Il calendario del 7 Febbraio
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Eventi
▪ 457 - Leone I diventa imperatore dell'Impero Bizantino
▪ 1301 - Edoardo di Caernarfon (in seguito re Edoardo II d'Inghilterra) diventa il primo Principe di Galles
▪ 1497 - Girolamo Savonarola, frate domenicano, reggente di Firenze, ordina il Falò delle vanità
▪ 1550 - Giulio III diventa Papa
▪ 1613 - Michele Romanov diventa Zar di Russia
▪ 1742 - Papa Benedetto XIV pubblica l'enciclica Etsi minime sul ministero pastorale e sull'insegnamento della dottrina cristiana
▪ 1795 - Viene approvato l'XI emendamento della Costituzione degli Stati Uniti
▪ 1871 - Un dentista americano inventa il trapano odontoiatrico: un modello a molle che raggiunge gli 800 giri al minuto
▪ 1898 - Inizia il processo per diffamazione contro Émile Zola per aver pubblicato J'accuse
▪ 1900 - Viene fondato il Partito Laburista Britannico
▪ 1943 - Seconda guerra mondiale: Negli Stati Uniti viene annunciato il razionamento delle scarpe
▪ 1944 - Seconda guerra mondiale: Ad Anzio le truppe naziste lanciano la controffensiva
▪ 1962 - Il governo degli Stati Uniti vieta tutti i commerci con Cuba
▪ 1964 - I Beatles arrivano per la prima volta negli USA
▪ 1971 - Le donne ottengono il diritto di voto in Svizzera
▪ 1974 - Grenada ottiene l'indipendenza dal Regno Unito
▪ 1977 - L'Unione Sovietica lancia la Soyuz 24
▪ 1984 - Gli astronauti Bruce McCandless II e Robert L. Stewart eseguono la prima camminata nello spazio senza "guinzaglio"
▪ 1985 - New York, New York diventa l'inno ufficiale di New York
▪ 1986 - Jean-Claude Duvalier, presidente di Haiti, fugge dalla nazione
▪ 1990 - Collasso dell'Unione Sovietica: Il Comitato Centrale del Partito Comunista Sovietico accetta di cedere il monopolio del potere
▪ 1991
- - A Londra l'IRA, usando un mortaio rudimentale montato sul retro di un furgone, riesce a far esplodere un ordigno nel cortile del numero 10 di Downing Street, residenza del premier John Major, mentre è in corso una riunione di governo per discutere della guerra contro l'Iraq
- - Il primo presidente democraticamente eletto di Haiti, Jean-Bertrand Aristide, viene insediato
▪ 1992 - I dodici Stati della CEE firmano il Trattato sull'Unione Europea noto come Trattato di Maastricht
▪ 1998 - Iniziano i XVIII Giochi olimpici invernali a Nagano (Giappone)
▪ 1999 - Abdullah II diventa re di Giordania dopo la morte del padre, re Hussein
▪ 2003 - Inviata la risposta all'ultimo contatto della sonda Pioneer 10
▪ 2006 - Bobo Craxi fonda I Socialisti
▪ 2008 - Lancio della missione STS-122 diretta alla Stazione Spaziale Internazionale con il laboratorio europeo Columbus
Anniversari
▪ 1333 - Nikkō (日興, anche: Nikkō Shōnin; Kajikazawa, 8 marzo 1246 – Omosu, 7 febbraio 1333) è stato un monaco buddhista giapponeseNichiren, fondatore della scuola Nichiren Shōshū.
Byakuren Ajari Nikkō Shōnin nacque l'8 marzo 1246 a Kajikazawa nel distretto di Koma della Provincia di Kai, l'attuale prefettura di Yamanashi in Giappone.
Rimasto orfano del padre in tenera età, la madre si risposò e andò a vivere in un'altra famiglia, per cui fu cresciuto dal nonno materno.
A sette anni entrò nel tempio di scuola Tendai, lo Shijuku-in (四十九院), nella Provincia di Suruga, dove studiò tra l'altro letteratura Cinese e Giapponese, poesia e calligrafia.
Nel 1258, Nichiren visitò il tempio Jisso-ji (實相寺), che era strettamente affiliato con il Shijuku-in, per svolgere delle ricerche sul Sutra del Loto. Nikkō, allora dodicenne, ebbe la possibilità di servirlo. Fortemente colpito dalla nobiltà di carattere del maestro, divenne suo discepolo ricevendo il nome religioso di Hoki-bo Nikkō.
Meno di tre anni dopo, Nichiren scrisse una rimostranza al governo di Kamakura con il titolo di Risshō Ankoku Ron (立正安国論, Assicurare la pace nel paese attraverso la propagazione del vero Buddhismo, 1260). A seguito di questa protesta fu esiliato nella penisola di Izu. Venuto a sapere dell'esilio, Nikkō si diresse a piedi dal suo maestro, e da quel momento non lo lasciò mai, nemmeno quando fu nuovamente esiliato sull'isola di Sado.
Nikkō si attivò subito per acquisire nuovi e numerosi proseliti per la nuova scuola buddhista giapponese fondata da Nichiren, soprattutto nelle aree di Kai, Suruga, Izu e Totomi.
Secondo la tradizione della scuola Nichiren Shōshū (日蓮正宗), fondata da Nikkō, Nichiren nominò Nikkō come suo successore in due differenti documenti: il primo, denominato "Linfa vitale della Legge", fu redatto sul Monte Minobu nel settembre del 1282; il secondo fu scritto nella residenza di Ikegami, il giorno stesso della sua morte, il 13 ottobre 1282.
In questo secondo documento, secondo la scuola buddhista Nichiren Shōshū, Nichiren avrebbe affidato il tempio Kuon-ji (久遠寺) sul Monte Minobu alla guida di Nikkō, nominandolo "Gran Maestro della propagazione" e suo legittimo successore.
Questa ricostruzione da parte della scuola buddhista Nichiren Shōshū non è tuttavia riconosciuta come autentica da un'altra scuola, sempre del Buddhismo Nichiren, la Nichiren-shū (日蓮宗), fondata da un altro discepolo di Nichiren, Nikō (日向, 1253-1314). E anche gli studiosi ritengono che i fatti siano andati altrimenti.
Secondo queste ricostruzioni storiche, Nichiren non avrebbe designato alcun successore al momento della sua morte, limitandosi ad affidare ai suoi sei discepoli più anziani la continuazione della sua opera e la cura del tempio da lui fondato, il Kuon-ji sul Monte Minobu. Ma mentre Nikkō e Nichiji già abitavano nei pressi di questo tempio, gli altri quattro discepoli non poterono raggiungere il Monte Minobu perché costretti nella capitale Kamakura dal ministro della Guerra, Nagasaki Yoritsuna, fiero oppositore della scuola.
Nel 1285 Nikkō, dietro richiesta di Hakiri Sanenaga (波木井実長, 1222–97) signore della parte meridionale dell'attuale provincia di Kai dove aveva sede il tempio Kuon-ji e protettore della scuola, assunse l'incarico di abate del tempio. Raggiunto nel 1288 da Nikō, il quale era riuscito ad aggirare l'obbligo di permanere a Kamakura, ebbe presto con lui un duro scontro dottrinale. Il contendere fu determinato dal fatto che Hakiri Sanenaga aveva offerto devozione ad una immagine del Buddha Śākyamuni. Secondo Nikkō il fatto che questa immagine non era affiancata dalle immagini dei quattro discepoli, lo indicava come Buddha storico e non come espressione del Buddha originario (eterno), e quindi una pratica non consentita dalla scuola. Per Nikō, invece, questa pratica non contraddiceva gli insegnamenti di Nichiren.
Hakiri Sanenaga si schierò con Nikō, obbligando Nikkō nel 1289 a lasciare il tempio Kuon-ji. Lo scisma tra i due discepoli di Nichiren portò alla fondazione di due differenti scuole: la Nichiren-shū che ha in Nikō il fondatore e la Nichiren Shōshū (denominata originariamente come scuola Kōmon-ha, 興門派) che invece riserva a Nikkō questo ruolo.
Accompagnato dai suoi discepoli, tra cui il suo successore Nichimoku (日目, 1260-1333), Nikkō trasferì il Gohonzon e le ceneri di Nichiren nell'area del monte Fuji, fondando, nel 1290, a Oishi-ga-hara nella provincia di Suruga, un nuovo tempio, il Taiseki-ji (大石寺) su un terreno di proprietà di Nanjo Shichirojiro Tokimitsu (1259?-1332), signore della provincia di Fuji Ueno e suo seguace.
Nel 1292 Nikkō si trasferì nuovamente, in un eremo a Kitayama, che venne trasformato, nel 1298, in un tempio denominato Honmon-ji (本門寺). Nikkō ricoprì il ruolo di abate di questi due templi fino alla sua morte.
