Il calendario del 28 Maggio
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Eventi
▪ 585 a.C. - Avviene un'eclissi solare, come predetto da Talete, il fenomeno, giudicato di cattivo auspicio, avvenne nel mezzo di una battaglia della guerra tra Persia e Lidia. Le due nazioni, che si combattevano da sei anni giunsero a una tregua. Questa è una delle date cardinali dalle quali è possibile calcolare le altre
▪ 1503
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- Viene firmato il trattato della pace eterna tra Scozia e Inghilterra.
- - Giacomo IV di Scozia e Margherita Tudor vengono uniti in matrimonio da Papa Alessandro VI, in accordo con una Bolla Papale
▪ 1588 - L'Armada spagnola, con 130 navi e 30.000 uomini, salpa da Lisbona in direzione della Manica (solo il 30 maggio tutte le navi avranno lasciato il porto)
▪ 1754 - Guerra Franco-Indiana: nel primo scontro della guerra, la milizia della Virginia, guidata dal Tenente Colonnello ventiduenne George Washington sconfigge una squadra di ricognizione francese nella Pennsylvania sud-occidentale
▪ 1774 - Rivoluzione americana: si raduna il primo congresso continentale
▪ 1807 - Terza coalizione: l'esercito napoletano al comando del principe d'Assia-Philippsthal viene sconfitto dai francesi del generale Jean Reynier
▪ 1863 - Guerra di secessione americana: il 54° Massachusetts, il primo reggimento afroamericano lascia Boston (Massachusetts) per combattere contro i Confederati
▪ 1871 - Soppressione della Comune di Parigi
▪ 1918 - Nasce la Repubblica Democratica di Armenia.
▪ 1936 - Alan Turing sottopone per la pubblicazione Sui numeri computabili con un'applicazione al problema di decidibilità
▪ 1937 - Viene inaugurato il Golden Gate Bridge a San Francisco, California
▪ 1940 - Seconda guerra mondiale: Il Belgio si arrende alla Germania
▪ 1942 - Seconda guerra mondiale: In rappresaglia per l'assassinio di Reinhard Heydrich, i nazisti in Cecoslovacchia uccidono oltre 1.800 persone
▪ 1952 - Francia: il PCF organizza una manifestazione contro la visita del generale Ridgway, che finirà nella repressione e nel sangue con la morte di 2 militanti e l'arresto di Jacques Duclos, segretario del PCF.
▪ 1961 - L'articolo "The Forgotten Prisoners" di Peter Benenson, viene pubblicato su diversi quotidiani a diffusione internazionale. In seguito questo articolo verrà visto come il fondamento dell'organizzazione per i diritti umani Amnesty International
▪ 1964 - Si forma l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP)
▪ 1971 - Viene lanciata la nona sonda diretta verso Marte, nell'ambito della missione russa Mars 3. La sonda raggiungerà il pianeta il 3 dicembre dello stesso anno
▪ 1974 - Italia - Brescia, alle ore 10.00 in Piazza della Loggia, durante un comizio antifascista, nascosto in un cestino della spazzatura, esplode un chilogrammo di tritolo causando la morte di 8 persone e il ferimento di altre 103. L'atto è riconducibile alla strategia della tensione
▪ 1975 - 15 nazioni dell'Africa occidentale firmano il trattato di Lagos creando così la Comunità Economica degli Stati dell'Africa Occidentale
▪ 1979 - Il Mercato comune europeo accetta la Grecia come Stato membro.
* 1980 - Il 28 maggio del 1980 alle 11.10 viene ucciso a Milano, in via Salaino, Walter Tobagi, giornalista di punta del Corriere della Sera .
Un commando di giovani ragazzi, buona parte dei quali appartenenti a famiglie della Milano “bene”, gli spara a poca distanza da casa, mentre sta andando a piedi a prendere l’automobile per recarsi al giornale. Nel giro di poche ore, secondo il tragico rituale della lotta armata, l’assassinio viene rivendicato, attraverso un volantino, da una nuova sigla del terrorismo rosso: la “Brigata 28 marzo”.
▪ 1987 - Il diciannovenne pilota tedesco-occidentale Mathias Rust sfugge alla difesa aerea Sovietica ed atterra con un aeroplano da turismo sulla Piazza Rossa di Mosca. Viene immediatamente incarcerato e verrà rilasciato il 3 agosto 1988
▪ 1991 - I ribelli del Fronte Democratico Rivoluzionario d'Etiopia occupano la capitale Addis Abeba.
▪ 1995 - Neftegorsk, Russia viene colpita da un terremoto di magnitudo 7,6, che uccide almeno 2.000 persone (due terzi della popolazione della città)
▪ 1998 - Il Pakistan risponde a una serie di test nucleari dell'India con cinque test suoi, spingendo USA, Giappone e altre nazioni ad imporre sanzioni economiche
▪ 1999 - A Milano, dopo 22 anni di lavori di restauro, L'ultima cena di Leonardo da Vinci torna ad essere visitabile dal pubblico
▪ 2002 - La Russia è ammessa nella NATO in qualità di "collaboratore per la pace"
▪ 2006 - Italia - elezioni amministrative
▪ 2010 - Italia - Apple iPad in vendita
Anniversari
▪ 1980 - Walter Tobagi (Spoleto, 18 marzo 1947 – Milano, 28 maggio 1980) è stato un giornalista e scrittore italiano, che venne assassinato in un attentato terroristico perpetrato dalla Brigata XXVIII marzo, gruppo terrorista di estrema sinistra.
