Il calendario del 6 Febbraio
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Eventi
▪ 1778 - Guerra d'indipendenza americana: A Parigi vengono firmati il Trattato di alleanza e il Trattato di amicizia e commercio tra Francia e Stati Uniti, che segnalano il riconoscimento ufficiale della neonata repubblica USA
▪ 1806 - Azione del 6 febbraio 1806: Vittoria della Royal Navy britannica al largo di Santo Domingo
▪ 1819 - Sir Thomas Stamford Raffles fonda Singapore
▪ 1840 - Firma del Trattato di Waitangi, documento fondante della Nuova Zelanda
▪ 1853 - Scoppia a Milano un'insurrezione anti-austriaca, domata l'indomani
▪ 1862 - Guerra di secessione americana: Ulysses S. Grant dà agli Stati Uniti la prima vittoria della guerra, catturando Fort Henry (Tennessee)
▪ 1899 - Guerra Ispano-Americana: Un trattato di pace tra USA e Spagna viene ratificato dal Senato degli Stati Uniti
▪ 1900 - Viene creata la corte di arbitrato internazionale de L'Aia, quando il senato dei Paesi Bassi ratifica un decreto della conferenza di pace del 1899
▪ 1908 - A Milano viene inaugurata la Borsa
▪ 1922 - Elezione a papa di Achille Ratti col nome di Pio XI
▪ 1933 - Entra in vigore il XX emendamento della Costituzione degli Stati Uniti
▪ 1936 - Iniziano i IV Giochi olimpici invernali a Garmisch-Partenkirchen, Germania
▪ 1952 - Elisabetta II diventa regina alla morte del padre Giorgio VI del Regno Unito
▪ 1958 - Otto calciatori del Manchester United rimangono uccisi nel disastro aereo di Monaco di Baviera
▪ 1959 - A Cape Canaveral, in Florida, viene eseguito il primo lancio coronato da successo di un missile balistico intercontinentale Titan
▪ 1968 - Iniziano i X Giochi olimpici invernali a Grenoble, Francia
▪ 1971 - Un terremoto semidistrugge Tuscania, danneggiando gravemente i monumenti romanici e provocando 31 morti
▪ 2001 - Ariel Sharon, leader del Likud viene eletto primo ministro di Israele
* 2004 - In Russia, un attacco suicida nella Metropolitana di Mosca provoca la morte di 40 pendolari e il ferimento di altri 129. La responsabilità dell'attentato sarebbe di un gruppo separatista ceceno
Anniversari
* 540 - Gastone o Vedasto , normanno e piccardo Vaast, vallone Waast (pronunciare [vɑ]), fiammingo Vaast, latino Vedastus, francese Gaston, inglese Foster (Villac, 453 – Arras, 6 febbraio 540) è venerato dalla Chiesa cattolica come santo.
Gastone (Vedastus) nacque da una ricca famiglia gallo-romana a Villac in Aquitania, secondo altre fonti a Châlus nel Limosino. Contribuì a convertire al cristianesimo il re pagano Clodoveo, fu vescovo di Arras e di Cambrai. Svolse intensa opera di rievangelizzazione nella regione del Passo di Calais.
* 893 - Fozio I di Costantinopoli, detto il Grande (Costantinopoli, 820 circa – Armenia, 6 febbraio 893), è stato un bibliografo e patriarca bizantino.
Fu patriarca di Costantinopoli per ben due volte: la prima dal Natale dell'anno 858 all'867; la seconda dal 877 fino al 886. È venerato come santo dalla chiesa cristiana ortodossa.
Venne alla luce mentre la sua famiglia si trovava in visita a Costantinopoli, città della quale era patriarca suo zio Niceforo I di Costantinopoli. La sua famiglia godeva di autorità a Costantinopoli; il padre si chiamava Sergio ed era capo della guardie imperiali.
* 1685 - Carlo II Stuart (Londra, 29 maggio 1630 – Londra, 6 febbraio 1685) fu re d'Inghilterra, Scozia, Irlanda e Francia dal 30 gennaio 1649 (de iure) o dal 29 maggio 1660 (de facto), al 6 febbraio 1685.
Secondo i realisti, Carlo divenne re il 30 gennaio del 1649 quando suo padre, Carlo I Stuart, fu decapitato dinnanzi alla residenza reale, il Palazzo di Whitehall. Tuttavia il Parlamento si rifiutò di proclamare Carlo Re e in Inghilterra ebbe inizio il periodo repubblicano, sotto il Protettorato di Oliver Cromwell, che divenne Lord Protettore del Commonwealth britannico. Al contrario, il Parlamento di Scozia nominò Carlo Re di Scozia il 5 febbraio 1649 nella città di Edimburgo. Fu incoronato Re di Scozia presso Scone il 1º gennaio 1651. Dopo la battaglia di Worcester del 3 settembre 1651 fu costretto a lasciare l'Inghilterra e si rifugiò per i nove anni che seguirono tra Francia, Repubblica delle Province Unite e Paesi Bassi del Sud.
Quando nel 1659 il Protettorato retto da Richard Cromwell, figlio di Oliver, cadde, il generale George Monck invitò formalmente Carlo a tornare in patria dove avrebbe governato da re. Il 25 maggio del 1660 Carlo sbarcò su suolo inglese e il 29, giorno del suo trentesimo compleanno, entrò trionfalmente a Londra. Il 23 aprile 1661 venne incoronato Re d'Inghilterra, Scozia e Irlanda nella Abbazia di Westminster, come tradizione.
Nel 1679 Carlo decise di abolire il Parlamento e governò da sovrano assoluto fino al giorno della sua morte, avvenuta il 6 febbraio del 1685.
Carlo II fu noto anche con il nome Merrie Monarch (Monarca allegro), a sottolineare il clima di edonismo della sua corte e il sollievo generale procurato dal ritorno ad una situazione di normalità dopo l'esperienza repubblicana con i Cromwell e i Puritani. La moglie di Carlo, Caterina di Braganza, era sterile, tuttavia il sovrano ebbe dodici figli illegittimi con varie amanti.
▪ 1793 - Carlo Goldoni (Venezia, 25 febbraio 1707 – Parigi, 6 febbraio 1793) è stato un drammaturgo, scrittore e librettista italiano.
