Piccolo dossier sul consumismo 7 – La religione del consumo
Il comprare diventa uno scopo di vita: si vive per comprare (anche senza accorgersene), anche per chi dichiara di avere altri scopi.- Autore:
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“Accade così che l’individuo non si preoccupi tanto della propria vita e felicità, quanto della sua capacità di risultare vendibile... La “crisi d’identità” della società moderna è in realtà prodotta dal fatto che i suoi membri sono divenuti strumenti privi di un sé, la cui identità riposa sulla loro partecipazione alle aziende (o ad altre enormi burocrazie). Dove non si abbia un sé autentico, non può esservi identità.” (E. Fromm, Avere o essere?, pag. 194).
“Il fatto di primaria importanza....è che i desideri del consumatore sono fabbricati dal produttore.
Nonostante la concorrenza tra le varie marche, la pubblicità si propone uno scopo generale, ed è di stimolare il desiderio di consumi; tutte le aziende si aiutano a vicenda nell’esercitare quest’influenza fondamentale tramite la rispettiva pubblicità, mentre il compratore esercita solo in via secondaria il dubbio privilegio di scegliere tra varie marche concorrenti.” (Idem, Ibidem, pp. 231-232).
In tal modo il comprare diventa uno scopo di vita: si vive per comprare (anche senza accorgersene), anche per chi dichiara di avere altri scopi, come giustamente dice Fromm (cfr. op. cit., pag.178).
Ma così tutto rischia di diventare consumo; il consumo diventa una dimensione che assorbe tutta l’esistenza: dal sesso (cfr. Fromm, op. cit., pag. 156), alle notizie (cfr. Fromm, op. cit., pag. 253), alla famiglia (cfr. Pasolini, Scritti corsari, pp. 42-43 e qui vale la pena di citare per esteso):
”Tuttavia la Famiglia è tornata a diventare quel potente e insostituibile centro infinitesimale di tutto che era prima. Perché? Perché la civiltà dei consumi ha bisogno della famiglia. Un singolo... può essere il consumatore saltuario, imprevedibile, libero nelle scelte, sordo, capace magari del rifiuto: della rinuncia a quell’edonismo che è diventato la nuova religione.
La nozione di “singolo” è per sua natura contraddittoria e inconciliabile con le esigenze del consumo. Bisogna distruggere il singolo. Esso deve essere sostituito (com’è noto) con l’uomo-massa. La famiglia è appunto l’unico possibile “exemplum” concreto di “massa”.
E’ in seno alla famiglia che l’uomo diventa veramente consumatore: prima per le esigenze sociali della coppia, poi per le esigenze sociali della famiglia vera e propria.
Dunque, la Famiglia (riscriviamola con la maiuscola) che per tanti secoli e millenni era stata lo “specimen” minimo, insieme, della economia contadina e della civiltà religiosa, ora è diventata lo “specimen” minimo della civiltà consumistica di massa.”.
Fino ad arrivare comunque alla persona stessa, che viene DOPO l’acquisto dell’oggetto: cfr. Fromm, op. cit., pp. 107-108:
“Il soggetto non è il mio IO, bensì l’IO SONO CIO’ CHE HO... Secondo la modalità dell’avere, non c’è rapporto vivente tra me e quello che io ho. Questo e l’io sono divenuti cose, e io ho le cose perché ho la forza di farle mie. C’è però anche una relazione inversa: le cose hanno me, perché il mio sentimento di identità, vale a dire l’equilibrio mentale, si fonda sul mio avere le cose (e quante più possibile). La modalità dell’esistenza secondo l’avere non è stabilita da un processo vivente, produttivo, tra soggetto e oggetto; essa rende COSE sia il soggetto che l’oggetto. Il rapporto è di morte, non di vita.”