Le origini
Walter Tobagi nacque il 18 marzo 1947 a San Brizio, una frazione a sette chilometri da Spoleto, in Umbria. All'età di otto anni la famiglia si trasferì a Bresso, vicino a Milano (il padre Ulderico era un ferroviere). La sua carriera di giornalista cominciò al ginnasio, come redattore de La Zanzara, il celebre giornale del Liceo Parini di Milano, diventato celebre per un processo provocato da un articolo sull'educazione sessuale.
Dall'Avanti ad Avvenire
Dopo il liceo, Tobagi entrò giovanissimo all'Avanti! di Milano, ma vi rimase solo pochi mesi per poi passare al quotidiano cattolico Avvenire. Il direttore, Leonardo Valente, disse di lui: « Nel 1969, quando lo assunsi, mi accorsi di essere davanti a un ragazzo preparatissimo, acuto e leale. Di lui ricordo le lunghe e piacevolissime chiacchierate notturne alla chiusura del giornale. Non c'era argomento che non lo interessasse, dalla politica allo sport, dalla filosofia alla sociologia, alle tematiche, allora di moda, della contestazione giovanile. Affrontava qualsiasi argomento con la pacatezza del ragionatore, cercando sempre di analizzare i fenomeni senza passionalità. Della contestazione condivideva i presupposti, ma respingeva le intemperanze. »
Sia all'Avanti! sia all'Avvenire si occupava di argomenti diversi, ma andava sempre più definendosi il suo interesse prioritario per i temi sociali, per l'informazione, per la politica e il movimento sindacale, a cui dedicava molta attenzione anche nel suo lavoro «parallelo», quello universitario e di ricercatore.
La prima inchiesta ampia pubblicata su Avvenire fu sul movimento studentesco a Milano: quattro puntate di storia, analisi, opinioni sui gruppuscoli e sulle lotte del movimento degli studenti in quegli anni: un'inchiesta che costituì la «base» per un più organico e ampio lavoro pubblicato nel 1970 da Sugar col titolo Storia del movimento studentesco e dei marxisti-leninisti in Italia. Sul frontespizio del libro si leggeva: «Il Movimento studentesco espressione dei ceti medi proletarizzati può essere considerato di fatto una avanguardia proletaria? Dalla prospettiva del Movimento il Partito comunista va considerato come 'l'ala destra del movimento operaio' oppure 'l'ala sinistra della borghesia'? E a sua volta il Movimento Studentesco è «l'ala sinistra del movimento operaio», oppure il nucleo del partito rivoluzionario?».
Ma Tobagi non trascurava neppure i temi economici: si misurò con inchieste in diverse puntate sull'industria farmaceutica, la ricerca, la stampa, l'editoria, ecc. In quegli stessi anni si mostrò interessato anche alla politica estera, in particolare all'India, alla Cina, al Medio Oriente, alla Spagna (alla vigilia del crollo del franchismo), alla guerriglia nel Ciad, alla crisi economica e politica della Tunisia, alle violazioni dei diritti dell'uomo nella Grecia dei colonnelli, alle prospettive politiche dell'Algeria, e così via.
Tuttavia, l'impegno maggiore Tobagi lo dedicò alle vicende del terrorismo, a cominciare dalla morte di Giangiacomo Feltrinelli e dall'assassinio del commissario Calabresi. Si interessò, inoltre, alle prime iniziative militari delle Br, ai «covi» terroristici scoperti a Milano, al rapporto del questore Allitto Bonanno, alla guerriglia urbana che provocava tumulti (e morti) per le strade di Milano, organizzata dai gruppuscoli estremisti di Lotta continua, Potere operaio, Avanguardia operaia.
La carriera nel Corriere
Quelli trascorsi all'Avanti! e all'Avvenire furono anni di iniziazione e di pratica alla scuola di «cronista sul campo», un praticantato lungo e faticoso che doveva portarlo al Corriere d'Informazione e, in seguito, al Corriere della Sera, dove poté esprimere pienamente le sue potenzialità di inviato sul fronte del terrorismo e di cronista politico e sindacale.