Goldoni è considerato uno dei padri della commedia italiana, come recita una targa affissa su Palazzo Poli, a Chioggia, città nella quale visse per qualche tempo e nella quale ambientò una delle sue opere più conosciute: Le baruffe chiozzotte. Annoverato tra le così dette "quattro coroncine", con Giovanni Meli, Carlo Porta, Giuseppe Gioachino Belli (da affiancare alle "tre corone" di Dante, Petrarca e Boccaccio), Carlo Goldoni è stato autore anche di numerosissimi libretti di opera lirica.
I testi goldoniani sono sempre legati a precise occasioni teatrali e tengono conto delle esigenze degli attori, delle compagnie, degli stessi edifici teatrali cui è destinata la loro prima rappresentazione. Il passaggio alla stampa modificava spesso i testi: l'autore si rivolgeva, con le edizioni a stampa, ad un pubblico più vasto ed esigente rispetto a quello che frequentava i teatri. L'opera di Goldoni è piena di contraddizioni. L'intera opera goldoniana si offre come un'ininterrotta serie di situazioni, si svolge attraverso un "quotidiano parlare".
Il linguaggio dei personaggi, intriso di dati concreti, si risolve tutto nei loro incontri e si mostra indifferente alle tradizionali prospettive letterarie e formali. Passando continuamente dall'italiano al veneziano e viceversa, Goldoni dà spazio a diversi usi sociali del linguaggio, in base alle varie situazioni in cui vengono a trovarsi i personaggi delle sue opere. Il suo italiano, influenzato dal veneziano e caratterizzato da elementi settentrionali, è quello del mondo borghese, lontano dalla purezza della tradizione classicistica toscana. Il dialetto veneziano non è per Goldoni uno strumento di gioco, ma un linguaggio concreto e autonomo, diversificato dagli strati sociali dei personaggi che lo utilizzano.
Periodizzazione
La prima fase dell'opera goldoniana arriva fino al 1748, quando accettò in maniera definitiva la professione teatrale: comincia a sperimentare e confrontarsi con la commedia dell'arte. Goldoni, analizzando il ruolo del genere comico, rivendica l'onore e la dignità dei comici e critica la banalità delle convenzioni della commedia dell'arte. L'elemento principale della riforma è il richiamo alla natura, che ti confronta continuamente con la realtà quotidiana. La prefazione all'edizione Bettinelli indica i libri essenziali della formazione goldoniana: quello del "mondo", che gli ha mostrato gli aspetti naturali degli uomini, e quello del "teatro", che gli ha insegnato la tecnica della scena e del comico. Con la quarta fase, si presenta una disarmonia e contraddittorietà tra "mondo" e "teatro". L'ultima fase, costituita dall'esperienza francese, nasce tra parecchie difficoltà: non si ha più riscontro dal mondo veneziano, che è stato l'ispirazione di Goldoni. La sensibilità teatrale di Goldoni lo porta lontano dai principi della riforma. In alcune sue commedie vi sono parecchi riferimenti alla commedia dell'arte: la permanenza delle maschere e caricature e deformazioni di comicità. Altre tracce si possono ritrovare in certi intrecci e nella distribuzione delle scene. Goldoni scrisse anche libretti melodrammatici, quindici intermezzi e cinquanta drammi giocosi: tra questi L'Arcadia in Brenta, Il mondo della luna, La buona figliuola musicata da Niccolò Piccinni.
Classi sociali
Egli fu conosciuto per il suo "illuminismo popolare", che critica ogni forma di ipocrisia dando importanza alle classi sociali piccolo-borghese. Goldoni aspira ad un pacifico mondo razionale, accettando le gerarchie sociali, distinguendo i diversi ruoli della nobiltà, della borghesia e del popolo. Conscio dei conflitti che possono sorgere tra le varie classi, dando spazio nel suo teatro al conflitto tra nobiltà e borghesia, secondo Goldoni, un uomo si può affermare indipendentemente dalla classe cui appartiene, attraverso l'onore e la reputazione di fronte all'opinione pubblica. Ogni individuo se onorato accetta il proprio posto nella scala sociale e rimane fedele ai valori della tradizione mercantile veneziana: onestà, laboriosità, ecc. Goldoni offre l'immagine di una trionfante affermazione della missione teatrale, di un sicuro proposito di riforma sostenuto da una spontanea gaiezza. La sua figura appare come un'immagine che rappresenta cordialità, disposizione al sorriso e alla gioia, disponibilità umana. Dietro quest'immagine gaia, vi è un'inquietudine, scaturita dall'estraneità dell'io narrante rispetto alle vicende, che si trasforma in un continuo interrogarsi su se stesso e sul mondo, in una forma di inquieta ipocondria. Per tutta la sua vita, Goldoni è alla ricerca di legittimazione di se stesso, del proprio fare teatro: ciò converge con il suo rifiuto di una tranquilla professione borghese. Non essendo nato all'interno dell'ambiente teatrale e venendo da un contesto diverso, non riesce ad accettare il teatro così com'è, ma cerca di riformarlo, cercando di fondare un nuovo teatro onorato. Nel libro del Mondo, Goldoni rivolge la propria attenzione sia ai vizi, che il suo teatro vuole colpire e correggere, sia a qualità e virtù, da mettere in risalto. Ogni opera di Goldoni contiene una sua morale, sottolineando nelle premesse il ruolo pedagogico dei caratteri. Il teatro attinge dal mondo riferimenti, spunti, allusioni e richiami alla vita quotidiana. L'opera goldoniana racchiude tutta la vita della Venezia e dell'Italia contemporanea, assumendo così la qualità di un modernissimo realismo. I borghesi assumono il ruolo centrale tra le varie classi sociali sulle scene goldoniane: nelle prime opere sono positivi, a partire dalla figura di Momolo, "uomo di mondo". La maschera di Pantalone diventa immagine delle buone qualità del mercante veneziano. I nobili appaiono senza valori. I servi, conservando la schematicità della commedia dell'arte, si segnalano per la gratuita intelligenza. Una commedia esemplare è La famiglia dell'antiquario.