Morì serenamente all'età di 84 anni, il 7 febbraio del 1333, dopo aver trasmesso il lignaggio a Nichimoku. Ancora oggi, il 7 febbraio, al Taiseki-ji e negli altri templi della Nichiren Shōshū, viene celebrata la cerimonia di Koshi-e, in commemorazione della morte del fondatore Nikkō. Ogni anno, i monaci del Taiseki-ji si recano nei pressi del fiume Shojin per raccogliere l'erba peperina di cui Nikkō pare si nutrisse durante la sua vita austera. Queste piante, dalle foglie simili alle felci, vengono poi offerte assieme a tavolette memoriali per defunti ai Gohonzon del Tempio.
Secondo lo studioso Murano Senchu [3] Nikkō non elaborò alcuna nuova dottrina rispetto a quelle impartite da Nichiren. Il ritenere Nichiren espressione del Buddha originario (o "Buddha eterno", giapp. 本佛 Honbutsu) e la proibizione di venerare comunque immagini sacre, come quella del Buddha Śākyamuni, ambedue caratteristiche dottrine della Nichiren Shōshū apparterrebbero, in realtà, a Nichiu (日有, 1409-1482), nono abate del Taiseki-ji, e ai suoi successori e «non si possono far risalire all'influenza di Nikkō».
▪ 1823 - Ann Radcliffe (Holborn, 9 luglio 1764 – Holborn, 7 febbraio 1823) è stata una popolare scrittrice inglese, vera e propria pioniera della letteratura horror e in particolare del romanzo gotico.
Nata ad Holborn (Londra, Inghilterra) come Ann Ward, si sposò a 23 anni (nel 1787) con William Radcliffe, un giornalista dell'English Chronicle. Iniziò a scrivere racconti per divertimento e dietro incoraggiamento del marito.Nel 1789 pubblicò The Castles of Athlin and Dunbayne, in cui è già presente l'atmosfera alla base della maggior parte dei suoi lavori, in particolare la tendenza a coinvolgere innocenti e giovani eroine nelle vicende descritte, che solitamente si svolgono in tenebrosi castelli governati da nobili dal passato misterioso.
▪ 1844 - Luigi Canonica (Tesserete, 9 marzo 1762 – Milano, 7 febbraio 1844) è stato un architetto e urbanista svizzero attivo prevalentemente a Milano e in Lombardia. Architetto nazionale della Repubblica Cisalpina, poi architetto reale durante il Regno d'Italia e autore, tra l'altro, del Foro Buonaparte e dell'Arena di Milano. Fu uno dei principali esponenti del movimento neoclassico italiano, insieme ai romanì Valadier e Canina ed ai lombardì Piermarini, Cagnola, Cantoni e Moraglia.
▪ 1878 - Papa Pio IX, nato Giovanni Maria Mastai Ferretti (Senigallia, 13 maggio 1792 – Roma, 7 febbraio 1878), terziario francescano, è stato il 255° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica (1846-1878): è stato proclamato beato nel 2000.
Il suo pontificato, di 31 anni, 7 mesi e 23 giorni, rimane il più lungo della storia della Chiesa cattolica, dopo quello di san Pietro.
Giovinezza
Nato il 13 maggio 1792 a Senigallia con il nome di Giovanni Maria Battista Pellegrino Isidoro Mastai Ferretti, fu il nono figlio di Girolamo (membro della nobile famiglia dei conti Mastai Ferretti) e Caterina Solazzi. Venne battezzato lo stesso giorno di nascita nel Duomo della città dallo zio canonico Angelo Mastai Ferretti. Ricevette la Cresima il 9 giugno 1799 dal cardinal Honorati, vescovo di Senigallia, e la Prima Comunione il 2 febbraio 1803. Compì gli studi classici nel celebre collegio dei Nobili di Volterra, diretto dai padri scolopi, dal 1803 al 1808; studi sospesi per improvvisi e ripetuti attacchi epilettici, causati da un pregresso trauma cranico riportato in un incidente gravissimo che ebbe cadendo in un torrente nell'ottobre 1797. In quegli anni, fu spesso ospite a Mondolfo della sorella, andata in sposa ad un rampollo della nobile famiglia Giraldi della Rovere, dilettandosi con buoni risultati nel gioco del pallone col bracciale assieme ad altri ragazzi del luogo.
Dal 1814 fu ospite a Roma dello zio Paolino Mastai Ferretti, canonico di San Pietro, e qui proseguì gli studi di filosofia e di teologia nel Collegio Romano. Nel 1815 si recò in pellegrinaggio a Loreto, dopo tale visita non ebbe più attacchi epilettici ed attribuì la guarigione ad una grazia ricevuta.
Dopo la caduta di Napoleone Bonaparte tornò a Roma al seguito di papa Pio VII e frequentò l'Università romana. In questo periodo fu seminarista e si prodigò presso il "Tata Giovanni" un ospizio per i ragazzi abbandonati che ricevevano un'educazione, un'istruzione ed imparavano un mestiere. Fu tra questi futuri falegnami, sarti, calzolai che iniziò il suo apostolato per i poveri che lo segnerà sempre nella sua vita.
Essendo guarito dalla malattia, poté continuare i suoi studi. Il 5 gennaio 1817 prende gli ordini minori, il 20 dicembre 1818 è ordinato suddiacono e il 6 marzo 1819 diacono. Il 10 aprile 1819 fu ordinato sacerdote dal cardinale Fabrizio Sceberras Testaferrata vescovo di Senigallia. Celebrò la prima messa il giorno dopo, giorno della Pasqua, nella chiesa del "Tata Giovanni", sant'Anna dei Falegnami, tra i suoi poveri. Si dedicò all'apostolato nella sua città natale e contemporaneamente fu direttore del "Tata Giovanni", a Roma.
Dichiarò di non volere cariche ecclesiastiche e professò nel terzo ordine francescano, nella chiesa romana di San Bonaventura al Palatino dove si ritirava a pregare. All'interno una lapide in marmo ricorda la professione del futuro Pontefice.
Dal luglio 1823 al giugno 1825 fece parte, per volere di Pio VII, del corpo diplomatico del Cile, guidato dal delegato monsignor Giovanni Muzi. Qui però la delegazione si trovò di fronte ad un duro governo anticlericale e fu costretta a tornare a Roma. Durante il soggiorno in Cile si prodigò per gli ammalati e per amministrare i sacramenti. Diede conforto e aiuto ad un ufficiale inglese protestante, gravemente malato. Nel 1825 fu richiamato in Italia, e si fermò per alcuni mesi a Senigallia. Poi papa Leone XII gli conferì l'incarico di dirigere l'ospizio di San Michele a Ripa, dove si accudivano anziani, ex-meretrici, e giovani abbandonati.
Arcivescovo di Spoleto
Nonostante il suo proposito di non volere cariche, fu comunque nominato dal papa nel 1827, a soli 35 anni di età, arcivescovo di Spoleto. Fu consacrato il 25 maggio dal cardinal Castiglioni, futuro papa Pio VIII nella chiesa romana di San Pietro in Vincoli. A Spoleto applicò l'esperienza del "Tata Giovanni" fondando anche in questa città un istituto analogo. Mostrò rigore per la disciplina religiosa e molta carità per i poveri, arrivando ad impegnare i propri mobili per aiutare i più bisognosi. Durante l'insurrezione del 1831 fu nominato delegato straordinario di Spoleto e Rieti, e con un'abile mediazione salvò la città da un inutile spargimento di sangue. Convinse i generali pontifici a non aprire il fuoco e ai rivoltosi concesse alla deposizione delle armi, soldi e passaporti. Tale atteggiamento di moderazione contribuì, al momento della sua elezione a papa, a far pensare ai patrioti italiani che fosse uomo di idee liberali e aperto alla causa nazionale.
In tale periodo salvò la vita a Napoleone III che stava per essere fatto prigioniero dagli austriaci proprio a Spoleto. Il 13 gennaio 1832 la città di Spoleto subì un grave terremoto. Essendo vescovo diresse subito gli aiuti, organizzando un piano specifico e andando di persona sui luoghi del disastro. Da allora si impegnò per la ricostruzione nel più breve tempo possibile, prima del sopraggiungere dell'inverno, ottenendo fondi dal papa Gregorio XVI.
Arcivescovo di Imola e cardinale
In considerazione dei successi in Umbria nel 1832, papa Gregorio XVI lo inviò nella sanguigna e rivoltosa Romagna, nominandolo arcivescovo di Imola. Il futuro pontefice si dedicò a questo nuovo magistero con particolare impegno tanto che la sua opera fu premiata alcuni anni più tardi, quando all'età di soli 48 anni, fu creato cardinale sempre da papa Gregorio XVI nel concistoro del 14 dicembre 1840.
Il conclave del 1846
Il conclave del 1846, che seguì la morte di papa Gregorio XVI, si svolse in un periodo molto turbolento per la storia della penisola italiana. Per questo motivo molti cardinali stranieri decisero di non partecipare al conclave. Soltanto 46 dei 62 cardinali erano infatti presenti.
