Lohengrin 2 - "La creazione più meditata e organica che si possa immaginare"

Autore:
Liverani, Adriana
Fonte:
CulturaCattolica.it
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La prima dell’opera ebbe luogo il 28 Agosto 1850, in occasione delle celebrazioni di Goethe (3) e di Herder (4) al Hoftheater di Weimar, sotto la direzione di Franz Listz.
Wagner non era presente perché esiliato, ma scriveva e dava istruzioni all’amico Listz (5) che conosceva perfettamente le partiture di Wagner perché le leggeva prima dell’esecuzione. Nella sua analisi della partitura Franz Listz rileva: “La musica di quest’opera ha come suo carattere fondamentale l’unità della concezione e dello stile, sì che in essa nessuna frase melodica, nessun intervento vocale può essere compreso nella sua particolarità e nel suo vero senso al di fuori della sua totalità. Tutto è collegato, tutto si sostiene a vicenda. Tutto è strettamente unito al contenuto e non può essere separato”. (6)
La più grande soddisfazione venne comunque a Wagner dallo stesso Listz che definì Lohengrin: “la creazione più meditata ed organica che si possa immaginare… Grande opera romantica”. Lohengrin (7) è l’ultimo dei lavori Wagneriani identificato come opera, dove la vocalità è il principale elemento. La forma musicale è ancora segmentata in ampi blocchi “chiusi”. Mano a mano che da Tannhäuser e Lohengrin l’opera evolve nel Musikdrama del Tristano e del Ring, il flusso di parole e musica si fa via via più ininterrotto. (8)
"In Lohengrin (9) il mito è sentito come un’antitesi della realtà ed una fuga da essa, un rifugio poetico ed un asilo di sogno contro le brutture dell’esistenza”. (10)
Lohengrin, tuttavia non è solamente mito, vi è anche l’elemento romantico, l’intervento del soprannaturale, dato dal Graal, vi è un adattamento dell’elemento sacro al profano. A questo riguardo nelle Relazioni ai miei amici (Mitteilung an meine Freunde) lo stesso Wagner ha chiarito il significato del Lohengrin, nel quale la situazione tragica del protagonista veniva a corrispondere alla solitudine, al destino d’incomprensione dell’artista rispetto al mondo contemporaneo… Lohengrin, secondo i concetti espressi da Wagner incarna un miracolo che tenta d’inserirsi nel mondo comune, ad esempio quello di Elsa, la quale, pur apprezzando l’elemento soprannaturale del cavaliere del cigno, tenta di catturarne l’essenza intima, di umanizzarla. Al contrario di quanto può verificarsi nel comune mondo umano, l’elemento soprannaturale e geniale esige una fedeltà assoluta, dalla quale discende il divieto espresso ad Elsa di chiedere e conoscere le origini ed il nome del suo sposo.
Sempre Wagner ha precisato che “Lohengrin cercava in Elsa la donna che credesse in lui, che si disinteressasse delle sue origini, che l’amasse come egli era, come appariva, dunque non ammirato e adorato per la sua natura originaria, ma soltanto amato e compreso sulla base unica dell’amore”.

NOTE
3. Goethe Johann Wolfgang (Francoforte sul Reno 1749 – Weimar 1832) poeta tedesco.
4. Herden Johann Gottfried (1744-1803) filosofo e scrittore tedesco. Fu l’iniziatore dello Sturm und Drang e autorevole critico letterario.
5. Mentre Wagner era in esilio, le generosità di Franz Listz santo protettore dei musicisti perseguitati o misconosciuti, realizzò un miracolo di nobiltà e coraggio. Listz fece rappresentare Lohengrin in prima assoluta, sotto la sua personale direzione, al Teatro Granducale di Corte di Weimar, nel giorno del centunesimo anniversario della nascita di Goethe. Uno solo mancava: l’artefice, che sarebbe stato fucilato se avesse messo piede nel territorio di qualsiasi Stato tedesco. Dieci anni dopo, Wagner se ne lamentò nella famosa lettera a Hector Berlioz (22 febbraio 1860): “Da undici anni io resto escluso dalla possibilità di assistere alle rappresentazioni delle mie proprie opere e temo di rimanere ancora a lungo l’unico tedesco, sì forse l’unico, che non abbia ascoltato il mio Lohengrin”. Wagner lo ascolterà nel 1861 quando le note di Lohengrin risuoneranno alla Hofoper di Vienna.
6. Tedeschi Rubens, Invito all’ascolto di Wagner, Mursia, 1983, pp. 129-130.
7. “Il valico fra il Teatro e l’aldilà”: scrive Quirino Principe in “Il bianco e l’argento di Lohengrin”, Teatro alla Scala. Programma di sala, stagione d’opera 2012-2013, pag. 152.
8. Dopo Lohengrin i lavori wagneriani vengono denominati “Drammi musicali”, la forma musicale è “aperta”, da eseguirsi senza soluzione di continuità, come priva di punteggiatura, sottolinea E. Girardi. Mentre nelle opere la vocalità resta il principale elemento di conduzione del discorso, nei Drammi il discorso espressivo è condotto dall’orchestra e le linee vocali volgono a uno stile declamato… Nelle opere si ascoltano melodie identificabili come tali, nei Drammi le melodie sono sostituite da motivi di poche note. Nelle opere non è ancora presente la tecnica del Leimotiv (motivo conduttore) che è invece essenziale nei Drammi”. “Wagner sosteneva che Lohengrin è un’opera italiana” e lo scrisse a Listz raccomandandosi che alla prima a Weimar del 1850 i cantanti usassero il legato “come nell’opera italiana” e che sapessero declamare e cantare e “che sulla scena dessero l’illusione di parlare”, afferma il Maestro Barenboim.
9. L’opera in poche righe. Epoca e luogo d’azione: la prima metà del X secolo. Il sipario si leva sulle rive della Schelda dove il re Enrico ha convocato i nobili del Brabante poiché il trono ducale è rimasto vacante per la misteriosa scomparsa del fanciullo-erede. Il cavaliere del cigno, cavaliere del Santo Graal, viene in soccorso di Elsa di Brabante per salvarla dall’infamante accusa di fratricidio. La scomparsa di Gottfried, fratello di Elsa, è in realtà opera di
Ortrud, personaggio negativo, forza del male, appartenente al mondo delle oscure divinità della Germania arcaica.
Lohengrin chiede Elsa in sposa, ma nell’anonimato: come custode del Santo Graal, non può far sapere chi è e da dove viene. La fanciulla è fragile, debole e rosa dal dubbio e dall’insidia strisciante della perfida Ortrud, pretende di conoscere l’identità di Lohengrin. Lui cede e gliela rivela, ma deve ripartire per sempre.
10. Mila Massimo, Buoni e cattivi in Lohengrin, Scritti alla Scala, BUR, 1989, pag. 383.