Il teatro e il mondo
Negli ultimi anni veneziani, le commedie cominciano ad andare in crisi. Ecco che le figure dei servi assumono un nuovo spazio, muovendo critica alla ragione borghese dei padroni. Il mondo popolare goldoniano, pieno di purezza e vitalità - qualità assenti in quello borghese -, si regge sugli stessi valori di quest'ultimo, ancora incontaminati. Per Goldoni, una componente essenziale del mondo è l'amore. Questo sentimento presente sui giovani nelle scene è subordinato a regole sociali e familiari, sottostante alla reputazione e all'onore. La reticenza di Goldoni sulle sue avventure amorose raccontate nei Mémoires è presente anche nelle sue commedie. Per Goldoni il teatro ha una forte valenza istituzionale, è una struttura produttiva, retta da principi economici simili a quelli che regolano la vita del mondo. Questa forza porta la commedia goldoniana al di là della naturale rappresentazione della vita contemporanea. Goldoni ha una visione critica del mondo, in quanto turba l'equilibrio dei valori della vita delle classi sociali rappresentate. Tale visione va oltre le intenzioni dell'autore ed il modello della sua riforma. Nelle scene goldoniane si ha la sensazione di un'insanabile irrequietezza, che si sospende con il lieto fine tradizionale, sancito dai soliti matrimoni. I rapporti di questo mondo sono soltanto esteriori, sorretti dal principio della reputazione. Così Goldoni anticipa alcune forme del dramma borghese ottocentesco. Il segreto del comico goldoniano consiste nel singolare piacere del vuoto dello scambio sociale, dell'estraneità tra i personaggi dialoganti e della crudeltà di vita di relazione.
* 1869 - Carlo Cattaneo (Milano o forse Villastanza[1], 15 giugno 1801 – Castagnola, oggi Lugano, Canton Ticino - Svizzera, 6 febbraio 1869) è stato un patriota, filosofo, politico federalista e scrittore italiano.
Origini e formazione intellettuale
Figlio di Melchiorre, un orefice, e di Maria Antonia Sangiorgio, il piccolo Carlo trascorse gran parte della sua infanzia dividendosi tra la vita cittadina milanese e lunghi e frequenti soggiorni a Casorate, dove era spesso ospite di parenti paterni. Fu proprio durante questi soggiorni che, approfittando della biblioteca del prozio Giacomo Antonio, un sacerdote di campagna, Cattaneo si appassionò alla lettura, soprattutto dei classici. Il suo amore per le lettere classiche lo indusse a intraprendere gli studi nei seminari di Lecco prima e Monza poi, che avrebbero dovuto portarlo alla carriera ecclesiastica, ma già all'età di diciassette anni, abbandonò il seminario per continuare la sua formazione presso il Sant'Alessandro di Milano e in seguito al liceo di Porta Nuova dove si diplomò nel 1820. La sua formazione culturale e intellettuale fu plasmata, durante gli studi superiori, da maestri quali Giambattista De Cristoforis e Giovanni Gherardini, i quali gli aprirono le porte del mondo intellettuale milanese. Grazie a queste nuove opportunità aperteglisi, oltre alla passione per gli studi classici, Cattaneo iniziò a nutrire interessi di carattere scientifico e storico. Sempre in questo periodo furono fondamentali per la sua formazione intellettuale le letture presso la Biblioteca di Brera, e il contatto con il cugino paterno Gaetano Cattaneo il quale, oltre ad essere direttore del Gabinetto numismatico, era anche un importante esponente del mondo intellettuale milanese di inizio secolo.
Di non secondaria importanza per il percorso formativo degli interessi di Cattaneo, furono la frequentazione assidua della Biblioteca Ambrosiana, grazie alla sua parentela materna con il prefetto Pietro Cighera, e della biblioteca personale dello zio paterno Antonio Cattaneo, farmacista e studioso di chimica.
Nel dicembre del 1820, la Congregazione Municipale di Milano lo assunse come insegnante di grammatica latina e poi di scienze umane nel ginnasio comunale di Santa Marta dove restò per ben quindici anni. In questo stesso periodo iniziò ad approfondire le sue frequentazioni con gli intellettuali milanesi, entrando a far parte della cerchia di Vincenzo Monti e di sua figlia Costanza, di questi stessi anni sono le sue amicizie con Stefano Franscini e Giuseppe Montani.
Dopo aver iniziato a frequentare le lezioni di diritto tenute da Gian Domenico Romagnosi nella scuola privata, ne divenne presto amico ed allievo. Nel 1824 si laureò in Giurisprudenza presso l'Università di Pavia con il massimo dei voti.
Risale al 1822 la sua prima pubblicazione data alla stampa e apparsa sulla Antologia, si tratta di una recensione all' Assunto primo della scienza del diritto naturale di Romagnosi. Tra il 1823 e il 1824 si assenta numerose volte dal suo posto di insegnante per motivi di malattia, probabilmente per dei forti reumatismi. Tra il 1824 ed il 1826 diede alla pubblicazione le sue traduzioni dal tedesco di opere divulgative di carattere storico e geografico, frutto di una commissione governativa. In questo periodo collaborò con il suo amico Stefano Franscini per la traduzione della Storia della Svizzera pel popolo svizzero di Heinrich Zschokke, ma che venne pubblicata solo nel 1829.
Nel 1825 muore il padre e suo fratello maggiore Filippo, il primogenito, gli succede nel negozio di oreficeria. In questo stesso anno Cattaneo conosce Anna Woodcock, una giovane anglosassone con la quale inizierà ad allacciare un relazione sempre più profonda.
Nel 1848 a Milano Cattaneo ottenne alcune concessioni dal vicegovernatore austriaco, subito annullate dal generale austriaco Josef Radetzky.
Cattaneo e i suoi insorsero, iniziando le cinque giornate di Milano. Ma dopo di esse, Cattaneo rifiutò l'intervento piemontese, perché lo considerava meno sviluppato della Lombardia e distante dall'essere democratico.
Dopo una serie di moti popolari, il 9 febbraio 1849 viene proclamata la Repubblica Romana, guidata da un triumvirato costituito da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini.
In seguito ai moti del 1848-49 il Cattaneo riparò in Svizzera e tenne dimora a Castagnola, presso Lugano. Qui ebbe modo di stringere maggiormente la sua amicizia con Stefano Franscini, potente politico ticinese, e a partecipare alla vita politica del Cantone e della città. Qui fu uno dei fondatori del Liceo di Lugano che volle fortemente per creare un'istruzione laica libera dal giogo della Chiesa, al fine di formare quella classe borghese liberale e laica che erano alla base dello sviluppo economico del resto della Svizzera.