Il cardinal Mastai-Ferretti era considerato un liberale, in specie per avere sostenuto vari cambiamenti amministrativi negli anni passati alla guida delle diocesi di Spoleto e di Imola.
I cardinali si separarono subito nella fazione conservatrice, che supportava il cardinale Luigi Lambruschini (segretario di Stato del precedente pontefice), e in quella progressista, che supportava due candidati: il cardinale Tommaso Pasquale Gizzi e il cinquantaquattrenne cardinale Ferretti. Al primo scrutinio i voti si divisero egualmente fra i diversi candidati, ma a quel punto i favoriti Lambruschini e Gizzi sembravano fuori gioco. Il 16 giugno, secondo giorno di conclave, Mastai-Ferretti fu eletto al soglio pontificio assumendo il nome di Pio IX: scelse questo nome in onore a papa Pio VII che aveva incoraggiato la sua vocazione al sacerdozio.
In ogni caso il nuovo papa era assai inesperto in questioni diplomatiche. Per questo motivo l'Impero austriaco aveva mandato a Roma l'arcivescovo di Milano, il cardinal Gaisruck, per porre il veto all'elezione di Mastai-Ferretti. Ma Gaisruck arrivò troppo tardi: Ferretti era già stato acclamato papa.
Pio IX fu incoronato il 21 giugno e scelse subito il cardinal Gizzi come segretario di stato. L'Europa liberale applaudì alla sua elezione.
I primi anni del pontificato
Il primissimo provvedimento che prese un mese dopo la sua elezione (che avvenne il 16 giugno 1846) fu la concessione dell'amnistia il 16 luglio 1846 per i reati politici.
Nei successivi due anni del suo pontificato governò lo Stato Pontificio con una progressiva apertura alle richieste liberali della popolazione e concedendo la costituzione il 14 marzo 1848, lo "Statuto fondamentale pel governo temporale degli Stati della Chiesa" che istituiva due Camere ed il Sacro Collegio dei Cardinali presieduto dal Papa.
Fu l'epoca delle grandi riforme dello Stato Pontificio: la Consulta di Stato, il Ministero liberale, la libertà di stampa e la libertà agli Ebrei, la Guardia Civica, l'inizio delle ferrovie e la costituzione del Municipio di Roma. Promosse inoltre la costituzione di una Lega doganale tra gli Stati italiani preunitari, che rappresentò il più importante tentativo politico-diplomatico dell'epoca volto a realizzare l'unità d'Italia per vie federali.
Nel 1847 ripristinò la sede del Patriarca Latino a Gerusalemme, con giurisdizione sopra la diocesi unita di Palestina, Giordania e Cipro.
Il 1848
Il 14 marzo del 1848 Pio IX, con il documento Nelle istituzioni concesse la costituzione poco dopo, durante le Cinque giornate di Milano il Ministero Romano sull'esempio del Granduca di Toscana e del Re di Napoli, spedì al fronte un corpo di soldati regolari comandati dal generale Giovanni Durando (1804-1869) fratello del generale Giacomo Durando insieme ad un gruppo di volontari comandati dal generale Andrea Ferrari. Lo Stato Pontificio si trovò di fatto impegnato in una guerra contro l'Austria per l'indipendenza italiana. Ma il 13 aprile 1848 una speciale commissione cardinalizia impose lo sganciamento del Papa dal movimento patriottico italiano. Pio IX con l'Allocuzione papale al Concistoro dei cardinali del 29 aprile 1848 mise in evidenza le motivazioni della posizione del Papa, che come capo della Chiesa universale ed allo stesso tempo capo di uno stato italiano, non poteva mettersi in guerra contro un legittimo regno.
La Repubblica Romana e la fuga nel Regno delle Due Sicilie
Le prime avvisaglie vi furono il 15 novembre 1848 quando fu ucciso un ministro del governo, Pellegrino Rossi, e nove giorni dopo, il 24 novembre 1848, lo stesso Pio IX fuggì da Roma nottetempo travestito da prete, rifugiandosi a Gaeta presso Ferdinando II delle Due Sicilie (ebbe modo di ricambiare ospitando la famiglia reale a sua volta a Roma dopo l'assedio di Gaeta del 1861). Durante la permanenza nel Regno delle Due Sicilie il Papa sperimentò per la prima volta un viaggio in treno sulla linea Napoli-Portici l'8 settembre 1849 e visitò le officine ferroviarie di Pietrarsa il 23 settembre 1849, rimanendone favorevolmente impressionato.
La Repubblica Romana, diretta dal triumvirato composto da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini, pur nella sua breve vita riuscì ad emanare una tra le più avanzate costituzioni del mondo[senza fonte], la quale riservava comunque ampie guarentigie al Pontefice. Pio IX si appellò alle potenze straniere affinché gli fosse restituito il potere temporale e la Francia repubblicana del Bonaparte si affrettò ad inviare un corpo di spedizione di 7000 soldati al comando del generale Oudinot. Il 30 aprile 1849 i francesi furono sconfitti da Garibaldi nella battaglia di Porta Cavalleggeri, ma grazie ai copiosi rinforzi che nel frattempo avevano ricevuto, i francesi, nonostante la resistenza che incontrarono, riuscirono a far breccia nelle mura del Gianicolo e a conquistare Roma 30 giugno 1849 dove fecero ingresso il 3 luglio 1849. Il Papa fece ritorno a Roma il 12 aprile 1850 ed abrogò la Costituzione concessa nel marzo di due anni prima.
Il ritorno a Roma
Gli anni che seguirono al suo ritorno a Roma furono anni in cui continuò la politica riformista già attuata nei primi due anni di pontificato: il 14 agosto 1850 con una legge unica nell'Europa dell'epoca[senza fonte] stabilì disposizioni per tutto lo Stato Pontificio per la tutela e formazione dei sordomuti, mentre il 12 settembre 1850 con un "motu-proprio" istituì il Consiglio di Stato, una consulta per le finanze e decretò una nuova amnistia.
Tra il 1850 e il 1853 cercò di riorganizzare la Chiesa in Europa ristabilendo la gerarchia ordinaria in Inghilterra con l'arcivescovo Wiseman, cercando di richiamare lo zar a più miti rapporti con il Cattolicesimo e con il popolo polacco e ristabilì la normale gerarchia nei Paesi Bassi.
Nel 1852 le autorità austriache, al fine di poter eseguire la condanna a morte, richiesero la sconsacrazione di don Enrico Tazzoli che venne negata dal vescovo di Mantova. Sconfessando la decisione del proprio vescovo, Pio IX ordinò la sconsacrazione del sacerdote, così permettendone l'impiccagione e sollevando il disprezzo dei patrioti italiani, tanto che Garibaldi citava il Papa definendolo "quel metro cubo di letame".
L'8 dicembre 1854 proclamò il dogma dell'Immacolata Concezione e la bolla Ineffabilis Deus, tradotta in 400 lingue e dialetti.
Per quanto riguarda le opere pubbliche, il 9 dicembre 1854 consacrò la Basilica di San Paolo fuori le mura, ricostruita dopo l'incendio del 15 luglio 1823 e il 3 aprile 1856 approvò il piano delle ferrovie nello Stato Pontificio, la cui prima linea, la Roma-Frascati (20 km), venne aperta al pubblico il 14 luglio 1856, seguita dalla più importante Roma-Civitavecchia (80 km) che verrà aperta al pubblico il 16 aprile 1859.
La campagna piemontese del 1860 e l'unità d'Italia
Pio IX si trovò a gestire il momento storico della nascita anche in Italia di un moderno stato nazionale unitario. Entro i confini dello Stato della Chiesa le prime città a manifestare l'insofferenza al dominio papale furono in particolare quelle di confine. Bologna insorse più volte negli anni ma venne sempre riconsegnata alle truppe pontificie dagli austriaci, sino al 1859, anno dell'annessione della città felsinea al Regno di Sardegna. Sulla scia di Bologna insorse anche Perugia che il 14 giugno 1859 instaurò un governo provvisorio. Il legato pontificio se ne tornò a Roma e lo Stato della Chiesa reagì in maniera dura, ordinando la repressione dei moti ed inviando duemila guardie svizzere comandate dal colonnello Schmidt. Il segretario di stato di Pio IX, il cardinale Antonelli, autorizzò al saccheggio della città le truppe svizzere inviate per riportare entro i confini del dominio della Chiesa la città perugina: il 20 giugno 1859 questi entrarono in città e fecero strage dei rivoltosi, senza risparmiare donne o bambini. L'evento passò alla storia come le "stragi di Perugia". I viaggiatori stranieri presenti in città, rapinati, provvidero ad avvertire del grave accaduto la stampa internazionale, avvalorando ancor più agli occhi dei cittadini europei e statunitensi la causa dell'unità italiana. In seguito alla riconquista di Perugia, papa Pio IX, in considerazione del successo, promosse il colonnello Schmidt a generale di brigata.