Come ha raccontato Leonardo Valente, « Walter preparava gli articoli con la stessa diligenza con cui al liceo faceva le versioni di latino e greco e all'università si dedicava alle ricerche storiche: una montagna di appunti, decine e decine di telefonate di controllo, consultazione di leggi, regolamenti, enciclopedie. Insomma svolgeva una mole di lavoro enorme per un pezzo di due cartelle. Ma quando finalmente si metteva alla macchina da scrivere si poteva esser certi che dal rullo sarebbero uscite due cartelle di oro colato. E se per caso, al termine delle sue ricerche e dei suoi controlli, si accorgeva di essere arrivato a conclusioni opposte rispetto a quelle da cui era partito, buttava tutto all'aria e ricominciava dal principio, senza darsi la minima preoccupazione della fatica e del tempo che impiegava. Il suo solo problema era di arrivare alla verità, a qualunque costo »
Questo fu il metodo seguito con scrupolo anche nel suo lavoro di inviato del Corriere. Un metodo rigoroso, consistente nell'analizzare essenzialmente i fatti, alieno dalle ipotesi fantasiose e dalla facile emotività. Forse è per il suo voler innanzitutto «capire» che Tobagi è stato ucciso. La pensa così, ad esempio, Giampaolo Pansa, che ha rilevato come « Tobagi sul tema del terrorismo non ha mai strillato. Però, pur nello sforzo di capire le retrovie e di non confondere i capi con i gregari era un avversario rigoroso. Il terrorismo era tutto il contrario della sua cristianità e del suo socialismo. Aveva capito che si trattava del tarlo più pericoloso per questo paese. E aveva capito che i terroristi giocavano per il re di Prussia. Tobagi sapeva che il terrorismo poteva annientare la nostra democrazia. Dunque, egli aveva capito più degli altri: era divenuto un obiettivo, soprattutto perché era stato capace di mettere la mano nella nuvola nera»
Un giornalista in prima linea
Al Corriere della Sera Tobagi seguì sistematicamente tutte le vicende relative agli «anni di piombo»: dai tempi degli autoriduttori che disturbavano le Feste dell'Unità agli episodi di sangue più efferati con protagoniste le Br, Prima Linea e le altre bande armate. Analizzando le vicende luttuose del terrorismo risaliva alle origini di Potere operaio, con la galassia delle storie politiche e individuali sfociate in mille gruppi, di cui molti approdati alle bande armate.
In Vivere e morire da giudice a Milano Walter raccontò la storia di Emilio Alessandrini, 39 anni, sostituto procuratore della Repubblica, assassinato in un agguato da Prima Linea: un magistrato che si era particolarmente distinto nelle indagini sui gruppi estremisti di destra e, successivamente, su quelli terroristi di sinistra. Anche Alessandrini era un «personaggio simbolo». Scrisse Tobagi: «Alessandrini rappresentava quella fascia di giudici progressisti ma intransigenti, né falchi chiacchieroni né colombe arrendevoli». Osservò inoltre che i terroristi prendevano di mira soprattutto i riformisti, condividendo il giudizio che lo stesso Alessandrini aveva espresso in una intervista all'Avanti!: «Non è un caso che le azioni dei brigatisti siano rivolte non tanto a uomini di destra, ma ai progressisti. Il loro obiettivo è intuibilissimo: arrivare allo scontro nel più breve tempo possibile, togliendo di mezzo quel cuscinetto riformista che, in qualche misura, garantisce la sopravvivenza di questo tipo di società». Un giudizio che doveva trovare una tragica conferma proprio con la uccisione di Tobagi.
Negli ultimi articoli intensificò le analisi su certe realtà urbane a Milano, a Genova, a Torino («Come e perché un 'laboratorio del terrorismo' si è trapiantato nel vecchio borgo del Ticinese», «Vogliono i morti per sembrare vivi», «Bilancio di 10 miliardi all'anno per mille esecutori clandestini», ecc.). Non trascurò il fenomeno del pentitismo, con tutti gli aspetti anche negativi, e studiò il terrorista nella clandestinità, («C'è una regola dei due anni, termine ultimo oltre il quale non resiste il Br clandestino»). E siamo dunque a uno dei suoi ultimi articoli sul terrorismo, un testo che è stato ripubblicato molte volte perché considerato uno dei più significativi sin dal titolo: «Non sono samurai invincibili».
Tobagi sfatò tanti luoghi comuni sulle Br e gli altri gruppi armati, denunciando, ancora una volta, i pericoli di un radicamento del fenomeno terroristico nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro, come molti segnali gli avevano indicato. Scrisse, ad esempio:
«La sconfitta politica del terrorismo passa attraverso scelte coraggiose: è la famosa risaia da prosciugare, tenendo conto che i confini della risaia sono meglio definiti oggi che non tre mesi fa. E tenendo conto di un altro fattore decisivo: l'immagine delle Brigate rosse si è rovesciata, sono emerse falle e debolezze e forse non è azzardato pensare che tante confessioni nascono non dalla paura, quanto da dissensi interni, sull'organizzazione e sulla linea del partito armato»
Le sue opinioni risultano confermate anche in un'altra significativa intervista al figlio di Carlo Casalegno, Andrea. In quell'intervista, concessa un mese prima dell'uccisione di Tobagi, Casalegno disse: «Non sento la benché minima traccia di odio, né provo alcun perdono cristiano. Sento l'offesa come nel momento in cui è avvenuta». L'intervistatore chiese se riteneva giusto denunciare i «compagni di lotta». E Andrea Casalegno rispose senza reticenze: «La denuncia è importante e va fatta se serve a evitare atti futuri gravi. È un dovere, perché è assolutamente necessario impedire che vittime innocenti cadano ancora».
