La scuola non è morta perché noi viviamo...
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L’articolo di E. Galli Della Loggia apparso sul Corriere della Sera dal titolo “Una scuola per l’Italia” non mi ha convinto. E’ l’ennesima analisi sui mali della scuola, il tentativo di individuare i problemi che l’affliggono, suggerendo delle soluzioni. Ma è questo che serve? Le analisi non hanno mai cambiato nulla. Soprattutto, alla luce della mia esperienza, contesto alcune gravi affermazioni dell’articolista. La scuola, afferma, è “una macchina gigantesca, appunto, ma senz’anima: che non sa perché esiste né a che cosa serva, e che proprio perciò si dibatte da decenni in una crisi senza fine. Crisi la cui gravità non è testimoniata tanto dai pessimi risultati ottenuti dagli studenti della nostra scuola nei confronti internazionali, ma da qualcosa di più profondo e di più vero. Dal fatto che essa si sente una istituzione inutile, innanzitutto alla coscienza dei suoi insegnanti, dei migliori soprattutto. La scuola italiana non riesce più a conferire alcuna autorevolezza a nessun fatto, pensiero, personaggio o luogo di cui si parli nelle sue aule. Non riesce più a creare o ad alimentare in chi la frequenta alcun amore, o alcun rispetto, alcuna gerarchia culturale.” No, la scuola non è una macchina senz’anima, che non sa perché esiste e a che cosa serve, una istituzione inutile votata al fallimento, alla coscienza dei suoi insegnanti. Non è vero questo per il semplice fatto che nella scuola ci sono io e tanti altri come me, appassionati alle persone che educano, capaci di una proposta affascinante, capaci di far nascere nuovi rapporti e di far vivere agli studenti una vera esperienza culturale, grazie a un confronto serrato fra quello che insegnano e la vita, il cuore dei loro studenti. E grazie a Dio i cambiamenti che avvengono nella vita dei giovani sono evidenti e commoventi! Certo bisogna affrontare la scuola con la coscienza di avere qualcosa di decisivo da comunicare ai ragazzi, quello che è stato vero per te, che ti ha reso un uomo libero, felice, capace di giudizio e di affezione. Bisogna avere consapevolezza che l’incontro con te costituisce per molti studenti l’unica possibilità di scoprire o riscoprire un gusto per la vita a loro sconosciuto. Allora, secondo me, invece che ripetere analisi (parziali e quindi false!) o ribadire i punti fondamentali di un ipotetico, futuro lavoro educativo, è venuto il tempo di osare e dire: “Noi stiamo educando, stiamo cercando di far crescere degli uomini, di fare cultura, chi vuole educare si metta con noi, desideroso di offrire il proprio apporto di esperienza, desideroso di imparare”. Bisogna avere l’umiltà e insieme il coraggio di raccontare la propria esperienza quotidiana di educatori, le scoperte e le domande che nascono dal rapporto coi ragazzi, i tentativi di rendere l’insegnamento della propria materia occasione per i ragazzi di scoprire la bellezza e la grandezza del proprio io, le revisioni e gli approfondimenti culturali che ognuno ogni anno cerca di fare. Questo significa per me avere coscienza e prendere sul serio l’invito che ci faceva don Giussani ad essere degli “Spartaco”, cioè dei rivoluzionari, dei resistenti, che lottano perché l’educazione della ragione e della libertà sia realmente possibile, in un mondo totalmente omologato e plagiato: mettere in atto una esperienza umana e culturale diversa. E questo è ciò che tentativamente accade ogni giorno in classe. A partire da questa esperienza occorre fare di tutto per diventare interlocutori reali della politica e dei politici, bisogna avere il coraggio di dire che l’esperienza che noi viviamo non è una “nicchia” per bravi ragazzi, o per giovani che la pensano come noi, ma è per tutti, è per l’uomo e quindi se riforma della scuola pubblica ci sarà non potrà che nascere dalla conoscenza, dalla diffusione e dalla valorizzazione di queste esperienze, che costituiscono già un esempio di scuola nuova, educativa, affascinante. La scuola nuova non è da inventare sempre e da capo! Ne sono prova le numerose attestazioni di stima dei nostri studenti, le loro testimonianze di una rinata passione per se stessi, di un rinato gusto per la vita, di una sconosciuta capacità di giudizio, grazie all’incontro con adulti “vivi”. Se avessi l’occasione di incontrare il Ministro della P.I. le racconterei queste cose e la inviterei a un tavolo di lavoro, a un confronto su queste esperienze in atto nella scuola. E le direi che quello che chiedo alla politica è che riconosca, sostenga e faciliti queste esperienze, che la riforma non può che nascere da qui! Basta dire che la scuola è senz’anima, che è un fallimento, che è inutile, che bisogna riformarla partendo da zero: la scuola non è morta perché noi viviamo!