Il 18 settembre 1860, in seguito alla battaglia di Castelfidardo, le truppe piemontesi sconfissero gli Svizzeri conquistando le Marche e l'Umbria, che poi sancirono la loro annessione al Regno d'Italia tramite un plebiscito. Il potere temporale dello Stato della Chiesa rimase di conseguenza ancorato all'ultimo baluardo di Roma, che non venne coinvolta nella campagna del 1860 di Vittorio Emanuele II.
Gli anni Sessanta
Nel 1864 Pio IX fece arrestare il brigante Carmine Crocco, allorché egli, dopo essere stato sconfitto dalle truppe sabaude, era fuggito a Roma per incontrarlo, confidando erroneamente in un sostegno del Vaticano, in virtù del suo legittimismo borbonico, in chiave antisabauda.
L'8 dicembre 1864 papa Pio IX pubblicò l'enciclica Quanta cura e il Sillabo, una raccolta di ottanta proposizioni considerate dal Papa stesso «erronee», divise in dieci rubriche. Il 2 maggio 1868 approvò la Società della Gioventù Cattolica italiana, fondata da Mario Fani e Giovanni Acquaderni il 29 giugno 1867.
L'11 aprile 1869 ci furono solenni celebrazioni in tutto il mondo cattolico per il suo giubileo sacerdotale e il 7 dicembre 1869 aprì il Concilio Vaticano I. Mentre il potere temporale era in crisi, a pochi anni dalla breccia di Porta Pia, Pio IX si preoccupò di rinvigorire il potere spirituale. Il Concilio Vaticano I portò alla formulazione del dogma dell'infallibilità del Pontefice, chiaramente espresso nella costituzione dogmatica Pastor Aeternus. Questo portò allo scisma tra la Chiesa cattolica e i vetero-cattolici. Il tedesco Joseph Hubert Reinkens si fece eleggere primo "vescovo cattolico dei vetero-cattolici". Il Concilio proseguì fino al 18 luglio 1870 quando venne sospeso.
La presa di Roma
Lo scontro con il neo costituito Regno d'Italia giunse all'apice quando nel 1870, alla caduta di Napoleone III, le truppe dei Savoia entrarono a Roma attraverso la breccia di Porta Pia, ponendo fine alla sovranità temporale dei "papi re". Il re Vittorio Emanuele II, dopo la battaglia di Sedan che aveva segnato la sconfitta di Napoleone III imperatore dei francesi e protettore del potere temporale papale, inviò il 7 settembre 1870 una lettera a tutte le potenze europee nella quale si esponevano i motivi della futura presa di Roma, ribadendo però le garanzie e le tutele alla persona del Sommo Pontefice. Inviò tra l'altro il conte Ponza di San Martino, che giunse a Roma il 9 settembre, a sondare gli animi: prima parlò con il cardinale Antonelli, Segretario di Stato e poi con Pio IX. Entrambi ribadirono la posizione di non accettazione dell'inclusione dei territori della Santa Sede nel neonato Regno D'Italia. Anzi, il Pontefice disse: "Non sono né profeta, né figlio di profeta, ma vi assicuro che voi a Roma non entrerete". A dispetto della profezia, pochi giorni dopo 50.000 uomini al comando di Raffaele Cadorna entrarono nel Lazio ed il 20 settembre 1870 occuparono la Città Eterna varcando le mura Aureliane nei pressi di Porta Pia.
Papa Pio IX protestò poiché la Chiesa riteneva di non aver garantiti spazi necessari per esercitare il suo ministero in piena libertà. Vista l'inutilità di uno scontro armato ordinò agli zuavi pontifici un'opposizione solo formale allo scopo di evitare spargimenti di sangue e di rendere comunque evidente la violenza subìta, con il proposito «di aprire trattative per la resa ai primi colpi di cannone».[8] Alla fine della battaglia si contarono 49 caduti tra l'esercito sabaudo e 19 tra i pontifici.
Il Papa si ritirò nel Vaticano rifiutando di riconoscere il nuovo Stato e dichiarandosi prigioniero politico. Questa situazione, indicata come Questione Romana, durò fino ai Patti Lateranensi del 1929.
Conseguentemente Pio IX, in data 10 settembre 1874, promulgò il famoso non expedit con il quale veniva palesemente sconsigliata la partecipazione di ecclesiastici e cattolici alla vita politica del neo stato italiano.
Il 13 maggio 1871 fu promulgata la Legge delle Guarentigie, con la quale lo Stato italiano stabiliva unilateralmente i diritti ed i doveri dell'autorità papale. Il 21 agosto 1871 Pio IX scrisse a re Vittorio Emanuele II esprimendo le ragioni per cui non poteva accettare la legge. Fino alla sua morte il Papa continuò a definirsi «prigioniero dello Stato italiano».
La morte e la traslazione della salma
Papa Pio IX morì a Roma il 7 febbraio 1878 dopo aver ripetuto più volte Parti o anima cristiana baciando il crocifisso e l'immagine della Madonna. Fu sepolto in Vaticano.
Il 13 luglio 1881 la salma venne traslata nella basilica di San Lorenzo al Verano. Per evitare probabili manifestazioni degli anticlericali il trasporto venne organizzato di notte, ma la notizia venne fatta trapelare sia dagli ambienti clericali (che speravano in una manifestazione di affetto verso la salma di Pio IX) sia dagli ambienti anticlericali (che viceversa volevano che il fatto non passasse inosservato e cercavano anzi un'occasione per regolare i conti con un vecchio nemico).
Il governo italiano era restio ad organizzare un servizio di sicurezza adeguato alla possibile consistenza degli scontri perché, dicevano, si sarebbe trattato di fatto di un omaggio ad una figura che aveva ritardato l'Unità d'Italia. D'altro canto gli ambienti ecclesiastici non vollero utilizzare le forze di sicurezza vaticane perché sarebbe stato un implicito riconoscimento della legge delle guarentigie che le aveva istituite.
Il risultato fu che nei primi scontri a frapporsi tra le due fazioni si trovarono non più di un centinaio di poliziotti. Gli anticlericali, al grido di «al fiume il papa porco» attaccarono il corteo funebre con sassi e bastoni nell'evidente intento di gettare la salma di Pio IX nel Tevere. A loro i sostenitori del papato rispondevano utilizzando le fiaccole accese per la processione a mo' di mazze e con il grido «viva il papa re». Fu una notte di scontri, la situazione tornò alla calma solo dopo l'arrivo di rinforzi provenienti dall'esercito (ai cui soldati, in via precauzionale, era stato imposto di restare consegnati in caserma) ed il corteo funebre venne completato, sino a San Lorenzo in una situazione di relativa tranquillità (anche se erano ancora udibili le grida di sberleffo degli anticlericali).
Tra le conseguenze politiche, il prefetto di Roma venne rimosso dall'incarico, il governo Depretis dovette rispondere a numerose interrogazioni parlamentari sulla vicenda ed il ministro degli esteri inviò una lettera circolare alle monarchie europee per spiegare l'origine degli scontri.
Vita privata
Pio IX, nonostante fosse il Pontefice, amava definirsi un "parroco di campagna". La sua vita privata infatti si svolgeva come quella di un semplice sacerdote. Si alzava alle sei del mattino, per un'ora rimaneva nella sua camera in preghiera su un inginocchiatoio di fronte ad un crocifisso. Celebrava la Messa e poi assisteva ad un'altra di ringraziamento, durante la quale recitava le ore canoniche e le preghiere di pietà con un libretto appartenuto alla madre. Dai tempi del Collegio degli Scolopi amava pregare la "corona delle Dodici Stelle" una preghiera composta da san Giuseppe Calasanzio in cui si ritiene Maria preservata dal peccato originale.
Dopo le preghiere si dedicava alle udienze concesse sia agli uomini importanti sia ai semplici fedeli. Ogni giovedì riceveva, inoltre, petizioni da chiunque e ogni 14 del mese riceveva tutti in pubblica udienza. Alle due terminava le udienze e si recava a pranzo. Non voleva che si consumassero più di uno scudo romano al giorno per i suoi pasti e secondo un'abitudine imparata dalla madre si serviva di frutta sempre dopo gli altri. Dopo pranzo amava fare passeggiate o andare in carrozza per la città.
Tornato in Quirinale scriveva e poi recitava il Vespro. Dopo la cena riceveva il suo confessore e si ritirava nella cappella privata a pregare dinanzi al tabernacolo. Ricordava spesso l'importanza di pregare Gesù Eucaristico, al quale si poteva confidare tutto.
