Nelle pieghe della vita di sant'Ambrogio
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Se leggiamo la vita di Ambrogio, incontriamo innanzitutto un intreccio di relazioni amicali con altri santi: dalla sorella Marcellina al fratello Satiro, ai vescovi da lui nominati S. Felice di Como e S. Bassiano di Lodi, al vescovo di Ippona S. Agostino. Se qui dovessimo entrare nelle pieghe della vita di quest’ultimo grande, tra cui il suo attraversare donatismo e manicheismo, in Africa, il nostro itinerario diverrebbe infinito. Un altro aspetto significativo è l’intreccio tra la competenza di politico di Ambrogio e la sua vocazione di vescovo, dovuta anche alla sua formazione. Ciò gli permette di svolgere, nei panni di vescovo, anche funzioni di mediazione politica. Lo vediamo se entriamo nelle pieghe della sua vita. Valentiniano II, cui spettano l’Italia, l’Africa e l’Illiria, è un bambino al momento della morte del padre; la madre, reggente (Giustina) è ariana e, stabilitasi a Milano con il giovane figlio, per imporre, tramite l’arianesimo, la propria autorità, fa di tutto per intralciare Ambrogio: dalla richiesta di una basilica per il culto ariano all’idea di far proclamare dal figlio, in contrasto con gli editti, la libertà del culto ariano a Milano, sino alla elezione, in contemporaneità con Ambrogio, di un vescovo ariano. Ovviamente Ambrogio si oppone e tratta con Graziano. Presto Graziano viene assassinato da un usurpatore: è evidente la minaccia per il destino di Valentiniano II. In questa occasione Ambrogio accetta di recarsi a Treviri per incarico della corte milanese al fine di ottenere garanzie dall’usurpatore per la vita di Valentiniano. Evidentemente Ambrogio da un lato non serba rancore, dall’altro ha valutato l’opportunità politica di questa mediazione (non seguiamo oltre le vicende imperiali, teniamo solo presente che, alla conclusione di vari conflitti, Teodosio sarà unico Imperatore). E’ anche interessante il modo con cui, da pastore, Ambrogio si rapporta a Graziano per il quale scrive il trattato De fide, onde istruire religiosamente l’imperatore che nel 381 dimora presso Ambrogio, desideroso della sua amicizia. Ambrogio, nei suoi scritti, anticipa una concezione che sarà quella di Papa Gelasio circa il rapporto tra autorità politica e autorità religiosa (la Chiesa incarna e vigila su principi che la stessa autorità politica deve rispettare). Ambrogio la individua leggendo la situazione creatasi man mano con Graziano e Teodosio che hanno scelto di sostenere la religione dei principi niceani e di opporsi all’eresia. Negli Editti imperiali, come detto, viene lasciata sottintesa la questione del paganesimo o dell’ebraismo. Ormai nella fase di Teodosio unico imperatore, ecco come la esplicita Ambrogio in una significativa occasione, con una durezza che appare lontana dalla nostra mentalità. Sull’Eufrate, in risposta ad una aggressione a dei monaci per opera di alcuni eretici, i cristiani ne incendiano una cappella e, in aggiunta incendiano una sinagoga giudaica. Teodosio emana un provvedimento teso a punire gli incendiari, ma Ambrogio reagisce. Siamo a Milano, in chiesa, durante un’omelia cui è presente Teodosio, Ambrogio lo interpella e pubblicamente gli chiede con insistenza di cassare ogni provvedimento e conclude l’ufficio solo dopo la pubblica risposta affermativa di Teodosio. Una certa acredine si produce pertanto tra i due, per questo, nell’incidente di Tessalonica, al di là della versione cui siamo abituati, Ambrogio si comporta in modo più soft, si allontana dalla città e fa avere per lettera a Teodosio la richiesta di un atto pubblico di pentimento. E’ una lettera tesa a far riflettere Teodosio sulla immoralità dell’atto da lui compiuto, nella quale gli chiede di astenersi per un po’ dall’entrare in chiesa e, successivamente, di entrarvi senza fasto imperiale, come peccatore, implorando il perdono pubblicamente (come era in uso nella Chiesa di allora). Teodosio, vincendo l’orgoglio, lo fa, e nella messa di Natale può prendere posto tra i fedeli. Dunque per un verso Ambrogio ritiene rimproverabile Teodosio, per un altro ne chiede l’appoggio, come avviene nel caso del Concilio di Aquileia, convocato per liquidare in Illiria l’eresia ariana che ha un appoggio in due vescovi. Si potrebbe dire che questa è una iniziativa da papa, per la quale il vescovo di Milano si basa anche su una fraterna amicizia con S. Anisio, vescovo di Tessalonica. Grande importanza ha, nella vita di Ambrogio, l’amico e maestro S. Simpliciano: sul letto di morte, nel 397, Ambrogio lo designa come suo successore, nonostante la sua età avanzata e per tre anni egli governa la Chiesa di Milano. Di lì a breve un altro santo sarà vescovo di Milano, S. Glicerio. Il suo episcopato appartiene al V secolo, ma egli si forma nell’ultima parte del nostro secolo. E con questo ultimo santo ho posto nel contesto quei nomi del quarto secolo di cui ho trovato traccia. nel messale ambrosiano e nella liturgia romana.