Morì sempre a Lugano, e pur essendo più volte eletto in Italia come deputato del Parlamento dell'Italia unificata, rifiutò sempre di andarci per non giurare fedeltà ai Savoia. Il suo corpo giace nel Famedio del Cimitero Monumentale di Milano accanto a illustri concittadini come Alessandro Manzoni e Carlo Forlanini.
Fu amico di Luciano Manara.
Pensiero politico federalista
Cattaneo viene ricordato per le sue idee federaliste improntate su un forte liberalismo e laicismo. All'alba dell'Unificazione italiana, Cattaneo era fautore di un sistema politico basato su una confederazione di stati italiani sullo stile della Svizzera. Egli, infatti, avendo stretto amicizia di vecchia data con politici ticinesi come Stefano Franscini, aveva ammirato nei suoi viaggi l'organizzazione e lo sviluppo economico della Svizzera interna che imputava proprio a questa forma di governo.
Cattaneo è più pragmatico di Giuseppe Mazzini, è un figlio dell'illuminismo, in lui è forte la fede nella ragione che si mette al servizio di una vasta opera di rinnovamento della società. Pur essendogli state dedicate numerose logge massoniche ed un monumento realizzato a Milano dal massone Ettore Ferrari, una sua lettera a Gian Luigi Bozzoni del 7 agosto 1867, consente di escludere la sua appartenenza alla massoneria, per sua esplicita dichiarazione.
Per Cattaneo scienza e giustizia devono guidare il progresso della società, tramite esse l'uomo ha compreso l'assoluto valore della libertà di pensiero; il progresso umano non deve essere individuale ma collettivo, attraverso un continuo confronto con gli altri.
La partecipazione alla vita della società è un fattore fondamentale nella formazione dell'individuo: il progresso può avvenire solo attraverso il confronto collettivo. Il progresso non deve avvenire per forza, se avviene, avverrà compatibilmente con i tempi: sono gli uomini che scandiscono le tappe del progresso.
Cattaneo nega l'idea di contratto sociale, gli uomini si sono associati per istinto: "la società è un fatto naturale, primitivo, necessario, permanente, universale..."; è sempre esistito un "federalismo delle intelligenze umane": è sorto perché è un elemento necessario delle menti individuali.
Pur riconoscendo il valore della singola intelligenza, afferma però, che più scambio e confronto ci sono, più la singola intelligenza diventa tollerante; in questo modo anche la società sarà più tollerante: i sistemi cognitivi dell'individuo devono essere sempre aperti, bisogna essere sempre pronti da analizzare nuove verità.
Così come le menti si devono federare, lo stesso devono fare gli stati europei che hanno interessi di fondo comuni; attraverso il federalismo i popoli possono gestire meglio la loro partecipazione alla cosa pubblica: "il popolo deve tenere le mani sulla propria libertà", il popolo non deve delegare la propria libertà ad un popolo lontano dalle proprie esigenze.
La libertà economica è fondamentale per Cattaneo, è la prosecuzione della libertà di fare: "la libertà è una pianta dalle molte radici" e nessuna di queste radici va tagliata sennò la pianta muore. La libertà economica necessita di uguaglianza di condizioni, le disparità ci saranno ma solo dopo che tutti avranno avuto la possibilità di confrontarsi.
Cattaneo è repubblicano e una volta eletto addirittura rinuncia ad entrare in parlamento perché rifiuta di giurare dinnanzi al Re.
Ancora oggi Cattaneo viene visto come l'iniziatore della corrente di pensiero federalista in Italia.
* 1872 - Auguste Joseph Alphonse Gratry (Lilla, 10 marzo 1805 – Montreux, 6 febbraio 1872) è stato uno scrittore e teologo francese.
Già studente del Politecnico di Parigi, fu ordinato prete nel 1832. Fu professore nel Seminario di Strasburgo, poi nel Collegio Stanislas di Parigi nel 1842; nel 1847 fu nominato cappellano della Scuola Normale superiore. Nel 1861 divenne vicario generale della diocesi di Orléans e l'anno dopo insegnò etica alla Sorbona di Parigi. Nel 1867 fu membro dell'Accademia francese.
Insieme con il curato di San Rocco, l'abbé Pététot, ricostituì l'Oratorio di Gesù e Maria Immacolata, una società clericale consacrata all'educazione, dal quale fu fatto allontanare dal vescovo di Strasburgo per la sua adesione all'organizzazione pacifista "Lega Internazionale per la Pace".
Gratry fu uno dei principali oppositori della definizione del dogma infallibilità papale, che espresse in molte lettere edite con il titolo Monseigneur l'Evêque d'Orléans et Monseigneur l'Archevêque de Malines che furono condannate ancora dal vescovo di Strasburgo. Gatry dovette fare atto di sottomissione all'autorità del Concilio Vaticano I nel 1871 e si ritirò a Montreux, in Svizzerà, dove morì pochi mesi dopo.
Secondo Gratry, dobbiamo cercare la verità con tutte le nostre facoltà – sentimento, immaginazione, amore, ragione: come le cose si conoscono veramente nelle loro relazione con Dio, così l’uomo si valorizza solo nella sua ascesa a Dio. Se nella determinazione dei valori e delle relazioni fra le facoltà umane, Gratry privilegia l’amore, per lui Dio è conosciuto per mezzo della ragione, con un processo analogo a quello sviluppato nelle scienze; di fronte alla bellezza e alla perfezione presente nella natura, l’anima sviluppa una capacità di esaltazione che la innalza dalla propria finitezza all’infinito.
* 1918 - Gustav Klimt (Vienna, 14 luglio 1862 – Neubau, 6 febbraio 1918) è stato un pittore austriaco, uno dei massimi esponenti dell'Art Nouveau (stile Liberty, in Italia), protagonista della secessione viennese.
Gustav Klimt nasce nel 1862 a Baumgarten, quartiere di Vienna, secondo di sette fratelli. Il padre Ernst, immigrato boemo, è orafo, la madre, Anna Finster, appassionata di musica lirica. Le condizioni economiche della famiglia, già compromesse, diventano precarie dopo la crisi economica del 1873 causata dal fallimento dell'Esposizione Universale di Vienna.