Gli insegnamenti e il magistero
Papa Paolo VI, ripercorrendo il magistero del suo predecessore, evidenziò alcuni punti ritenuti da lui importanti su Pio IX:
▪ Fu anzitutto uomo di Dio e di preghiera. Egli stesso fra i suoi propositi di sacerdote appena consacrato mise: «Pregare Iddio moltissimo onde insegni la scienza delle sue strade per adempiere alla sua volontà». Amava stare tra la gente ed elargì numerose elemosine, promosse iniziative benefiche, come la fondazione di asili, di ricoveri per anziani, poveri e indigenti. Uomo di pietà, che elesse patrono della Chiesa universale, l'8 dicembre 1867, san Giuseppe, visto come il capo della rinnovata Sacra Famiglia formata da tutti i figli e tutte le figlie della Chiesa.
▪ Fu anche un Papa che si prodigò moltissimo per la riforma del clero con una capillare azione pastorale. Con l'aiuto dei vescovi diocesani, fece molto e con successo per ristabilire la gerarchia cattolica e seppe suscitare una nascita senza precedenti di società e associazioni sacerdotali per aiutare e sostenere la vita spirituale e lo zelo pastorale.
▪ Sentì anche l'urgenza di rinnovare la vita religiosa, con la ripresa degli Ordini e delle Congregazioni religiose, che con lui conoscono uno sviluppo senza precedenti. Fondò numerosi istituti maschili e femminili dedicati soprattutto all'apostolato presso i poveri, all'insegnamento e le missioni. Dai Salesiani di don Bosco ai Missionari di Scheut del padre Verbist, dai padri Bianchi alle suore Bianche del cardinale Lavigerie, dai padri di Mill Hill del cardinale Vaughan ai comboniani di Verona. Pio IX affermò: «Nelle Corporazioni Religiose la Chiesa trova aiuto, appoggio e sostegno in ogni maniera. In esse la Chiesa trova missionari da spingere nei più lontani e selvaggi punti del globo, predicatori per annunziare la divina parola, amministratori dei sacramenti».
▪ Incoraggiò una fecondissima stagione missionaria con un'azione evangelizzatrice della Chiesa veramente senza precedenti. Missionari si recarono in ogni parte del mondo dall'America all'Asia, dall'Africa all'Australia. Dal 1846 al 1878 furono erette 206 nuove diocesi e vicariati apostolici.
▪ Incoraggiò l'unità dei cristiani, erigendo nel 1862 una Congregazione per i cattolici orientali e lanciando i suoi appelli alle Chiese di oriente e di occidente separate da Roma. Fu un movimento ecumenico ante litteram, che preparò la Chiesa al moderno dialogo ecumenico.
▪ Svolse un ruolo fondamentale nella storia della Chiesa e della teologia: l'Immacolata Concezione ed il Concilio Vaticano I sono eventi di enorme portata per la storia della Chiesa. Paolo VI afferma sui pronunciamenti del Concilio Vaticano I: «...sono come fari luminosi nel secolare sviluppo della teologia, e come altrettanti punti fermi nel turbine dei movimenti ideologici che caratterizzarono la storia del pensiero moderno, e posero i presupposti di un dinamismo di studi e opere, di pensiero e di azione, che doveva culminare, nella nostra epoca, nel Vaticano II che espressamente si è richiamato al Vaticano I».
▪ La Costituzione Pastor Aeternus e il dogma della infallibilità pontificia sono considerati, da papa Paolo VI e da molti teologi novecenteschi, l'architrave della moderna costruzione ecclesiologica e i precursori della costituzione apostolica Lumen Gentium, la «magna charta» del Concilio Vaticano II.
▪ 1897 - Galileo Ferraris (Livorno Piemonte, oggi Livorno Ferraris, 30 ottobre 1847 – Torino, 7 febbraio 1897) è stato un ingegnere e scienziato italiano, scopritore del campo magnetico rotante e ideatore del motore elettrico alternato.
Già studente del Collegio di San Francesco da Paola di Torino, che sarebbe poi diventato il liceo classico Vincenzo Gioberti, si laurea in ingegneria e diventa assistente di fisica tecnica presso il Regio Museo Industriale Italiano (il futuro Politecnico di Torino) a partire dal 1877. Si dedica quindi agli studi dell'elettromagnetismo e nel 1885 riesce a dimostrare a un pubblico stupefatto l'esistenza di un campo magnetico rotante generato da due bobine fisse, ortogonali e percorse da correnti alternate della stessa frequenza e sfasate di 90°. Con questi esperimenti si apre la strada della realizzazione del motore elettrico asincrono
La scoperta del campo magnetico rotante fu descritta in una nota presentata alla Reale Accademia delle Scienze solo il 18 marzo 1888. In seguito nacquero contestazioni sulla priorità di tale scoperta, soprattutto da parte di Nikola Tesla. La questione finì nelle aule giudiziarie, ma alle fine la priorità dell'invenzione fu riconosciuta allo scienziato italiano.
Due mesi dopo, infatti, Tesla deposita 5 brevetti sulla costruzione dei motori asincroni da lui studiati indipendentemente; questi brevetti, acquistati dalla Westinghouse, porteranno Tesla alla realizzazione dei motori elettrici su scala industriale e alla nascita di un importante settore industriale.
Nel 1889 fonda presso il Regio Museo Industriale Italiano una Scuola di elettrotecnica, la prima scuola di questo genere in Italia che successivamente sarà incorporata nel Politecnico di Torino. In questa scuola insegna fino alla sua morte. Nel 1896 Galileo Ferraris fonda l'Associazione Elettrotecnica Italiana e ne diventa il primo Presidente nazionale. Nello stesso anno viene nominato senatore del Regno.
Questo testo proviene in parte o integralmente dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera dell'Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze rilasciata sotto licenza CC-BY-3.0
▪ 1942 - Dorando Pietri, noto impropriamente anche come Dorando Petri (Correggio, 16 ottobre 1885 – Sanremo, 7 febbraio 1942), è stato un atleta italiano, passato alla storia per il drammatico epilogo della maratona alle Olimpiadi di Londra del 1908: tagliò per primo il traguardo, sorretto dai giudici di gara che l'avevano soccorso dopo averlo visto barcollare più volte, stremato dalla fatica. A causa di quell'aiuto fu squalificato e perse la medaglia d'oro, ma le immagini e il racconto del suo arrivo, facendo il giro del mondo e superando la cronaca viva di quei giorni, lo hanno consegnato alla storia dell'atletica leggera.
Nonostante quell'oro sia stato vinto da Johnny Hayes, il nome di Dorando Pietri richiama subito uno degli episodi più celebrati delle Olimpiadi.
▪ 1945
- Francesco De Gregori nome di battaglia "Bolla" (Roma, 1910 – malghe di Porzûs, 7 febbraio 1945) è stato un militare e partigiano italiano ufficiale dell’Esercito, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
Dopo aver frequentato l'Accademia Militare di Modena, viene assegnato all'8º Reggimento Alpini, durante la seconda guerra mondiale è attivo sul fronte occidentale e successivamente sul fronte greco-albanese, rimpatriato per malattia è promosso capitano e incaricato per un breve periodo all'insegnamento nella Scuola militare di Bassano del Grappa (Vicenza) per tornare sul fronte in Albania, come addetto allo stato maggiore dell'VIII Corpo d'armata.
L'8 settembre 1943, lo trova in Friuli, dove entra a far parte fin da subito della resistenza come comandante nella Gruppo delle Brigate Est della Divisione partigiana Osoppo, prendendo il nome "Bolla" .
Venne ucciso assieme ad altri sedici partigiani, tra i quali il commissario politico del Brigate Giustizia e Libertà Gastone Valente (detto "Enea") ad un giovane, Giovanni Comin (detto "Gruaro") e Guido Pasolini detto "Ermes", il 7 febbraio 1945 da un gruppo di partigiani comunisti appartenenti ai GAP di una delle Brigate Garibaldi, capeggiati da Mario Toffanin detto (Giacca).
Nel 2003 Giovanni Padoan nome di battaglia "Vanni" comandante al tempo, della brigata Garibaldi, trova il coraggio di definire l'"Eccidio di Porzûs", "... l'attacco scellerato ..." del quale "...i dirigenti si resero complici..." e ammette "... forse avrebbe dovuto essere letta al processo che condannò gli autori della strage".
Era zio dell'omonimo cantautore Francesco De Gregori.
- Guidalberto Pasolini (Belluno, 4 ottobre 1925 – Porzûs, 7 febbraio 1945) è stato un partigiano italiano, morì appena diciannovenne nell'Eccidio di Porzûs, tragico e controverso episodio della Resistenza Italiana in cui 22 partigiani delle Brigate Osoppo furono trucidati.
Fratello minore di Pier Paolo Pasolini. Faceva parte delle Brigate Osoppo dell'Est con il nome di battaglia Ermes.
Il 7 febbraio 1945 è catturato alla Malghe Topli Uork da un gruppo di partigiani comunisti appartenenti ai GAP friulani delle Brigate Garibaldi capeggiati da Mario Toffanin (nome di battaglia Giacca).
Il comandante di Guido Pasolini, Francesco De Gregori viene giustiziato subito con altri tre compagni mentre lui viene trasferito con altri compagni al Bosco Romagno, vicino a Cividale del Friuli.