La sera prima di essere assassinato, Walter Tobagi presiedeva un incontro al Circolo della stampa di Milano. Si discuteva del «caso Isman» e dunque della libertà di stampa, della responsabilità del giornalista di fronte all'offensiva delle bande terroristiche. Il dibattito fu piuttosto agitato e l'inviato del Corriere fu fatto oggetto di ripetute aggressioni verbali, cosa non nuova, del resto, come ha raccontato il suo collega ed amico Gianluigi Da Rold:
« Negli anni del suo impegno professionale e come responsabile sindacale dei giornalisti lombardi, Walter Tobagi viene violentemente attaccato, più di una volta, sia dalla parte comunista della redazione del Corriere, sia dai giornalisti di altre testate milanesi di cosiddetta "area comunista." »
A un certo punto, durante quel dibattito, Tobagi, riferendosi alla lunga serie di attentati terroristici, disse: «Chissà a chi toccherà la prossima volta». Dieci ore più tardi era caduto sull'asfalto sotto i colpi dei suoi assassini. Lasciava la moglie, Maristella, e due figli, Luca e Benedetta.
L'assassinio
Tobagi venne ucciso alle 11 di mattina con cinque colpi di pistola da un "commando" di terroristi, Marco Barbone, Paolo Morandini, Mario Marano, Francesco Giordano, Daniele Laus e Manfredi De Stefano, buona parte dei quali figli di famiglie della borghesia milanese. Due membri del commando in particolare appartengono all'ambiente giornalistico: sono Marco Barbone, figlio di Donato Barbone, dirigente editoriale della casa editrice Sansoni (di proprietà del gruppo RCS), e Paolo Morandini, figlio del critico cinematografico del quotidiano Il Giorno Morando Morandini.
A sparare furono Mario Marano e Marco Barbone. È quest'ultimo a dargli quello che nelle sue intenzioni sarebbe il colpo di grazia: quando Tobagi era ormai accasciato a terra, il terrorista gli si avvicinò e gli esplose un colpo dietro l'orecchio sinistro. In realtà, da come risulta dall'autopsia, il colpo mortale fu il secondo esploso dai due assassini, che colpendo il cuore causò la morte del giornalista.
Il processo
Nel giro di pochi mesi dall'omicidio, le indagini di Carabinieri e magistratura portarono all’identificazione degli assassini, ed in particolare a quella del leader della neonata Brigata XXVIII marzo, lo stesso Marco Barbone. Subito dopo il suo arresto, il 25 settembre del 1980, Barbone decise di collaborare con gli inquirenti; grazie alle sue rivelazioni l'intera Brigata XXVIII marzo fu smantellata e furono incarcerati più di un centinaio di sospetti terroristi di sinistra, con cui Barbone venne in contatto nel corso della sua breve ma intensa "carriera" terroristica.
Le 102 udienze di quello che fu un maxi-processo all'area sovversiva di sinistra iniziarono il 1 marzo 1983 e terminarono 28 novembre dello stesso anno. La sentenza ha suscitato molte polemiche poiché il giudice Cusumano, interpretando la legge sui pentiti in modo difforme rispetto al Tribunale di Roma (dove furono comminate comunque pene a oltre vent'anni di carcere ai terroristi pentiti delle Unità comuniste combattenti), concesse a Marco Barbone, Mario Ferrandi, Umberto Mazzola, Paolo Morandini, Pio Pugliese e Rocco Ricciardi «il beneficio della libertà provvisoria ordinandone l'immediata scarcerazione se non detenuti per altra causa», mentre agli altri membri della XVIII marzo, De Stefano, Giordano e Laus, furono inflitti trent'anni di carcere.
Le indagini non hanno chiarito il ruolo svolto dalla fidanzata di Marco Barbone, Caterina Rosenzweig, appartenente ad una ricca famiglia milanese. Nel 1978, cioè ben due anni prima dell'omicidio, Caterina Rosenzweig aveva lungamente pedinato Tobagi, che era anche suo docente di storia moderna all'Università Statale di Milano. Anche se nel settembre 1980 viene arrestata insieme con gli altri, Caterina verrà misteriosamente assolta per insufficienza di prove, nonostante nel corso del processo venga accertato che il gruppo di terroristi si riuniva a casa sua in via Solferino, a poca distanza dagli uffici dove lavorava Tobagi. Dopo il processo si trasferirà in Brasile, dove si perdono le sue tracce.