Nel 1876 il quattordicenne Gustav viene ammesso a frequentare la Kunstgewerbeschule, (scuola d'arte e mestieri del Museo Austriaco per l'arte e l'industria), dove studierà fino al 1883, confrontandosi con svariate tecniche artistiche, dal mosaico alla ceramica, nel rispetto dei canoni accademici e della storia dell'arte del passato. Tre anni dopo, con il fratello minore Ernst e con il pittore Franz Matsch, grazie all'interessamento del professor Laufberger, ottiene la commissione per la decorazione del cortile del Kunsthistorisches Museum, su progetto dello stesso Laufberger.
Nel 1880 dipinge le quattro allegorie del Palazzo Sturany a Vienna e il soffitto della Kurhaus di Karlsbad. Tra il 1886 e il 1888 si dedica, con il fratello e l'amico, alla decorazione del Burgtheater di Vienna, in una serie di pannelli raffiguranti teatri dell'antichità o del mondo contemporaneo. I tre guadagnano ben presto la stima e la notorietà tra i cittadini viennesi, e le commissioni dei primi ritratti garantiranno loro un discreto successo e una tranquillità economica. I ritratti vengono eseguiti a partire da fotografie, e una delle prime qualità che viene riconosciuta a Gustav è proprio la precisione fotografica nella resa dei volti.
Nel 1888 Klimt riceve un riconoscimento ufficiale dall'imperatore Francesco Giuseppe e le università di Monaco e Vienna lo nominano membro onorario.
Nel 1892, a pochi mesi dalla morte del padre, anche il fratello Ernst muore improvvisamente: Gustav deve farsi carico di entrambe le famiglie, e questo lutto lascia un segno anche nella sua produzione artistica. Nello stesso periodo avviene l'incontro con Emilie Flöge che, pur essendo a conoscenza delle relazioni che il pittore intrattiene con altre donne (negli anni '90 del XIX secolo Klimt sarà il padre riconosciuto di almeno 14 figli), sarà la sua compagna fino alla morte del pittore.
Nel 1898 si inaugura la prima mostra della Secessione viennese, movimento artistico costituitosi l'anno prima con Klimt presidente. La secessione pubblica una propria rivista, Ver Sacrum (primavera sacra) di cui verranno pubblicati 96 numeri, fino al 1903. Alla prima mostra vengono esposte opere dello stesso Klimt, di Auguste Rodin, Puvis de Chavannes, Arnold Böcklin, Alfons Mucha e Fernand Khnopff. La seconda mostra inaugurerà il Palazzo della Secessione, appositamente progettato da Joseph Maria Olbrich con elementi greco-egiziani: all'ingresso venne collocata la frase A ogni tempo la sua arte, all'arte la sua libertà.
Nel 1894 l'università di Vienna aveva commissionato all'artista la decorazione del soffitto dell'aula magna: i lavori vengono rimandati per quattro anni e i pannelli eseguiti da Klimt rispecchiano il nuovo orientamento influenzato dalla Secessione. Filosofia, Medicina e Giurisprudenza verranno duramente contestate dai committenti, che avevano immaginato una sobria rappresentazione del progresso della cultura, ma che si ritrovano un turbinio di corpi sensuali. La protesta del corpo docente arriva fino al parlamento: a questo punto, Klimt decide di rompere il contratto e restituisce l'anticipo già versato.
Elemento chiave dei lavori di Klimt è la figura femminile. Anche quando rappresentano figure allegoriche, le donne sono visibilmente ritratte da personaggi della vita quotidiana; talvolta si tratta di prostitute che, anche se ingentilite dalle citazioni classiche nel contesto del quadro, vengono raffigurate ad esempio con acconciature vaporose e trucco pesante. Questo scandalizza la società viennese dell'epoca, che avrebbe accettato senza problemi personaggi femminili idealizzati, ma che non può non notare l'eccessivo realismo di certe figure e soprattutto dei nudi. Un'altra caratteristica della sua pittura è l'ornamento con forme ed elementi classici, che non solo svolgono funzione decorativa, ma assumono anche valenze simboliche, dando il massimo risalto alla figura centrale.
Nonostante lo scandalo tra i benpensanti, Klimt trova i suoi mecenati tra le ricche famiglie ebree della borghesia viennese, che amano l'arte d'avanguardia: l'industriale dell'acciaio Karl Wittgenstein, la famiglia Knips, l'imprenditore tessile Wärndorfer. Alle mogli di questi influenti personaggi, Klimt dedicherà dei famosi ritratti.
Intanto, Klimt continua ad esporre i suoi lavori a livello internazionale, anche grazie ai contatti con le altre Secessioni, di Berlino e di Monaco, di cui è membro: nel 1900 Filosofia riceve la medaglia d'oro all'Esposizione Universale di Parigi.
Nel 1903 Klimt si reca due volte a Ravenna, dove conosce lo sfarzo dei mosaici bizantini: l'oro musivo, eco dei lavori del padre e del fratello in oreficeria, gli suggerisce un nuovo modo di trasfigurare la realtà e modulare le parti piatte e plastiche con passaggi tonali, dall'opaco al brillante.
In seguito alla crisi della Secessione viennese, Klimt si avvicina ai neonati Wiener Werkstätte (Laboratori Viennesi) e la mostra del 1908 conterrà una sezione dedicata esclusivamente a sedici sue opere. La collaborazione continua anche nel 1905 con la decorazione di Palazzo Stoclet, dimora dell'industriale Apolphe Stoclet progettata da Josef Hoffmann a Bruxelles, con il fregio musivo della sala da pranzo. I 9 disegni ideati da parte di Klimt oggi si trovano nella collezione permanente del Museum für angewandte Kunst a Vienna.
Nel 1910 Klimt partecipa alla Biennale di Venezia e l'anno successivo riceve il primo premio dell'Esposizione Internazionale di Arte di Roma per Morte e vita: le sue opere verranno esposte anche a Firenze, Bruxelles, Londra e Madrid.
Al ritorno da un viaggio a Roma, l'11 gennaio 1918, viene colpito da un ictus che lo condurrà alla morte il 6 febbraio. L'allievo ed amico Egon Schiele lo ritrarrà sul letto di morte.