Viene sottoposto ad interrogatorio e processato in modo sommario tra il 7 e 20 febbraio, successivamente fucilato dagli stessi che l'avevano fatto prigioniero.
▪ 1963 - Learco Guerra (Bagnolo San Vito, 14 ottobre 1902 – Milano, 7 febbraio 1963) è stato un ciclista italiano, Campione nazionale e mondiale.
Formidabile passista, fu soprannominato da Emilio Colombo la "locomotiva umana" per la grande potenza che mostrava in pianura. Seppe conquistare il cuore della gente e divenne molto popolare al punto di vedersi dedicata una sottoscrizione popolare in denaro. Sempre sorridente e disponibile, visse da un punto di vista sportivo in contrapposizione con Alfredo Binda, suo grande rivale. Fu, suo malgrado, portato a simbolo del super uomo nel ventennio fascista e dovette donare molti dei suoi trofei "alla patria".
Learco Guerra iniziò la propria attività agonistica abbastanza tardi, lanciato da Costante Girardengo in funzione anti-Binda, e passò professionista a 27 anni, riuscendo a togliersi diverse soddisfazioni. Vinse 5 Campionati Italiani su strada consecutivamente dal 1930 al 1934, il Campionato del mondo di ciclismo nel 1931 nell'unica edizione disputata a cronometro di km 172, la Milano-Sanremo nel 1933 e il Giro d'Italia nel 1934. Giunse due volte secondo al Tour de France ed anche in altri due Campionati del Mondo. Fu il primo ad indossare, in assoluto, la maglia rosa: istituita nel 1931, quale simbolo del primato in classifica e del giornale che organizzava la corsa (La Gazzetta dello Sport), venne indossata dal campione mantovano, vincitore della tappa inaugurale del 19º Giro d'Italia, la Milano-Mantova. Complessivamente al Giro d'Italia si impose 31 volte, preceduto nel computo delle vittorie di tappa solamente da Cipollini e da Binda. Il suo primo titolo italiano lo conquistò in pista a Carpi nella corsa a punti (1929) così come il suo ultimo Campionato Italiano nel 1942 al Vigorelli di Milano nella corsa dietro motori (stayer) a 40 anni.
Il suo palmarès comprende 85 vittorie totali (compresa una Sei Giorni su pista) e fino agli anni settanta il suo record di vittorie in una stagione agonistica rimase imbattuto.
Appesa la bicicletta al chiodo, intraprese la strada del direttore sportivo con ottimi risultati. Dall'ammiraglia guidò, per esempio, Hugo Koblet e Charly Gaul con i quali vinse due Giri d'Italia, cosa mai successa in precedenza a corridori stranieri. I suoi ultimi corridori furono Vittorio Adorni e Gianni Motta già opzionato per il passaggio al professionismo ma che non fece in tempo a dirigere.
Morì prematuramente in seguito ai postumi di due operazioni affrontate coraggiosamente per tentare di sconfiggere il morbo di Parkinson.
▪ 1979 - Josef Mengele (Günzburg, 16 marzo 1911 – Bertioga, 7 febbraio 1979) è stato un medico tedesco.
Nato a Günzburg il 16 marzo 1911, Mengele conseguì la laurea in medicina nel 1935, presentando una tesi intitolata "Ricerca morfologico-razziale sul settore anteriore della mandibola in quattro gruppi di razze" . Ebbe come relatore il professor Mollison.
Il dottor Mengele fu sempre un forte credente nella disparità razziale, e in breve tempo riuscì ad ottenere un posto come ricercatore all' Università di Francoforte nell' Istituto del Reich per la Biologia ereditaria e l' igiene della razza. In questo periodo conobbe il professor Otmar von Verschuer, che influenzò molto le sue idee e l' aiutò poi a redigere la tesi "Ricerche sistematiche in ceppi familiari affetti da cheiloschisi o da fenditure mascellari o palatali" per il conseguimento del dottorato.
Dopo essere entrato nelle SS, partì volontario per la Seconda guerra mondiale. Nel 1942, ferito lievemente dai sovietici, si ritirò dai campi di combattimento perché definito non idoneo a combattere nelle prime linee e iniziò i suoi studi genetici. Nel 1943 entrò a far parte del corpo medico del campo di concentramento di Auschwitz per poter portare avanti i propri studi e conseguire finalmente dei risultati concreti per la realizzazione della razza perfetta in laboratorio, che aveva idealizzato da sempre nella razza ariana. Tale ossessione lo portò a compiere degli esperimenti oltre il limite dell'umana sopportazione.
Circondatosi di un' equipe di quindici effettivi, tutti reclutati tra i prigionieri del campo tra medici, infermieri professionisti e una disegnatrice, il cui compito consisteva nel rappresentare tutti i mutamenti che si verificavano nelle proprie cavie, si apprestava a smistare i membri di ogni contingente per poter selezionare coloro che meglio potevano aiutarlo a realizzare quell'ideale di perfezione che tanto si prefiggeva di raggiungere. I prediletti erano perlopiù bambini e adolescenti affetti da nanismo o malati di atrofia cancerosa della mascella ma anche e principalmente gemelli, considerati chiavi portanti del progetto, o donne incinte. La selezione iniziale poteva essere vista in principio come occasione fortunosa per potersi salvare dalla fine imminente all'interno delle camere a gas, ma in realtà questa nascondeva dolori e patimenti aldilà di ogni immaginazione, torture mostruose avrebbero portato prima allo sfiguramento e poi alla morte i prescelti, uomini non più considerati uomini, ma solo carne da macello, cavie da laboratorio.
Studi sull' ipotermia, costringevano alcuni ad essere immersi in vasche d'acqua con una temperatura minore di zero gradi solo per poter constatare il limite di sopportazione umana e poter determinare precisamente i tempi del decesso. Aborti, venivano praticati col solo scopo di prelevare il feto ed effettuare su questo diverse analisi. Trasfusioni incrociate, prelievi di cellule provenienti dai più importanti organi senza l'utilizzo di anestesia, iniezioni di cloroformio nel cuore o di batteri mortali nelle ovaie, contaminazione di alcune cavie con tifo o altre malattie degenerative dei tessuti o la colorazione delle orbite e delle pupille degli occhi che degeneravano inevitabilmente in "grumi granulosi”. Questi erano alcuni esempi di tutte le atrocità, mascherate da giusti prezzi da pagare per il progresso, che dovettero subire quegli uomini. L' accanimento però proseguiva anche dopo l'avvento della morte, i cadaveri erano sottoposti ad autopsia e spesso alcune parti dei corpi o interi feti conservati grazie alla formalina venivano inviati al di fuori del campo per effettuare su di essi ulteriori e più approfonditi esami.
Nel 1945 Mengele dovette abbandonare il campo di concentramento portando con sé tutto il materiale delle sue ricerche che fino ad allora aveva condiviso con alcune personalità del settore medico come Butenandt e von Verschuer che lavoravano all’ esterno di Auschwitz. Dopo la sua fuga, si scoprì che questi aveva torturato e ucciso circa tremila persone e tra queste ottocentocinquanta gemelli; solo cinquanta riuscirono a sopravvivere a quelle torture.
Nel 1990, grazie a una ricostruzione degli esperimenti effettuata da un’ equipe statunitense, venne reso noto che tutte le ricerche non avevano seguito alcuna metodologia scientifica. L’ uomo che è passato alla storia con l’ appellativo di “angelo della morte”, che ha ingannato e in seguito straziato la vita di centinaia di bambini approfittando della loro fiducia, tanto forte che veniva chiamato da questi “lo zio”, grazie alla fuga dall’ Europa riuscì a riprendere uno stile di vita più che accettabile, e senza render conto delle azioni commesse morì per annegamento a pochi metri dalla riva di una spiaggia brasiliana.
Anche i due esimi colleghi rimasero impuniti; questi non vennero accusati di complicità con il “medico della morte” pur avendo collaborato a distanza al progetto grazie al materiale fornitogli dal collega, anzi vennero elogiati fortemente dall’intera comunità scientifica per le ricerche portate avanti in ambito genetico ottenendo anche dei riconoscimenti.
Diverse testimonianze ci sono pervenute di quel tragico periodo della storia dell’umanità, la prima appartiene ad uno dei medici costretti a lavorare al fianco di Mengele il dottor Miklós Nyiszli, la seconda invece al comandante medico del campo di Auschwitz , il dottor Eduard Wirths.