Altro fatto poco chiaro è la scelta da parte della magistratura di imbastire un processo con ben oltre 150 imputati e relativo non soltanto all'assassinio Tobagi ma a tutta l'area della sovversione di sinistra. Cosa che, a detta di Ugo Finetti, segretario provinciale del Psi, ha fatto apparire il dibattimento come "un processo che sulla carta dovrebbe andare in scena perché si parli poco e male della vittima e con gli assassini più che altro messi sul banco non degli imputati, bensì degli accusatori, perché la sceneggiatura prevede che il centro dell'attenzione processuale riguardi altri fatti e altre persone". Infatti, fu scelto come referente privilegiato Marco Barbone, il quale, pentitosi subito dopo l'arresto, cominciò a fornire una notevole mole d'informazioni sugli ambienti della "lotta armata". Ma tale scelta appare strana se si considera che il generale Carlo Alberto dalla Chiesa in un'intervista a Panorama rilasciata il 22 settembre 1980 (tre giorni prima dell'arresto del terrorista), fa cenno all'assassinio di Tobagi e alla Brigata XXVIII marzo e parla di aver «[...] usato la stessa tecnica adottata a Torino nel '74-75 per la cattura di Renato Curcio: massima riservatezza, conoscenza anche culturale dell'avversario, infiltrazione». Ossia, le forze dell'ordine e la magistratura potevano già disporre di una serie d'informazioni relative al gruppo terroristico e al delitto. Nonostante ciò, come già detto, durante il dibattimento ci si basò sulle dichiarazioni di Barbone, il quale quando questi fu arrestato i capi d'accusa furono: appartenenza alle Fcc, a Guerriglia rossa e aver partecipato alla rapina ai Vigili urbani di via Colletta e non come sospetto per l'omicidio. Nella stessa intervista il generale afferma che vi sono sostenitori della Brigata XVIII marzo tra i giornalisti. Altra stranezza è la insolita uniformità di punti di vista tra pm e difesa di Barbone e la, altrettanto insolita, contrapposizione tra accusa e parte civile, la quale si è vista rifiutare ogni istanza tesa a chiarire le dinamiche del delitto e le circostanze che hanno portato Marco Barbone a pentirsi.
Nel documento di rivendicazione del delitto i terroristi sembrano essere a conoscenza dei fenomeni legati al mondo della carta stampata e a particolari relativi alla vita professionale di Walter Tobagi. Del giornalista scrissero «preso il volo dal Comitato di redazione CORSERA dal '74, si è subito posto come dirigente capace di ricomporre le grosse contraddizioni politiche esistenti fra le varie correnti», ma Gianluigi Da Rold si chiede: «Come fanno a sapere che Walter Tobagi fece parte del comitato di redazione del CORSERA (termine usato solo all'interno di via Solferino) quale rappresentante sindacale del «Corriere d'informazione» anche se per poco tempo [due mesi,ndr], nel 1974?». Il comitato di redazione del CORSERA non è da confondere con l'omologo del Corriere della sera, in esso si riunivano i rappresentanti delle redazioni di tutti i quotidiani e periodici allora collegati alla testata milanese. Nel testo, quindi, si cita un fatto molto particolare, ma Barbone, durante il dibattimento, afferma di essersi confuso: riprendendo un articolo di Ikon, ci si sarebbe sbagliati e scritto 1974 anziché 1977, l'anno in cui Tobagi entrò effettivamente a far parte del comitato di redazione del quotidiano. Ma, come detto, il cdr del Corriere della sera è cosa diversa da quello del CORSERA e appare strano che, laddove l'autore (o autori, stando alla versione fornita da Barone) del testo appare consapevole della differenza, nella sua dichiarazione al processo dimostra di non avercela ben presente, affermando di essersi semplicemente confuso sulla data di ingresso di Tobagi nel cdr del «Corriere della sera».
Altra inconcruenza nelle dichiarazioni di Barbone è quella relativa al suo pedinamento del giornalista la notte del 27 maggio, il giorno prima del delitto. Nel mese di maggio del 1980, la vittima si assentò spesso da Milano per seguire la campagna elettorale per le amministrative, e tornava solo la domenica. Il 27, un mercoledì, eccezionalmente era presente al "Circolo della stampa" di Milano (dove fu oggetto, come riferiscono i testimoni, di attacchi verbali). Il terrorista, successivamente, affermò di aver girato con l'auto attorno alla sede dell'associazione «per rintracciare eventualmente quella del Tobagi e avere conferma che ci fosse, ma senza averla vista, me ne andai subito. La mattina successiva, quindi, agimmo». Se la presenza dell'auto presso il circolo era un fatto secondario rispetto alla messa in pratica del disegno criminoso, allora perché Barbone decise di pedinare Tobagi e soprattutto, come seppe della sua presenza a Milano?
La memoria
Tobagi teneva un diario, ma la discrezione di una famiglia simile a lui lo ha sottratto all'invadenza dei mass media. Come ha scritto Gaspare Barbiellini Amidei, però, «sarebbe un giorno lezione civile poterlo leggere sui banchi della scuola. Molti ragazzi dicono di voler fare da grandi i giornalisti. Lo diventino come lui fu».