Gustav Klimt è il pittore più rappresentativo dell'ART NOUVEAU, che partito da una formazione artistica ancora tradizionale, diviene uno dei massimi esponenti della Secessione viennese. In lui prevalgono il SIMBOLO, l'evocazione della realtà, piuttosto che la sua rappresentazione; la linea elegante, morbida e sinuosa, la BIDIMENSIONALITA' delle forme, l'accostamento sapiente dei colori, il PREZIOSISMO, in una fusione e in un assorbimento delle più svariate componenti, che vanno dalla conoscenza dei mosaici di Ravenna (fulgore e divisionismo cromatico, superamento della realtà, assenza di volumetria) fino alle più recenti acquisizioni artistiche (simbolismo, decadentismo) e psicanalitiche (l'espressione dell'inconscio attraverso il segno pittorico). Ma l'arte di Klimt non è tutta o soltanto espressione di un MONDO INTERIORE morbosamente angosciato, come appare in molte sue opere: egli è capace di rendere anche l'ultima magica poesia di un bel PAESAGGIO o la forza interiore che emana dai visi di alcuni splendidi RITRATTI FEMMINILI.
▪ 1954 - Friedrich Meinecke (Salzwedel, 20 ottobre 1862 – Dahlen, 6 febbraio 1954) è stato uno storico tedesco.
I temi più rilevanti del pensiero storico di Meinecke connessi alla storia della sua amata Germania riguardano il conflitto tra la politica di potenza e l'universalismo cosmopolita e quello tra la ragion di stato e i valori morali.
La catastrofe tedesca
«..si insinuava qualcosa di mal sicuro e di poco sano.... La coscienza morale d'Europa era ammalata da quando, caduta prima l'antica fede religiosa, caduta più tardi quella razionalistica e illuministica, non caduta ma combattuta e contrastata l'ultima e più matura religione, quella storica e liberale, il bismarckismo e l'industrialismo e le loro ripercussioni e antinomie interne, incapaci di comporsi in una nuova e rasserenante religione, avevano foggiato un torbido stato d'animo, tra avidità di godimenti, spirito di avventura e conquista, frenetica smania di potenza, irrequietezza e insieme disaffezione e indifferenza, com'è proprio di chi vive fuori centro, fuori di quel centro che è per l'uomo la coscienza etica e religiosa.» (Benedetto Croce,Storia d'Europa nel secolo XIX, Bari, 1938)
Alla fine del secondo conflitto mondiale Meinecke si chiede nell'opera Die deutsche Katastrophe, quale percorso disgraziato e malvagio abbia compiuto la storia tedesca per concludersi con quell'immane disastro che sembra segnare la fine della Germania e nel contempo spera che vi sia per i tedeschi una qualche speranza di riscatto e rinascita associandosi all'ideale dell'unione europea.
In forme più generali lo storico tedesco si domanda se la ragion di stato machiavellica di per sè giustifichi senpre i mezzi in vista del conseguimento dei fini opure se il potere è in sè sempre malvagio o se divenga tale solo quando chi lo possiede lo usa senza limiti.
Lo storico Fulvio Tessitore, nella sua monografia Introduzione a Meinecke analizza le risposte di Meinecke che riconosce l'origine del disastro nel passato della Germania ammettendo che «era la degenerazione del popolo tedesco quella che ci sforziamo, andando per tentoni e a tastoni, di intendere nel suo primo abbozzo» e oramai riandando al travolgimento di quella primitiva nazionalistica esaltazione «dobbiamo ammettere che abbiamo poco notato i punti neri che, occulti, oscuravano lo splendore della impresa» dell'annus mirabilis del 1866.
In quell'anno fatale, prima della tardiva analisi di Meinecke e di altri storici della sua scuola, nel 1866 plaudenti al cancelliere di ferro, il poeta e scrittore austriaco di origine boema, Rainer Maria Rilke (1875 – 1926) fin dal 1923 - anticipando anche il giudizio di Benedetto Croce nella sua Storia d'Europa nel secolo XIX del 1938 - aveva individuato il segno iniziale del destino tragico che attendeva la storia tedesca: «Il 1866 - aveva scritto il poeta - mi sembra essere l'inizio di molti errori di cui oggi subiamo le conseguenze. Quell'anno, infatti, segna la nascita della terribile egemonia prussiana che, unificando brutalmente la Germania, ha soppresso tutte le semplici amabili Germanie del passato. La Prussia, il meno tedesco e il meno civile degli Stati, questo incorreggibile parvenu, è riuscita a sovrapporre a volti appena formati la maschera raggelata di un demonio ingordo che attira e provoca sventura».
All'indomani della seconda guerra mondiale il vecchio Meineche tardivamente concorda con chi l'ha preceduto, riconoscendo nel prussianesimo bismarckiano, che ha liquidato la concezione di uno stato composto di essere liberi tutelati dalla legge, l'origine dei mali non solo tedeschi ma dell'intera Europa che non è stata esente da colpe essa stessa quando si faceva portatrice di politiche imperialiste.
Nazionalismo, militarismo e imperialismo, e anche l'intervento di fattori casuali portarono al nazismo volendo Meinecke in questo modo confermare in senso antihegeliano il carattere di casualità, d'imprevedibilità della storia.
In un'epoca in cui la storiografia si divideva su posizioni ideologiche contrapposte, merito dello storico tedesco è stato quello di aver messo senza nascondimenti in risalto le equivoche connessioni tra «militarismo e hitlerismo», o tra «bolscevismo e hitlerismo», o tra «hitlerismo e cristianesimo», o tra «hitlerismo e potenze occidentali».
▪ 1991 - María Zambrano (Vélez-Málaga, 22 aprile 1904 – Madrid, 6 febbraio 1991) è stata una filosofa e saggista spagnola.
È stata allieva a Madrid di José Ortega y Gasset e di Xavier Zubiri. La sua formazione è influenzata sia dal tradizionalismo unamuniano che dall'europeismo orteghiano, con questa chiave di lettura si possono leggere i suoi testi i quali presentano una continua ricerca di equilibrio tra un razionalismo "europeo" e una rivitalizzazione della tradizione "spagnola", al fine di non perdere il lato più poetico dell'uomo, il suo essere nel mondo. Molto presenti sono pure le tematiche tipiche della filosofia di Max Scheler.
