Idomeneo 2 - Le infinite sfumature di Mozart rilette dal Maestro Muti
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Teatro alla Scala – Rappresentazioni del 9 Dicembre e del 18 Dicembre 1990
“Il fascino di quest’opera non si coglie al primo ascolto. Verdi esalta, trascina, appassiona. Mozart fa pensare e quasi costringe all’approfondimento del suo linguaggio. Dobbiamo essere grati al Maestro Riccardo Muti che con una lettura carica di tensione interiore, di forza e di ferrea disciplina ci ha rivelato la forza vitale, la sublime ispirazione mozartiana. Dall’ouverture al balletto finale ripristinato nella versione della prima del 1781, il Maestro Muti ci ha accompagnato alla scoperta della raffinatezze, delle infinite sfumature espressive del linguaggio mozartiano facendoci avvertire nelle frasi musicali e nel canto la ricchezza dei sentimenti dei personaggi. Così come la vivacità, la naturalezza, il senso del chiaroscuro, l’incessante evolversi dei caratteri nei vari stati d’animo - peculiari dell’arte di Mozart - sono opposti al rigido, immutabile classicismo dei personaggi Gluckiani”. “Mozart diede all’Idomeneo quella superba partitura strumentale che non teme il confronto delle opere successive. L’orchestra regge e rivive tutta l’azione drammatica, tutta la partitura è luminosa, ricca, spigliata, esuberante; con particolare amore sono trattati gli strumenti a fiato. I dolci clarinetti arrotondano la sonorità della sezione dei legni conferendole un calore intimo e sensuale per particolari effetti, per risonanze “come da lontano”, sono usati corni e trombe con sordina” scrive Berhard Paumgartner.
L’impostazione sinfonica è avvertibile nell’ouverture, nella tempesta di mare, nell’apparizione del mostro ma ci sono arie di grande incisività come quelle di Ilia.
Ilia - la principessa troiana figlia di Priamo prigioniera a Creta ed innamorata del giovane Idamante, figlio di Idomeneo è una creatura dolce, soave che prima si ribella ma alla fine si apre all’amore e al sacrificio: “Quando avran fine mai le sventure mie” (I atto). L’altro personaggio è Elettra (che fa presagire Donna Elvira). Un personaggio che subisce cambiamenti. Essa prima è disperata perché si sente abbandonata, quindi è tutta felice perché vede che Idamante sposerà lei e poi diventa furibonda quando alla fine tutto va a finire come va e lei rimane delusa. L’aria del furore di Elettra “Tutte nel cor vi sento / furie del crudo Averno! / Lungi a sì gran tormento / amor, mercé, pietà”. L’aria di Elettra è una delle più straordinarie dell’opera . Fedele D’Amico afferma che: “Mozart esprime nella musica e nel canto i sentimenti dei personaggi, è la musica che assolve alle funzioni vitali, al divenire del personaggio, ma non si può affermare che Ilia ed Elettra siano personaggi-individui, come lo sono i personaggi verdiani”. (4)
Patrizia Schumann, una giovane americana, tecnicamente corretta, ma vocalmente non esaltante, interpreta Ilia. Molto bene Carol Vaness nella parte di Elettra. La parte di Idamante era sostenuta da Dolores Ziegler, mezzosoprano americana, esperta mozartiana. La Ziegler ha sfoderato tutte le sue doti, in particolare nel duetto con Ilia (III atto) e nel famoso quartetto del III atto che si apre con l’aria di Idamante: “Andrò ramingo e solo”. Idomeneo era Gösta Wimberg, un cantante di profonda musicalità e con voce di bel timbro. Sempre per merito di Muti splendida la prova dell’orchestra piena (4 corni) per equilibri e colori. Notevole anche il risultato del coro.
“Il coro può essere un fatto decorativo musicale: semplicemente il fatto di sentire una massa che canta. Ma il coro può essere un personaggio, cioè prendere parte all’azione. Qui nell’Idomeneo i cori di azione ci sono, in pieno. Ad esempio i cori dello sbarco nella tempesta: abbiamo addirittura due cori, uno lontano e uno vicino. C’è il coro dei Cretesi che attende appassionatamente l’arrivo di quegli altri e ci sono le voci lontane, di quelli che vengono da lontano; quindi non abbiamo un coro che se ne sta lì zitto e buono e fermo a cantare un pezzo: abbiamo così un frammento di azione” sono parole di Fedele D’Amico (5).
La qualità visiva dello spettacolo non è stata pari alla “storica esecuzione musicale”, anche se non è mancata la sintonia fra l’interlocutore scenico Roberto De Simone e il Maestro Muti. Due faraglioni/nuraghi dominavano la scena. Venivano fatti uscire e scivolavano dietro le quinte al momento di realizzare la scena della tempesta e lo sbarco. Per De Simone: “Il protagonista visivo dell’opera è il mare e tutto l’impianto dello spettacolo si poggia sull’elemento rappresentativo del mare. Il mare nei suoi mutevoli aspetti di colore, di luce, di tempesta, di calma, di angoscia”. “Un mare dipinto sullo sfondo, decine e decine di metri di stoffa dipinta che riproducono via via un mare in bonaccia, un mare corrucciato, una tempesta (grande collegamento fra il furore di Elettra e l’effetto esterno (tempesta)”. “Una cosa dentro l’altra, furore di Elettra e furore degli elementi” (Fedele D’Amico).
Non di particolare buon gusto i costumi (in particolare i copricapi dei coristi sembravano pentole rovesciate).
Successo pieno dello spettacolo. Il pubblico decreta ovazioni scroscianti in particolare al Maestro Riccardo Muti, a Carol Vaness, a Dolores Ziegler e al coro diretto da Giulio Bertola.
NOTE
4. Estratti del Seminario che Fedele D’Amico tenne il 25 Febbraio 1984 nella sede degli Amici del Loggione del Teatro alla Scala.
5. Ibidem.