A Walter Leo Valiani rese omaggio con queste parole:
«L'Italia repubblicana non ha fatto, sotto i colpi del terrorismo, la stessa fine dell'Italia liberale sotto i colpi dello squadrismo. I politici, i sindacalisti, i magistrati, i poliziotti ed i carabinieri, i giornalisti, e le grandi masse del paese, hanno imparato qualche cosa dall'amara esperienza del primo dopoguerra. Se hanno saputo difendere la repubblica, lo si deve anche ad uomini come Tobagi ed al loro sacrificio. Buono, generoso quale era, se fosse rimasto in vita, Tobagi non se ne vanterebbe. Ma noi gli dobbiamo sempre un accorato omaggio»
In via Salaino, a Milano, all'angolo con via Solari, cioè nei pressi del luogo dell'omicidio, il 28 maggio 2005 è stata posta una targa in memoria di Walter Tobagi. Così la Giunta comunale di Milano, accogliendo la richiesta dell'Associazione Lombarda Giornalisti, di cui Tobagi era presidente, e dell'Ordine del Giornalisti della Lombardia, ha deciso di ricordare l'inviato del Corriere della Sera nel venticinquesimo anniversario della morte. Nella targa è riportato un passo di una lettera che Tobagi scrisse nel dicembre del 1978 alla moglie:
« ... al lavoro affannoso di questi mesi va data una ragione, che io avverto molto forte: è la ragione di una persona che si sente intellettualmente onesta, libera e indipendente e cerca di capire perché si è arrivati a questo punto di lacerazione sociale, di disprezzo dei valori umani (...) per contribuire a quella ricerca ideologica che mi pare preliminare per qualsiasi mutamento, miglioramento nei comportamenti collettivi.»
A Walter Tobagi è stata dedicata una via a Milano,a Peschiera Borromeo (MI) , a Prato (PO), a Spoleto (PG), a Pisa, a Legnaro (PD), a Limena (PD), a Cosenza, a Modena, a Sassuolo (MO), a Manerbio (BS), a Tribiano (MI), a Ornago (MB), a Bergamo, a Curno (BG), a Montespertoli (FI), a Limito (MI), a Latina (LT), a Montale (PT), a Taviano (LE) ed a Roma, presso l'incrocio tra il GRA e la via Casilina. Essa dà il nome anche a una delle fermate della ferrovia Roma-Pantano. A Limbiate (MI) è stata dedicata a Walter Tobagi una piazza, a Cusano Milanino la Sala Consiliare Municipale.
Il 23 gennaio 2008, in una puntata speciale di Ballarò, in prima serata su Rai 3, il giornalista Giovanni Floris intervistò Benedetta, figlia di Walter, che aveva tre anni quando il padre venne colpito a morte sotto casa. Benedetta Tobagi, che oggi è giornalista al Corriere della Sera, ha ripercorso la sua esperienza in un libro: "Come mi batte forte il tuo cuore".
Opere
Tobagi pubblicò il suo primo libro a 23 anni, elaborando e arricchendo inchieste già pubblicate sui quotidiani: Storia del movimento studentesco e dei marxisti-leninisti in Italia (1970, Sugar editore).
È del 1973 il libro-inchiesta Gli anni del manganello pubblicato con la Fratelli Fabbri Editori, in cui racconta l'Italia del periodo 1922-1926: sono gli anni in cui il fascismo impone come legge di Stato la legge dei fuorilegge, la legge della violenza.
Nel 1974 pubblicò, negli Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, La fondazione della politica salariale della Cgil.
Nel 1976 uscì un suo saggio su "Ilario Borsa giornalista liberale" in Problemi dell'informazione, luglio-settembre, e nello stesso anno curò per l'Esi un libro-antologia di scritti e discorsi di Achille Grandi (1944-1946) dal titolo I cattolici e l'unità sindacale. Una più ampia biografia del sindacalista cattolico, insieme a una serie di saggi di altri autori, venne curata da Tobagi in un nuovo libro, pubblicato dal Mulino (Achille Grandi, sindacalismo cattolico e democrazia sindacale). Nel 1978 pubblicò La rivoluzione impossibile, per i tipi del Saggiatore.
Nel 1979 raccolse alcuni saggi originali, legati a temi storici e d'attualità, in Il sindacato riformista (edizione Sugarco); insieme con Giorgio Bocca, pubblicò Vita di giornalista (Laterza) e "Il Psi dal centro sinistra all'autunno caldo" in Storia del partito socialista (Marsilio editori). Infine, uscì postumo, un mese dopo la sua scomparsa, Che cosa contano i sindacati (Rizzoli), un libro che metteva a nudo gli errori, le contraddizioni, i limiti del sindacato degli anni '70.
* 1981 - Stefan Wyszyński (Zuzela, 3 agosto 1901 – Varsavia, 28 maggio 1981) è stato un cardinale e arcivescovo cattolico polacco. Arcivescovo, primate di Polonia, ha svolto un ruolo determinante non solo nell'evoluzione dei rapporti tra la Chiesa cattolica e lo Stato a regime comunista, ma nello stesso sviluppo della storia del suo paese durante la Guerra Fredda.