* 1992 - David Maria (al secolo Giuseppe) Turoldo (Coderno, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992) è stato un religioso e poeta italiano dell'Ordine dei Servi di Maria[1]; è stato uno dei più rappresentativi esponenti del rinnovamento del cattolicesimo della seconda metà del '900, il che gli valse il titolo di "coscienza inquieta della Chiesa".
Nono di dieci fratelli, Giuseppe Turoldo nacque a Coderno, frazione del paese friulano di Sedegliano, da una famiglia contadina, umile e molto religiosa.
A soli 13 anni, fece il suo ingresso nel convento di Santa Maria al Cengio a Isola Vicentina, sede triveneta della Casa di Formazione dell'Ordine Servita: il 2 agosto 1935 emise la sua prima professione religiosa, assumendo il nome di fra' David Maria; il 30 ottobre 1938 pronunciò i voti solenni a Vicenza. Intenzionato a diventare sacerdote, iniziò gli studi teologici e filosofici a Venezia. Il 18 agosto 1940 venne ordinato presbitero nel Santuario della Madonna di Monte Berico di Vicenza.
Nel 1940 si trasferì a Milano, presso il convento di Santa Maria dei Servi in San Carlo al Corso: su invito del cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo della città e forte sostenitore del suo ordine, iniziò a tenere la predicazione domenicale presso il duomo milanese, attività che lo vedrà impegnato per il successivo decennio. Completò i suoi studi in filosofia all'Università Cattolica di Milano, dove conseguì la laurea l'11 novembre 1946 con una tesi dal titolo significativo, La fatica della ragione - Contributo per un'ontologia dell'uomo, redatta sotto la guida del prof. Gustavo Bontadini. Sia Bontadini che Carlo Bo gli offriranno il ruolo di Assistente universitario, il primo presso Filosofia Teoretica a Milano, il secondo presso la cattedra di Letteratura all'Università di Urbino.
L'inizio del suo impegno
Durante l'occupazione nazista di Milano (8 settembre 1943 - 25 aprile 1945) collabora attivamente con la resistenza antifascista, creando e diffondendo dal suo convento il periodico clandestino l'Uomo.
Ancora una volta un titolo significativo, che testimonia la sua scelta dell'umano contro il disumano, perché «La realizzazione della propria umanità: questo è il solo scopo della vita». La sua militanza durò tutta la vita, interpretando il comando evangelico "essere nel mondo senza essere del mondo" come un "essere nel sistema senza essere del sistema". Rifiutò sempre di schierarsi con un partito: nel 1948 rifiutò anche di sostenere la Democrazia Cristiana sostenendo che «non bisogna confondere la Chiesa con un partito, né un partito con la Chiesa».
Il suo impegno a cercare un confronto di idee deciso e talvolta duro, ma sempre dialettico, si tradusse nella fondazione, col suo fedele collaboratore fra' Camillo De Piaz, del centro culturale Corsia dei Servi (il vecchio nome della strada che dal convento dei serviti conduceva al duomo), dedicato all'approfondimento dei problemi di attualità, italiani e internazionali, e delle dinamiche che andavano trasformando la città.
Fu uno dei principali sostenitori del progetto Nomadelfia, il villaggio nato per accogliere gli orfani di guerra "con la fraternità come unica legge", fondato da don Zeno Saltini nell'ex campo di concentramento di Fossoli presso Carpi: grazie alla sua abilità di oratore riuscì a raccogliere molti fondi presso la ricca borghesia milanese.
Tra il 1948 e il 1952 si rende noto al grande pubblico con due raccolte di liriche "Io non ho mani" (che gli valse il Premio letterario Saint Vincent) e "Gli occhi miei lo vedranno".
Il Santo Uffizio, insospettito per il suo pensiero troppo "liberale" nel concedere spazio alla coscienza e per il suo aperto sostegno all'opera ancora incompresa di don Zeno Saltini, aveva chiesto ai superiori dell'Ordine di allontanarlo dall'Italia. Iniziò così nel 1953 un lungo itinerario che gli fece toccare diverse Case servite, in Austria, Baviera, Inghilterra, Stati Uniti, Canada. Furono comunque esperienze molto interessanti, che lo arricchiranno culturalmente e lo faranno conoscere e apprezzare ad un vasto mondo.
Il ritorno in Italia
Nel 1955 venne assegnato al convento della Santissima Annunziata di Firenze, ma solo nel 1964 fu reinserito stabilmente in Italia, anche per l'interessamento del sindaco Giorgio La Pira, da sempre attento ai temi del dialogo e della pace tanto cari anche a Turoldo, di cui divenne buon amico e stretto collaboratore
Nel 1961 viene trasferito nel convento di Santa Maria delle Grazie, a Udine. Qui iniziò a frequentare il suo corregionale Pier Paolo Pasolini (che, agnostico, realizzerà nel 1964 il Il Vangelo secondo Matteo), grazie alla cui collaborazione realizza il suo unico film, Gli Ultimi (1962).
Nel 1964 Turoldo decise di ristrutturare l'antica ex abbazia cluniacense di Sant'Egidio a Fontanella di Sotto il Monte, il paese di origine di papa Giovanni XXIII, scomparso solo l'anno precedente. Fondò e divenne priore di una piccola comunità, "Casa di Emmaus", presso la quale istituì il Centro di studi ecumenici "Giovanni XXIII", aperto anche a persone anche atee e di altre fedi, come quella islamica, all'insegna di un ecumenismo radicale.
L'obbedienza al servizio all'uomo e alla solidarietà si realizzò anche nella sua attività di notista, con rubriche fisse su giornali e riviste. Denunciò tutti i soprusi, soprattutto istituzionali ed economici, e si fece voce degli oppressi, anche di quelli più lontani, per la libertà e la giustizia. Nel 1974, in occasione del referendum abrogativo della legge sul divorzio, si schierò per il "no".
Di notevole interesse artistico fu la collaborazione con il compositore e direttore di coro Bepi De Marzi che con il coro polifonico di Vicenza ha realizzato per la Fonit-Cetra di Milano la prima incisione musicale dei Salmi di padre Turoldo e dell'Ismaele.
