Il calendario del 25 Aprile
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Eventi
▪ 1327 - Viene firmata la pace tra la repubblica di Pisa ed il regno d'Aragona
▪ 1719 - Viene pubblicato il romanzo Robinson Crusoe di Daniel Defoe
▪ 1792 - Francia: Nicolas J. Pelletier è la prima persona giustiziata con l'utilizzo della ghigliottina
▪ 1859 - Iniziano i lavori per la creazione del Canale di Suez
▪ 1916
- - Irlanda - Rivolta di Pasqua: il Regno Unito dichiara la legge marziale (durerà fino al 29 aprile, cioè fino al termine della rivolta)
- - Australia e Nuova Zelanda - Viene celebrato per la prima volta l'ANZAC Day in memoria dei caduti di Gallipoli
▪ 1926
- - Reza Kahn viene incoronato Scià dell'Iran con il nome di Reza Khan Pahlavi
- - Prima assoluta dell'opera lirica Turandot di Giacomo Puccini
▪ 1945
- - I partigiani liberano Milano e Torino dall'occupazione nazifascista
- - Seconda guerra mondiale: truppe americane e sovietiche si congiungono sul Fiume Elba, separando la Germania in due
- - USA: Cinquanta stati fondano a San Francisco (California) le Nazioni Unite
▪ 1953 - Sulla rivista Nature compare l'articolo A Structure for Deoxyribose Nucleic Acid di James Dewey Watson (ornitologo) e Francis Harry Compton Crick (fisico), con il quale viene descritta la struttura ad elica del DNA, per il quale riceveranno nel 1962 il premio Nobel per la medicina
▪ 1959 - Primo caso di AIDS di cui si ha notizia (l'inizio ufficiale dell'epidemia verrà fissato nella data del 5 giugno 1981)
▪ 1961 - Robert Noyce ottiene il primo brevetto per un circuito integrato
▪ 1974 - Portogallo: l'MFA (Movimento das Forças Armadas) composto da ufficiali e truppe dei diversi corpi delle forze armate, occupa militarmente Lisbona e altre città portoghesi dando vita ad un colpo di stato incruento che mette fine al regime dittatoriale di Marcelo Caetano
▪ 1981 - Giappone: più di cento lavoratori sono esposti alle radiazioni mentre sono in corso operazioni di riparazione di un guasto nell'impianto nucleare di Tsuruga
▪ 1982 - Israele completa il suo ritiro dalla Penisola del Sinai dopo gli accordi di Camp David
▪ 1983 - Il Pioneer 10 entra nell'orbita del pianeta Plutone
▪ 1988 - Israele: John Demjanjuk viene condannato a morte per crimini di guerra commessi durante la seconda guerra mondiale. Conosciuto come Ivan il terribile, era una guardia al Campo di sterminio di Treblinka
▪ 1990 - Lo Space Shuttle Discovery lancia in orbita il Telescopio Spaziale Hubble
▪ 2005 - L'ultima parte dell'Obelisco di Axum torna in Etiopia
Anniversari
▪ 1595 - Torquato Tasso (Sorrento, 11 marzo 1544 – Roma, 25 aprile 1595) è stato uno scrittore e poeta italiano.
La sua opera più importante e conosciuta è la Gerusalemme liberata (1575), in cui vengono descritti gli scontri tra cristiani e musulmani alla fine della Prima Crociata, durante l'assedio di Gerusalemme.
Nacque a Sorrento l'11 marzo 1544. Il padre Bernardo era un letterato e cortigiano al servizio del principe di Salerno Ferrante Sanseverino del vicereame di Napoli, mentre la madre, Porzia de' Rossi discendeva da una nobile famiglia pistoiese. Pochi anni dopo il principe fu bandito dal regno e Bernardo seguì il suo padrone, trascorrendo la vecchiaia tra occupazioni di corte faticose e poco remunerative. All'età di 6 anni Torquato si recò in Sicilia e negli anni seguenti a Napoli, dove venne educato dai Gesuiti. Egli rimase fino ai dieci anni a Napoli con la madre, poi seguì il padre prima alla corte di Urbino, quindi a Venezia; nel frattempo gli morì la madre, rimasta a Napoli, forse avvelenata dai suoi fratelli.
Tra il 1560 ed il 1565, Tasso compì i suoi studi a Padova e a Bologna, centri di studio di cultura aristotelica. Nella prestigiosa Università di Padova studiò prima diritto, poi letteratura e filosofia. Proprio a Padova Tasso gettò le basi della propria cultura filosofica, grazie soprattutto alla conoscenza di Sperone Speroni. Si legò all'Accademia degli Eterei ed in seguito a quella degli Infiammati.