“Subito dopo l’arrivo di un trasporto, un SS cammina lungo la fila che si sta formando dei sopraggiunti e sceglie gemelli e nani. […] I gemelli e i nani selezionati si mettono sul lato destro. Le guardie portano questo gruppo in una baracca speciale, nella quale c’è un buon vitto e comodi posti letto, condizioni igieniche accettabili e i detenuti sono trattati bene. È il Blocco 14 nel lager BIIf. Di qui i detenuti sono condotti sotto scorta nel blocco per esperimenti, dove vengono sottoposti a tutti gli esami che possono essere fatti a una persona viva: esami del sangue, iniezioni lombari, trasfusioni del sangue tra gemelli e molti altri ancora. Tutti dolorosi e spossanti. […] Allo stesso modo si procede con i nani. Questi esperimenti in vivo, ossia fatti su persone vive – spacciati per esami medici – sono ben lungi dall’esaurire il problema dei gemelli dal punto di vista scientifico. Sono relativi e dicono poco. Segue dunque la tappa successiva degli esami – l’analisi sulla scorta di dissezioni: il confronto degli organi normali con quelli patologici o malati. A tale scopo sono necessari cadaveri e siccome la dissezione e l’analisi dei singoli organi deve avvenire contemporaneamente, contemporanea deve essere anche la morte dei gemelli, vale a dire che muoiono simultaneamente nel blocco per esperimenti del KL Auschwitz. […] Il dottor Mengele li uccide. […] Questi è il tipo più pericoloso di criminale, per di più con una forza smisurata. Manda a morte milioni di persone perché, secondo la teoria tedesca della razza, non sono uomini, ma esemplari di una specie inferiore che hanno un influsso deteriore sull’umanità.” [cit. www.olokaustos.org]
"Il dottor Mengele, durante il suo periodo di servizio nel campo di concentramento di Auschwitz, ha messo le sue conoscenze teoriche e pratiche al servizio della lotta contro gravi forme di epidemia . Tutti i compiti che gli sono stati affidati li ha assolti con assiduità ed energia, dimostrandosi all’altezza di ogni situazione e soddisfacendo appieno, nonostante le difficili circostanze, le aspettative dei suoi superiori . Ha inoltre sfruttato ogni attimo libero da impegni di servizio per continuare i suoi studi di antropologia, nel cui campo ha raggiunto straordinari risultati, sfruttando il materiale scientifico a sua disposizione grazie alla sua posizione di servizio. Assolvendo scrupolosamente il suo dovere di medico per combattere epidemie, si è ammalato lui stesso di tifo petecchiale. Per la sua eccellente opera è stato premiato con la croce all’onor militare di seconda classe con spade. Oltre alle conoscenze mediche, possiede una particolare preparazione in campo antropologico, risultando pertanto indicato per qualsiasi altro incarico, anche più elevato" [cit. www.olokaustos.org]
Esperimenti sui gemelli
Nel campo di Auschwitz, in cui le atrocità erano all'ordine del giorno, la sua figura divenne ben presto tristemente nota per il particolare accanimento nella conduzione dei suoi esperimenti e la spietata determinazione. In particolare, le prove fornite dal famoso "cacciatore di nazisti" Simon Wiesenthal tracciano un quadro raccapricciante della figura di Josef Mengele. A molti bambini ebrei, ad esempio, Mengele cercò di colorare artificialmente di blu gli occhi iniettandovi sostanze coloranti. La sua particolare passione per i gemelli ne portò a selezionarne molti da usare come cavie. La fine dei gemelli era, invariabilmente, la morte, seguita da un'accurata autopsia.
Nel novembre del 1944 fuggì da Auschwitz. Dopo la fine del conflitto fu catturato dagli Alleati che però lo rilasciarono poco dopo.
Mengele si trasferì a Günzburg, in Baviera, dove iniziò anche una temporanea collaborazione nell'azienda familiare produttrice di macchinari agricoli, la Karl Mengele und Sōhne.
Mengele in Sud America
Nel 1949 ottenne un passaporto falso della Città del Vaticano e si trasferì in Argentina riuscendo a non farsi mai trovare dai servizi segreti israeliani. Si trasferì poi in Paraguay e dal 1960 in Brasile. Morì per un ictus mentre nuotava in piscina nel 1979 a Bertioga, in Brasile. È stato sepolto nel cimitero di Nostra Signora del Rosario, a Embu, sotto la falsa identità di Wolfgang Gerhard.
Simon Wiesenthal riporta che nonostante la latitanza in Sudamerica, la famiglia non avesse mai tagliato i ponti con lui e che in qualche maniera egli riuscisse a comunicare, pur dovendo cambiare spesso nascondiglio. La scelta di nascondersi in alcuni Paesi dell'America del Sud non era casuale. Come lui centinaia di altri sostenitori del nazismo furono accolti dai governi sudamericani, spesso retti da una dittatura militare. I rifugiati nazisti si avvalsero delle ratline (organizzate dalla rete O.D.E.SS.A), con documenti falsi, molti imbarcati dal porto di Genova, consapevoli di godere di una certa protezione e discrezione da parte delle autorità sudamericane.
In tal senso, ancora oggi gli ultimi gerarchi e civili tedeschi rimasti vivi restano nascosti sotto falso nome in Argentina, Paraguay e Brasile. Altri, come ad esempio il generale Gehlen, dapprima trattati come criminali, per motivi di opportunità politica vennero assoldati dal blocco statunitense o sovietico, che sminuirono le loro responsabilità in cambio della collaborazione legata alle loro conoscenze, ai fini della guerra fredda che opponeva nel dopoguerra le due più grandi potenze mondiali.
Nel 1965 si rifugiò nella cittadina brasiliana di Cândido Godói, dove secondo qualcuno condusse esperimenti sulle donne in gravidanza, che avrebbero portato all'aumento delle nascite di gemelli; ma una recente ricerca brasiliana esclude ogni coinvolgimento di Mengele nella straordinaria, ma naturale, incidenza di parti gemellari nella cittadina.
Nonostante i tentativi di ricerca, Mengele riuscì a vivere sotto varie identità per oltre 35 anni senza mai farsi scovare. Il Mossad rimase sulle sue tracce per qualche periodo ma non lo catturò mai.
Solo nel 1985 il suo corpo fu trovato e nel 1992 il test del DNA, a cura della UNICAMP (Università di Campinas), ha confermato la sua identità.
Influenza sui media
In considerazione delle vicende storiche e personali in cui fu coinvolto, Mengele appare in numerose opere letterarie, cinematografiche e anche musicali, in alcuni casi come uno dei protagonisti, oppure come ispirazione per un personaggio di finzione.
▪ 1987 - Claudio Villa, pseudonimo di Claudio Pica (Roma, 1º gennaio 1926 – Padova, 7 febbraio 1987), è stato un cantante e attore italiano. Fu soprannominato Il reuccio, per il suo temperamento fiero e orgoglioso, durante una puntata dello spettacolo Rosso e nero di Corrado.
Trasteverino di via della Lungara (la strada dove si trova il carcere romano di Regina Coeli) e assai caro all'anima popolare della città,(negli anni '50 abitò in via Angelo Tittoni (sempre a Trastevere),successivamente ebbe modo di comprare,non appena le sue finanze glielo permisero,un appartamento a Monteverde nuovo in via Folco Portinari.
Di famiglia modesta, il padre era vetturino, la madre (la "sora Ulpia") casalinga, vanta assieme a Domenico Modugno il record di vittorie al Festival di Sanremo, nel 1955, con Buongiorno tristezza; 1957, con Corde della mia chitarra; 1962, con Addio... addio, e 1967, con Non pensare a me.
▪ Silvio Gigli (Siena, 10 agosto 1910 – Roma, 7 febbraio 1988) è stato un giornalista, conduttore radiofonico, regista, scrittore e paroliere italiano.
Autore e presentatore di molte trasmissioni radiofoniche, cronista storico del Palio di Siena (contradaiolo della Tartuca), è uno dei primi presentatori di quiz. Noto per il caratteristico timbro di voce, diviene uno degli speaker più conosciuti della radio, dal dopoguerra agli anni '60.
▪ 1995 - Massimo Pallottino (Roma, 9 novembre 1909 – Roma, 7 febbraio 1995) è stato un archeologo italiano.
Fra i più noti archeologi italiani, è stato il primo docente di Etruscologia all'Università La Sapienza di Roma. A lui si deve una delle più grandi scoperte riguardo la storia della civiltà etrusca: durante una campagna di scavo da lui diretta a Santa Severa (provincia di Roma) ha rinvenuto l'8 luglio 1964 le cosiddette lamine di Pyrgi.
Pallottino fu allievo di Giulio Quirino Giglioli, si laureò nel 1931 con una tesi sulla città di Tarquinia e inizialmente effettuò diversi studi sul Tempio di Apollo a Veio. Nel 1933 diventa Ispettore per la Soprintendenza alle antichità di Roma ed assume la direzione del Museo di Villa Giulia. In seguito, con l'approfondimento delle sue tecniche ha dato vita al concetto moderno di "etruscologia", fondando anche un apposito settore etrusco-italico presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Ha anche partecipato alla creazione dell'Istituto Nazionale di Studi Etruschi e Italici e del suo periodico "Studi Etruschi". Il suo primo saggio, "Etruscologia", pubblicato per la prima volta a Milano nel 1942, è stato un best seller di ampio successo, oggi conosciuto in più lingue.