Partecipò con piccole letture spirituali alla trasmissione radiofonica Ascolta, si fa sera.
La fine
Affetto ormai da anni da un tumore al pancreas, dopo un itinerario in vari luoghi di cura, morì all'ospedale "San Pio X" di Milano il 6 febbraio 1992; il 2 febbraio, al termine della messa domenicale, si era congedato dai fedeli con la frase: «la vita non finisce mai!». I suoi funerali videro la partecipazione di oltre tremila persone, gente semplice frammista a intellettuali, in attesa per ore di arrivare alla sua bara.
Presiedette le esequie il cardinale Carlo Maria Martini, che, qualche mese prima della morte, aveva consegnato a padre Turoldo il primo "Premio Giuseppe Lazzati", affermando la propria opinione secondo la quale «La Chiesa riconosce la profezia troppo tardi». Un secondo rito funebre venne celebrato nella sua Casa a Fontanella di Sotto il Monte, nel cui piccolo cimitero fu sepolto.
* 2005 - Liana Millu (Pisa, 21 dicembre 1914 – Genova, 6 febbraio 2005) è stata una scrittrice, antifascista e partigiana italiana, autrice di memorie, romanzi e racconti.
Di famiglia ebrea, rimasta assai presto orfana di madre, crebbe con i nonni materni, in quanto il padre, capostazione, viveva lontano da casa.
Manifestò un precoce interesse per il giornalismo e iniziò giovanissima a collaborare con il quotidiano livornese “Il Telegrafo”, sul quale firmava gli articoli come Millu, modificando il suo cognome originario, Millul.
Ottenuto il diploma magistrale, nel 1937 iniziò a insegnare nelle scuole elementari di Montolivo, nei pressi di Volterra, proseguendo l’attività giornalistica. Espulsa dall’insegnamento a seguito delle leggi razziali fasciste, si impiegò come istitutrice presso una famiglia ebrea fiorentina, fino a quando, nel 1940, si trasferì a Genova, dove esercitò vari mestieri, pur continuando a scrivere: con lo pseudonimo di Nàila - anagramma di “Liana” - pubblicò due racconti, Il collega e Monte Pio, sulla rivista “Settimo giorno”.
Con la Resistenza
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 partecipò alla Resistenza italiana entrando nel gruppo clandestino denominato “Otto” (dal nome del fondatore, il neuropsichiatra Ottorino Balduzzi), gruppo che aveva il compito di mantenere i collegamenti tra i campi alleati, ossia tra gli inglesi, gli americani e i prigionieri inglesi provenienti dai Lager liberati.
Recatasi a Venezia in missione da parte dell’organizzazione, vi fu arrestata per la delazione di un infiltrato; dopo essere passata per il campo di transito di Fossoli, fu deportata ad Auschwitz-Birkenau, poi trasferita a Ravensbrück e, di qui, al campo di Malkow, presso Stettino, per lavorare in una fabbrica di armamenti.
Fu liberata nel maggio del 1945, dopo un anno di prigionia, e fece rientro in Italia nel mese di agosto.
Riprese a insegnare nelle scuole elementari e si dedicò, fin dal suo ritorno dalla prigionia, a testimoniare l’esperienza della deportazione.
Opere
Il suo libro Il fumo di Birkenau, che racconta le vicende di sei donne, sue compagne di prigionia a Birkenau, è del 1947 (Milano, La prora), stesso anno della prima edizione di Se questo è un uomo di Primo Levi, a cui è stata legata da grande amicizia.
È stato da allora molte volte riedito, fino al 2005, dalla Giuntina di Firenze, e tradotto in molte lingue. In realtà il libro – come Millu stessa ha detto – iniziò a essere scritto nei giorni immediatamente successivi alla liberazione dal campo, in condizioni assai precarie, in attesa di fare ritorno in Italia.
Al centro del romanzo I ponti di Schwerin, secondo libro di Liana Millu, uscito nel 1978 per l’editore Lalli di Poggibonsi e poi nuovamente nel 1994 per ECIG di Genova, la vicenda di Elmina, del suo rientro a casa dalla prigionia, ma anche delle sue esperienze di vita prima e dopo la deportazione.
In una testimonianza resa a David Dambitsch, e pubblicata nel volume dello stesso Dambitsch Millu ha parlato in questi termini del carattere autobiografico del romanzo:
“Due cose mi hanno spinto a scrivere questo libro. In primo luogo il ritorno dal Lager. Ma altrettanto importante era per me la rappresentazione di una giovane donna che aveva vissuto settanta anni fa e che aveva un solo scopo: la realizzazione di se stessa. Era una scelta molto difficile e dura. Ero una femminista, senza conoscere nemmeno il significato della parola; infatti durante il fascismo non esisteva né la parola né la cosa cui essa si riferisce. Quando ero giovane avevo un solo scopo: diventare libera e indipendente [...]. Ne Il fumo di Birkenau non sono propriamente presente, ma sono, come l’ha definito Primo Levi, un "occhio che osserva” (das “beobachtende Auge”); non sono dunque un personaggio esistente, ma solo osservante.
I ponti di Schwerin è un testo che tratta della mia vita, della mia vita dopo il Lager, della mia vita come donna.“
Agli inizi degli anni ottanta, insieme con Rosario Fucile, dà alle stampe Dalla Liguria ai campi di sterminio, pubblicato dalla Regione Liguria e dall'Associazione nazionale ex deportati (ANED), associazione, questa, nella quale Liana Millu ha svolto un'intensa attività e ricoperto incarichi di responsabilità.
Nel 1988 esce la raccolta di racconti La camicia di Josepha (Genova, ECIG). Il volumetto Dopo il fumo. Sono il n. A 5384 di Auschwitz-Birkenau è stato pubblicato nel 1990 (Brescia Morcelliana).
Il suo diario - Tagebuch : il diario del ritorno dal lager (prefazione di Paolo De Benedetti; introduzione di Piero Stefani -Firenze, Giuntina, 2006 - ) è stato pubblicato dopo la morte, avvenuta nel febbraio del 2005.
Postuma anche la pubblicazione di Campo di betulle: Shoah, l'ultima testimonianza di Liana Millu, curata dal giornalista Roberto Pettinaroli, con prefazione di Moni Ovadia e postfazione di Fernanda Contri.