Nel 1562, all'età di diciotto anni, pubblicò con successo il poema epico cavalleresco Rinaldo, incentrato sulle avventure del cugino di Orlando e si cimentò anche nella lirica amorosa con versi dedicati a Laura Peperara, conosciuta a Mantova, e a Lucrezia Bendidio, dama di Eleonora d'Este.
Nel 1565 giunse a Ferrara in occasione delle nozze del duca Alfonso II, al servizio del cardinale Luigi d'Este, fratello del duca, e dal 1570 passò al servizio del duca stesso. Questo fu il periodo più felice della vita di Tasso, in cui il poeta visse apprezzato dalle dame e dai gentiluomini per le sue doti poetiche e per l'eleganza mondana. La ricchezza culturale della corte estense costituì per lui un importante stimolo; ebbe infatti modo di conoscere Battista Guarini, Giovan Battista Pigna ed altri intellettuali dell'epoca. Per il divertimento della corte fece rappresentare nell'estate del 1573 il dramma pastorale Aminta. In questo periodo riprese il poema sulla prima crociata, iniziato nel '59, dandogli il nome di Gottifredo; il poema venne ultimato tra il 1570 e l'aprile del 1575 e presentato a corte nell'estate di quell'anno. Ad esso seguì la stesura del Discorso sull'Arte Poetica, un trattato teorico. Tasso sottopose il suo poema al giudizio di cinque autorevoli letterati romani. Egli condivise in parte gli scrupoli degli illustri letterati, che gli avevano rivolto critiche di stampo moralistico. In replica a questo giudizio il poeta scrisse, nel 1576, Allegoria.
Agli scrupoli letterari si unirono ben presto quelli religiosi, che assunsero la forma di vere e proprie manie di persecuzione.
Per mettere alla prova la propria ortodossia nella fede cristiana si sottopose spontaneamente al giudizio dell'Inquisizione di Ferrara, che lo assolse. Nel 1578 si recò dalla sorella a Sorrento, annunciandole la propria morte, così da vedere la sua reazione: le svelò la sua vera identità solo dopo aver osservato la reazione realmente addolorata della donna. Anche quest'episodio sottolinea le turbe psichiche dell'autore, che mostrava evidenti segni di insicurezza.
Nel 1579 ritornò a Ferrara; poiché non trovò a corte l'accoglienza calorosa sperata, diede in escandescenze durante le terze nozze di Alfonso II con Margherita Gonzaga. Il duca lo rinchiuse quindi nell'Ospedale Sant'Anna, nella celebre cella detta poi "del Tasso", dove rimase per sette anni. Qui, alle manie di persecuzione, si aggiunsero tendenze autopunitive. Scrisse comunque ininterrottamente a principi, prelati, signori ed intellettuali pregandoli di liberarlo e difendendo la propria persona. Nel 1580, durante la prigionia, venne pubblicata a Venezia, senza il suo consenso, la prima edizione del poema iniziato all'età di quindici anni, con il nome di Goffredo, composto di 14 canti. L'opera ebbe un grande successo. Il poeta decise allora di pubblicare a Ferrara nel 1581 la Gerusalemme liberata.
Nel marzo del 1588 Tasso, ripreso il frenetico peregrinare tra le corti e le città italiane, ritornò a Napoli per risolvere a proprio favore le cause contro i parenti per il recupero della dote paterna. Benché potesse contare sui parenti e sulle conoscenze altolocate partenopee, i Carafa di Nocera Inferiore, i Gesualdo, i Caracciolo di Avellino, i Manso, preferì accettare l'ospitalità di un convento di frati. In questa occasione scrisse il poemetto, rimasto incompiuto, "Monte Oliveto", in riferimento al convento in cui sorgeva il complesso monastico che attualmente ospita la caserma dei carabinieri (resta visitabile la chiesa Sant'Anna dei Lombardi).
Anche questo periodo napoletano si rivelò problematico per Tasso, a causa delle sue precarie condizioni di salute e delle ristrettezze economiche, a cui si aggiunsero anche nuove polemiche letterarie e religiose sulla Gerusalemme liberata. Spostatosi a Bisaccia, Tasso poté vivere un periodo di maggiore tranquillità. Dai contatti con il conte di Bisaccia nacque anche l'ispirazione per il dialogo Il messaggero, in cui è descritto uno spirito amoroso che appare a Tasso sotto la figura di un giovanetto dagli occhi azzurri, simili a quelli che Omero alla dea d'Atene attribuisce.
Tasso morì a Roma nel 1595 a 51 anni, poco prima di ricevere la laurea poetica promessagli dal papa, Ippolito Aldobrandini. Venne sepolto nella Chiesa di Sant'Onofrio al Gianicolo, presso il cui convento era stato ospite in cerca di sollievo spirituale nell'ultimo periodo della propria vita.
