Parsifal 2 - La storica rappresentazione del 1991 alla Scala di Milano con Riccardo Muti

Presentiamo la testimonianza di una spettatrice d'eccezione che nel 1991 partecipò alla rappresentazione del Parsifal alla Scala di Milano
Autore:
Liverani, Adriana
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Riportando Parsifal alla Scala nel dicembre 1991 il Maestro Riccardo Muti ha rimediato ad un lungo oblio durato venti anni ed ha infuso un'intima passione nel personaggio del giovane ignaro che arriva alla conoscenza. Per Muti "Wagner di fronte alla fine della vita, fa i conti con il mondo, con il sacro, con la purificazione, con l'assoluzione del peccato e con la conquista di una dimensione morale, di un ordine superiore... e c'è" aggiunge Muti "il motivo della conoscenza, del non sapere e quindi della rivelazione. In Parsifal un direttore d'orchestra non deve cercare margini suoi, perché non è un'opera, è un rito. Spiegare con un mezzo esterno il mistero di Parsifal introdurrebbe un elemento di turbamento". Il sacro, la musica ed il sangue sono realtà misteriose. Al Teatro alla Scala Parsifal va in scena per la prima volta il 9 gennaio del 1914, dirige Tullio Serafin e si canta in italiano. Da allora Parsifal è ritornato nella sala del Piermarini altre dieci volte. Il 24 marzo 1951, direttore Wilhelm Furtwaengler, l'opera è cantata per la prima volta in tedesco. Parsifal torna alla Scala dopo vent'anni quando il primo febbraio 1971 sul podio c'era Wolfang Sawallisch. Nel 1878 mentre lavorava al terzo atto Wagner scrisse che l'ordito orchestrale doveva essere intessuto di "strati di nuvole" ed è così che Muti l'ha realizzato. Di un fascino incredibile la sua esecuzione, vi si avverte il senso ieratico improntato ad un carattere di sacralità e di devozione. La lettura di Muti, frase per frase, battuta per battuta è esaltante e l'orchestra, fulgente per sonorità dense e pastose, ha contribuito al successo dell'esecuzione per la prontezza di riflessi, per l'omogeneità del suono, ma anche per l'eccellenza in alcune parti (es.: la sezione dei corni ed il bellissimo colore dei violini).
L'ascoltatore/spettatore si sente trasportato lontano su una nuvola per l'incorporeità di una musica stupenda chiamata ad esprimere misticismo, trascendenza e poesia. Un sacro spettacolo, un rito affascinante che ci trascina, il flusso sonoro ci porta lontano e non si ha più la consapevolezza del tempo che passa, si è sempre in attesa di quello che verrà dopo. Eugenio Montale in una recensione del 1960 definì la musica del Parsifal "la più rarefatta delle musiche". Cinque ore fuori dalla realtà, cinque ore nel cuore antico di una misteriosa liturgia: un tuffo nel misticismo stregati dalla musica di Wagner (3).

NOTE
3. Afferma Muti: "La musica di Wagner è ammaliatrice, è capace di drogati. Ti inebri ad un punto tale - è come una droga che ti pervade, che ti attraversa - che perdi il senso del reale. Anche se cerchi di dominare la partitura con estremo spirito oggettivo, ad un certo punto la musica stessa prende il sopravvento e dall'orchestra si erge una colonna di suono che avvolge il direttore e i musicisti: ne sei travolto e stravolto... è difficile dopo liberartene: ti rimane addosso una specie di malia, di magia".