Nel 1982 ha vinto il Premio Balzan per le scienze dell'antichità per aver effettuato ricerche e scoperte di fondamentale importanza nell’ambito delle scienze dell’antichità, attraverso lo scavo di Pyrgi, il contributo all’interpretazione dell’etrusco, le indagini rivelatrici sulle origini di Roma e sui popoli dell’Italia preromana. Ha ottenuto nel 1991 il "Cavallo d'Oro di San Marco", premio internazionale del Centro Veneto di Studi e Ricerche sulle Civiltà Classiche e Orientali.
Due anni dopo la sua scomparsa, sono stati dedicati due volumi alla sua memoria e ai suoi importanti contributi accademici: "Etrusca e Italica: scritti in ricordo di Massimo Pallottino". Suoi allievi sono stati Mario Torelli e Giovanni Colonna, entrambi grandi studiosi di etruscologia e professori ordinari di archeologia classica rispettivamente delle Università di Perugia e Roma1.
▪ 1996 - Lidija Korneevna Čukovskaja (in russo Лидия Корнеевна Чуковская) (Helsinki, 24 marzo 1907 – Mosca, 7 febbraio 1996) è stata una scrittrice e poetessa russa.
Figlia dello scrittore e storico della letteratura Kornej Ivanovič Čukovskij, nacque in Finlandia, allora Granducato autonomo dell'Impero russo, ma visse poi a Leningrado ove lavorò presso una casa editrice per l'infanzia.
Nell'agosto del 1937, durante le grandi purghe staliniane, soffrì la difficile esperienza dell'arresto del suo secondo marito, il giovane fisico Matvej Petrovič Bronštejn (1906-1938), condannato a dieci anni di reclusione "senza diritto di corrispondenza". Informata della sentenza, Lidija Kornevevna riuscì, fuggendo a Mosca, ad evitare la deportazione che colpiva le mogli dei condannati. Tornata a Leningrado cercò, in ogni modo, di ottenere informazioni sulla sorte di Matvej.
In questo periodo, alla fine del 1938, conobbe la poetessa Anna Achmatova che, come lei, viveva un'esperienza dolorosa: il figlio, Lev Gumilëv, era stato arrestato e la madre cercava, recandosi al carcere, dopo file estenuanti insieme con tante altre donne, di avere qualche notizia del figlio. La comunanza del dolore rese le due donne intime e confidenti.
L'angoscia dei tentativi infruttuosi di avere notizie del marito, la sensazione crescente, sia pure priva di conferme, che Matvej fosse stato già giustiziato, il dolore della sua amica Anna, si riversarono nel racconto Sof'ja Petrovna che Lidija Korneevna, con notevole coraggio e obbedendo ad una esigenza interiore incoercibile, riuscì a scrivere in brevissimo tempo: dal novembre 1939 al febbraio del 1940. Incoraggiata dalla stessa Achmatova, alla quale lo lesse, decise di affidare il manoscritto ad amici sicuri perché lo custodissero celato.
Uno scritto del genere, rara testimonianza dei sentimenti e della vita quotidiana della società sovietica nei duri anni dell'ežovščina, se scoperto dalla polizia politica della NKVD, avrebbe portato ad una dura condanna se non alla morte dell'autrice.
Solo nel 1957, quando Matvej Petrovic fu riabilitato, Lidija Kornevevna ebbe la conferma ufficiale dell'esecuzione del marito: era stato “processato”, condannato e fucilato in un solo giorno: il 18 febbraio 1938.
Dopo un primo tentativo infruttuoso di pubblicazione, nel 1962, all'epoca della destalinizzazione di Chruščёv, Sof'ja Petrovna poté essere legalmente letto in Unione Sovietica solo nel febbraio 1988, sul periodico leningradese Neva, dopo l'avvento di Gorbačëv.
Morì, quasi novantenne, a Peredelkino, un villaggio di dacie, a sud-ovest di Mosca, residenza di molti noti scrittori sovietici.
* 1999 - Ḥusayn ibn Ṭalāl, più noto in Italia come Hussein di Giordania (Amman, 14 novembre 1935 – Amman, 7 febbraio 1999), fu re del Regno Hascemita del Giordano (Giordania) dal 1952 al 1999. Di stirpe hascemita, egli salì al trono dopo l'abdicazione nel 1952 di suo padre Ṭalāl ibn ‘Abd Allāh.
▪ 2003 - Augusto Monterroso (Tegucigalpa, 21 dicembre 1921 – Città del Messico, 7 febbraio 2003) è stato uno scrittore guatemalteco, famoso per le sue raccolte di racconti brevi e brevissimi.
Augusto Monterroso nacque a Tegucigalpa, capitale dell'Honduras nel 1921, ma all'età di quindici anni si trasferì, insieme alla sua famiglia, in Guatemala. Dal 1944 fissò la sua residenza in Messico dove dovette trasferirsi per motivi politici. Narratore e saggista, cominciò a pubblicare testi a partire dal 1959.
Durante quest'anno uscì la prima edizione di Obras completas y otros cuentos (Opere complete e altri racconti), una raccolta di narrazioni fulminee e incisive nella quale già si notano le caratteristiche fondamentali della sua narrativa: una prosa breve e concisa, apparentemente semplice ma che, senza che il lettore lo noti alla prima lettura, è densa di riferimenti colti. Spiccano inoltre un magistrale uso della parodia, della caricatura e dell'umorismo nero.
Opera e critica
Monterroso è considerato come uno dei maestri della narrativa breve e, tramite il racconto breve, approccia tematiche complesse e affascinanti con una visione provocatoria del mondo e con una narrazione che delizia il lettore. Nel 1998 pubblicò una raccolta di suoi saggi La vaca (La vacca). La sua composizione che recita: «Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì» è stata per molto tempo considerata come il racconto più breve della letteratura universale. Nel 1970 vinse il premio Magda Donato, nel 1975 il premio Villaurrutia e nel 1988 fu decorato con l'Aquila Azteca per il suo contributo alla cultura messicana. Nel 2000 infine gli fu concesso il Premio Principe delle Asturie per le lettere come riconoscimento per la sua intera carriera.
Opere pubblicate in Italia
▪ La parola magica, Roma, Fahrenheit 451, 2001
▪ I cercatori d'oro, Firenze, Giunti, 2000
▪ Il resto è silenzio, Palermo, Sellerio, 1992
▪ La pecora nera e altre favole, Palermo, Sellerio, 1980
▪ 2007 - Frankie Laine, nome d'arte di Francesco Paolo LoVecchio (Chicago, 30 marzo 1913 – San Diego, 7 febbraio 2007), è stato un cantante statunitense. È stato uno dei grandi della musica leggera del XX secolo, con oltre duecentocinquanta milioni di dischi venduti (ventuno i dischi d'oro guadagnati in carriera).
Ebbe il periodo di maggior fulgore tra gli anni quaranta e cinquanta.
▪ 2008 - Frà Andrew Willoughby Ninian Bertie (Londra, 15 maggio 1929 – Roma, 7 febbraio 2008) è stato un religioso britannico, 78° Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta.
Frà Andrew nacque da nobile famiglia inglese: suo padre James Bertie, ufficiale della Reale Marina in entrambe le guerre mondiali, era figlio del settimo conte di Abingdon, imparentato sia con la famiglia reale che con la famiglia di Winston Churchill; sua madre Lady Jean Crichton-Stuart, era la figlia più giovane del quarto marchese di Bute.
Dopo l'educazione presso la scuola benedettina Ampleforth College nello Yorkshire, si laureò in Storia Moderna alla Christ Church di Oxford. Frequentò inoltre la Scuola di Studi Orientali e Africani della London University.
Prestò servizio militare presso la Guardia Scozzese dal 1948 al 1950, diventandone ufficiale nel 1949.
Dopo una breve esperienza nel settore del commercio, insegnò lingue moderne per 23 anni alla Worth School, un liceo benedettino del Sussex.
Vocazione religiosa
Nel 1956 fu accolto nel Sovrano Militare Ordine di Malta, divenendo cavaliere d'obbedienza nel 1968 e cavaliere di giustizia nel 1975. Nel 1981 prese infine i voti perpetui, divenendone un membro religioso a tutti gli effetti; nello stesso anno iniziò a partecipare al governo dell'Ordine come componente del Sovrano Consiglio.
L'8 aprile del 1988 fu eletto settantottesimo Principe e Gran Maestro, primo inglese ad assurgere a tale carica. Come suo primo atto chiese ed ottenne (l'11 aprile) da Giovanni Paolo II la ratifica dell'elezione, in quanto superiore religioso dell'ordine, oltre che sovrano; come tale, il Papa gli riconobbe il rango di cardinale[1] al pari del titolo e del trattamento di Altezza Eminentissima.
È morto a Roma nella tarda nottata del 7 febbraio 2008.