà interrogarsi sulla qualità e preparazione degli insegnanti stessi? E non solo sulle competenze pedagogiche e didattiche (anche se qui una domandina ce la faremmo) ma sul possesso degli elementari elementi di consapevolezza dei rudimenti della Dottrina cattolica e della storia della Chiesa. E forse, almeno per i docenti, una ripassatina al Catechismo della Chiesa cattolica non ci starebbe male!
P.S.: Quello che è certo è che la questione dell’insegnamento della Religione cattolica nella scuola deve interessare in particolare chi guida la Chiesa in Italia. La preparazione dei docenti e la verifica sulla qualità (cattolica) del loro insegnamento non può essere aleatoria. I Corsi di aggiornamento devono garantire la correttezza dei contenuti trasmessi. Ed è certo che, se tra i maestri annoveriamo persone della qualità (scadente) di Enzo Bianchi, allora non potremo lamentarci per l’inconsistenza e l’ignoranza dei contenuti fondamentali del cattolicesimo. Sarebbe interessante sottoporre ai test di Atzeni non solo gli studenti, ma anche e soprattutto i docenti di religione stessi. Ne vedremmo delle belle!