Gerusalemme liberata
La Gerusalemme liberata è considerata il capolavoro del Tasso. Il poema tratta di un avvenimento realmente accaduto, ossia la prima crociata. Tasso iniziò a scrivere l'opera con il titolo di Gierusalemme nel 1559 durante il soggiorno a Venezia e la concluse nel 1575. L'opera fu pubblicata integralmente nel 1581 con il titolo di Gerusalemme liberata. In seguito alla pubblicazione del poema il poeta rimise mano all'opera e la riscrisse eliminando tutte le scene amorose ed accentuando il tono religioso ed epico della trama. Cambiò anche il titolo in Gerusalemme Conquistata.
Trama
Goffredo di Buglione nel sesto anno di guerra raduna i crociati, viene eletto comandante supremo e stringe d'assedio Gerusalemme. Uno dei guerrieri musulmani decide di sfidare a duello il crociato Tancredi. Chi vince il duello vince la guerra. Il duello però viene sospeso per il sopraggiungere della notte e rinviato. I diavoli decidono di aiutare i musulmani a vincere la guerra. Uno strumento di Satana è la maga Armida che con uno stratagemma riesce a rinchiudere tutti i migliori eroi cristiani, tra cui Tancredi, in un castello incantato . L'eroe Rinaldo per aver ucciso un altro crociato che lo aveva offeso fu cacciato via dal campo. Il giorno del duello arriva e poiché Tancredi è scomparso viene sostituito da un altro crociato aiutato da un angelo. I diavoli aiutano il musulmano e trasformano il duello in battaglia generale. I crociati sembrano perdere la guerra quando arrivano gli eroi imprigionati liberati da Rinaldo che rovesciano la situazione e fanno vincere la battaglia ai cristiani. Goffredo ordina ai suoi di costruire una torre per dare all'assalto a Gerusalemme ma Argante e Clorinda (di cui Tancredi è innamorato) la incendiano di notte. Clorinda non riesce a entrare nelle mura e viene uccisa in duello proprio da colui che la ama, Tancredi, che non l'aveva riconosciuta. Tancredi è addolorato per aver ucciso la donna che amava e solo l'apparizione in sogno di Clorinda gli impedisce di suicidarsi. Il mago Ismeno lancia un incantesimo sul bosco in modo che i crociati non possano ricostruire la torre. L'unico in grado di spezzare l'incantesimo è Rinaldo, prigioniero della maga Armida. Due guerrieri vengono inviati da Goffredo per cercarlo e alla fine lo trovano e lo liberano. Rinaldo vince gli incantesimi della selva e permette ai crociati di assalire e conquistare Gerusalemme.
Influenze culturali
La figura del Tasso, anche per la sua pazzia, divenne subito popolare. La lucidità delle opere scritte durante il periodo di prigionia nell'Ospedale di Sant'Anna fece diffondere la leggenda secondo cui il poeta non era veramente pazzo ma fu fatto passare per tale dal duca che voleva punirlo per aver avuto una relazione con sua sorella, imprigionandolo. Questa leggenda si diffuse rapidamente e rese popolare la figura del Tasso, fino a ispirare a Goethe il dramma Torquato Tasso (1790).
In età romantica il poeta divenne il simbolo del conflitto individuo-società, del genio incompreso e perseguitato da tutti coloro che non sono in grado di comprendere il suo genio. In particolare il poeta Giacomo Leopardi lo considerava come un fratello spirituale, ricordandolo in numerosi passi delle sue opere tra cui ricordiamo il Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio famigliare (facente parte delle Operette morali).
Il poeta vicentino ottocentesco Jacopo Cabianca ha dedicato al Tasso un poema in dodici canti intitolato appunto Il Torquato Tasso.
▪ 1635 - Alessandro Tassoni (Modena, 28 settembre 1565 – Modena, 25 aprile 1635) è stato uno scrittore e poeta italiano.
Dal 1597 fu segretario del cardinale Ascanio della Famiglia Colonna e andò in Spagna al suo seguito tra il 1600 al 1603. Il 21 giugno 1589 era stato eletto accademico della Crusca. Ammirò Carlo Emanuele I di Savoia e divenne suo segretario nel 1618 presso l'ambasciata di Roma. In quel periodo romano frequentò i maggiori intellettuali della città ed entrò a far parte della Accademia degli Umoristi. Dopo aver soggiornato a Torino presso i Savoia tra il 1620 e 1621, si ritirò, amareggiato dalla politica, a vita privata . Passò al servizio prima del cardinal Ludovisi e, fino alla sua morte, del duca Francesco I d'Este.
La sua opera più famosa è La secchia rapita, poema eroicomico, dove riprende la tradizione burlesca di irridere il mondo cavalleresco. Ambientata nel Medioevo, in una guerra tra modenesi e bolognesi per una contesa che ha per oggetto una secchia da pozzo "rapita" dai modenesi, mentre i bolognesi tengono come prigioniero Enzo, re di Sardegna, figlio naturale di Federico II.