Eletto nel 1948 arcivescovo di Gniezno e Varsavia, come altri prelati degli Stati dell'Est europeo si trovò, negli anni dello stalinismo, impedito di esercitare la propria missione.
Il regime di Bolesław Bierut, che aveva incarcerato (ma non processato) Władysław Gomułka, aveva confinato in un convento il primate cattolico.
La persecuzione non fece però perdere la serenità di visione al cardinale che, nell'ottobre del 1956, quando la Polonia si ribellò alla dittatura sovietica e si avviò sulla via nazionale al socialismo riaffidando la guida del partito a Gomułka (Rivolta di Poznań), diede prova di notevole sensibilità politica.
Wyszyński infatti fu pronto a concordare con Gomułka un modus vivendi tra Stato e Chiesa evitando atteggiamenti che avrebbero potuto accrescere la tensione nel Paese e favorire un intervento armato sovietico (come si sarebbe registrato invece puntualmente, poche settimane più tardi, a seguito della Rivolta d'Ungheria).
La moderazione del cardinale venne giudicata eccessiva dagli ambienti più conservatori della Curia romana. Quando il primate polacco, nel 1957, poté compiere il suo viaggio a Roma per rendere visita a papa Pio XII dovette fare alcuni giorni di anticamera.
Nel secondo Conclave del 1978, quello di ottobre, il suo nome venne più volte accostato come papabile. Ma, secondo alcuni cronisti ed esperti dell'epoca, fu proprio lui a indicare, come nome valido alla successione di Giovanni Paolo I, quello dell'arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla.
Grande amico di papa Giovanni Paolo II, il suo funerale fu un evento nazionale a cui non poté assistere il Papa perché ancora ricoverato al Policlinico Gemelli dopo l'attentato del 13 maggio, appena 15 giorni prima della morte del cardinale.
▪ 2001 - Francisco Varela (Santiago, 7 settembre 1946 – Parigi, 28 maggio 2001) è stato un biologo, filosofo, neuroscienziato ed epistemologo cileno.
Francisco Varela nasce a Santiago in Cile nel 1946. Dapprima studia medicina e biologia, poi alla Harvard University consegue il Ph.D. in biologia. La sua tesi, difesa nel 1970 e supervisionata da Torsten Wiesel, è intitolata La retina degli insetti: Il processo dell'informazione nei composti dell'occhio. Insegna in molti istituti ed università nel Nord e Sud America: a New York, a Berkeley in California, nel Colorado, in Costa Rica, in Cile; poi in Europa presso il "Max Planck Institut for Brain Research" di Francoforte ed il "Polytechnical Institut" di Zurigo. Nel 1986 soggiorna in Francia, dove inizialmente insegna scienze cognitive ed epistemologia alla École Polytechnique. Nello stesso periodo dirige il gruppo di ricerca "Dinamiche dei sistemi neuronali" del Laboratorio di Neuroscienze e Brain Imaging del CNRS (Centre national de la recherche scientifique) presso l'ospedale della Salpêtrière.
Ha dato importanti contribuiti nei campi della biologia, dell'immunologia, delle neuroscienze, negli studi sull'intelligenza artificiale, nella cibernetica, nella teoria dei sistemi complessi e nell'epistemologia.
Dopo il colpo di stato di Augusto Pinochet nel 1973, Varela e la sua famiglia passano 7 anni in esilio negli Stati Uniti; poi ritorna in Cile per assumere un posto come professore di biologia.
Varela diventa buddista tibetano nel 1970. Inizialmente studia meditazione con il maestro Chögyam Trungpa Rinpoche, fondatore del Vajradhatu e Shambhala Training. Più tardi studia con Tulku Urgyen Rinpoche, un maestro nepalese di tantra.
Muore di epatite C nel 2001 a Parigi a causa del trapianto di fegato che aveva subito nel 1998. Varela ha lasciato quattro figli, tra cui l'attrice e modella Leonor Varela.
Lavoro
Varela era principalmente un biologo, ed è stato profondamente influenzato dal suo insegnante e collega cileno Humberto Maturana, anch'esso biologo con un forte orientamento filosofico. Il concetto di autopoiesi (dal greco "auto" (sé) e "poiesis" (creazione)), da lui elaborato insieme a Maturana, venne da loro utilizzato per indicare che la caratteristica fondamentale dei sistemi viventi è una struttura organizzata al fine di mantenere e rigenerare nel tempo la propria unità e la propria autonomia rispetto alle variazioni dell'ambiente, tramite propri processi costituenti che contribuiscono alla ri-generazione e al mantenimento del sistema.
«Conseguenze delle operazioni del sistema sono le operazioni del sistema.»
Varela ha scritto e pubblicato numerosi libri ed articoli scientifici in biologia, neurologia, scienze cognitive, matematica e filosofia. È stato un membro fondatore dell'Integral Institute, un think tank dedicato alla inter-fertilizzazione di idee e discipline.
Varela era un fautore della Embodied Philosophy, la quale enuncia che la cognizione e la coscienza umana possono essere capite unicamente nei termini delle strutture enattive da cui provengono, vale a dire il corpo ed il mondo fisico con il quale il corpo interagisce. Varela ha introdotto nelle neuroscienze il concetto di neurofenomenologia, basata sugli scritti fenomenologici di Edmund Husserl e di Maurice Merleau-Ponty. Ha anche promosso la cosiddetta "scienza in prima persona", con la quale l'osservatore esamina la sua esperienza della coscienza usando dei metodi con i quali è possibile fare delle verifiche scientifiche.
Opere di Varela
▪ (insieme a Humberto Maturana) L'albero della conoscenza Garzanti, Milano, [1987], ISBN 88-11-67490-5 (titolo orig. El árbol del conocimiento, 1984)
▪ (insieme a Evan Thompson, Eleanor Rosch) La via di mezzo della conoscenza, Feltrinelli, 1992, ISBN 88-07-10159-9 (titolo orig. The Embodied Mind: Cognitive Science and Human Experience, 1991)
▪ Francisco J. Varela. "Neurophenomenology: A methodological remedy for the hard problem." in Journal of Consciousness Studies, 3(4):330–349, 1996.
▪ J. Petitot, F.J. Varela, J.-M. Roy, & B. Pachoud, editors. Naturalizing Phenomenology: Issues in Contemporary Phenomenology and Cognitive Science. Stanford University Press, Stanford, 1999.
* Shaun Gallagher & Francisco Varela. "Redrawing the map and resetting the time: Phenomenology and the cognitive sciences". In Steven Galt Crowell, Lester Embree, and Samuel L. Julian, editors. The Reach of Reflection: Issues for Phenomenology’s Second Century. Center for Advanced Research in Phenomenology, Electronically published at www.electronpress.com, 2001.
* 2003 - Il'ja Romanovič Prigožin (Mosca, 25 gennaio 1917 – Bruxelles, 28 maggio 2003) è stato un chimico e fisico russo naturalizzato belga. Molto noto per le sue teorie sulle strutture dissipative, i sistemi complessi e l'irreversibilità.
Giunto in Belgio con la famiglia nel 1929 all'età di 12 anni, Prigogine si laureò in Chimica alla Libera Università di Bruxelles e qui iniziò ad insegnare nel 1947; nel 1959 divenne direttore dell'International Institute Solvay di Bruxelles.
È stato inoltre direttore del centro di meccanica statistica all'Università del Texas ad Austin, dove inoltre fu tra i fondatori del Center for Complex Quantum Systems [1] nel 1967.
Le teorie
Prigožin ricevette nel 1977 il premio Nobel per la Chimica per le sue teorie riguardanti la termodinamica applicata ai sistemi complessi e lontani dall'equilibrio. Nel pensiero di Prigožin ha un'importanza cruciale il concetto di entropia, ovvero il secondo principio della termodinamica: ogni processo naturale, infatti, è irreversibile e tende ad aumentare la sua entropia (e quella dell'ambiente in cui si trova). Anche il tempo, in quanto successione di stati sempre diversi, deve essere concepito come irreversibile, ed è soggetto a sua volta a entropia. Tuttavia in natura esistono organismi viventi in grado di auto-organizzarsi diminuendo la propria entropia a discapito dell'ambiente, vincolati ad un maggior o minor disordine entropico. A partire da queste considerazioni, Prigožin e altri studiosi (tra cui Francisco Varela e Harold Morowitz) hanno cominciato a gettare un ponte tra la fisica, la chimica, l'ecologia e le scienze sociali, per studiare tali settori non separatamente ma come sistemi tra loro interagenti. Per questa ragione Prigožin è considerato uno dei pionieri della cosiddetta scienza della complessità.
Negli ultimi anni Prigožin lavorò alla matematica dei sistemi non-lineari e caotici e propose l'uso dello spazio di Hilbert allargato in meccanica quantistica come possibile strumento per introdurre l'irreversibilità anche nei sistemi quantistici.
Opere
▪ Dall'essere al divenire. Tempo e complessità delle scienze fisiche (1978), Torino, 1986
▪ La nuova alleanza. Uomo e natura in una scienza unificata (1979), Torino, 1981 (con Isabelle Stengers);
▪ Dall'essere al divenire (1986), Einaudi, Torino 1986;
▪ La nascita del tempo (1984-87), Theoria, Napoli 1988;
▪ La complessità. Esplorazioni nei nuovi campi delle scienze (1987), Torino 1991;
▪ Tra il tempo e l'eternità (1988), Torino 1989 (con I. Stengers);
▪ Le leggi del caos, Roma-Bari 1992.
▪ La fine delle certezze, Bollati Boringhieri, Torino 1997.
▪ Termodinamica: dalle macchine termiche alle strutture dissipative", (2002), Bollati Boringhieri, Torino 2002
▪ Il futuro è già determinato?, Di Renzo Editore, Roma 2003
Questi due filosofi/scienziati esprimono le posizioni più avanzate dell'epistemologia contemporanea, per la quale esiste una rottura nella conoscenza scientifica a partire dalla quale si afferma il paradigma della complessità.