▪ 1688 - Sir Henry Morgan (Hari Morgan in gallese), ammiraglio (Llanrumney, 1635 – Port Royal, 25 aprile 1688) è stato un pirata, corsaro e politico britannico. All'apice della carriera fu nominato governatore della Giamaica.
Nativo del Galles (Monmouthshire) nel 1635 venne rapito a Bristol e venduto come schiavo nei Caraibi quale manovale di contratto (paragonabile alla schiavitù) ad una piantagione nell'isola di Barbados. Questo particolare della sua biografia è stato peraltro sempre negato dallo stesso Morgan.
Nel 1659 diventa bucaniere compiendo il primo saccheggio a Santiago de los Caballeros (Repubblica Dominicana). Cinque anni dopo riceve la lettera di corsa nell'isola di Giamaica: suo zio Edward, vicegovernatore di Port Royal gli regala una nave di 50 tonnellate con la quale fino al 1666 compie diverse imprese. È a questo punto che Edward Mansfield lo vuole nella sua flotta: Morgan abbandona però il progetto durante la prima missione.
Il corsaro si sposa nel 1667 a Port Royal con la cugina e l'anno successivo saccheggia Puerto Principe (Cuba) e Portobello, così come due anni dopo accade a Maracaibo. I saccheggi proseguono anche nel 1670 (Panama e isola di Santa Catalina, conquistata nonostante la guerra di corsa fosse stata dichiarata illegale dal Trattato di Madrid)
Una base per le azioni contro le coste della "Capitania General de Veneciola" si trova nella Isla La Tortuga.
Nel 1671 Morgan viene arrestato e condotto a Londra: l'arresto fu quasi sicuramente un'esigenza diplomatica in quanto l'anno dopo lo si ritrova a Port Royal con un alto incarico.
È il 1679 e Morgan combatte adesso la pirateria procedendo alla cattura di molti suoi ex compagni. Queste operazioni gli consentono, nel 1680, di arricchirsi e divenire potente, fino ad essere nominato governatore della colonia della Giamaica e stabilirsi in quello che è stato un po' il suo quartiere generale di sempre: la base di Port Royal.
Le disavventure per lui però non hanno termine qui: la sua carriera politica dura poco; infatti nel 1683 viene escluso dal Consiglio della Colonia.
Muore per cirrosi epatica a Port Royal alle ore 11 del 25 aprile 1688 e viene sepolto nel cimitero di Palisadoes con funerali grandiosi.
Eredità culturale
Lo scrittore Emilio Salgari, autore di romanzi d'avventura, ha fatto di Morgan il luogotenente del celebre Corsaro Nero e, nel romanzo Jolanda, la figlia del Corsaro Nero, lo rappresenta come protagonista, insieme alla figlia del suo antico capitano, che poi sposerà alla fine del racconto. Nel film del 1976 diretto da Sergio Sollima dedicato al personaggio salgariano (Il corsaro nero), Morgan è interpretato da Angelo Infanti.
La prima opera di John Steinbeck, "la santa rossa", è una breve biografia romanzata di Henry Morgan. L'opera si concentra sulle motivazioni e sui meccanismi mentali alla base del perseguimento violento di fini ora materiali ora psicologici.
Nel manga One Piece vi è un personaggio ispirato a questo personaggio storico, Morgan mano d'ascia.
La power metal band scozzeze Alestorm ha interamente dedicato il suo album di debutto nel 2008 al corsaro intitolandolo Captain Morgan's Revenge ("La vendetta del Capitano Morgan").
Inoltre, il celebre cantante italiano Marco Castoldi ha come nome d'arte Morgan, proprio in onore del corsaro.
Pochi anni dopo la morte di Morgan, il cimitero di Palisadoes, fu sommerso da un violento uragano ed ancora oggi si trova sul fondo del mare.
Nel film "Pirati dei Caraibi: Ai confini del mondo" viene rappresentato come il creatore del codice dei pirati insieme a Bartholomew.
▪ 1744 - Anders Celsius (Uppsala, 27 novembre 1701 – 25 aprile 1744) è stato un fisico e astronomo svedese.
Divenne professore di astronomia presso l'Università di Uppsala nel 1730. Fece un lungo viaggio di studio tra il 1732 e il 1735 visitando numerosi osservatori in Germania, Francia ed Italia. Mentre si trovava a Norimberga, nel 1733 pubblicò i risultati di 316 osservazioni di aurore boreali eseguite da lui o da altri nel periodo tra il 1716 ed il 1732.
A Parigi partecipò allo studio di una spedizione in Lapponia per la misura di un arco di meridiano, e prese parte, nel 1736, al viaggio effettivo, organizzato dall'Accademia francese delle scienze.
Nel 1741 fu il fondatore dell'Osservatorio astronomico di Uppsala. Nel 1742 presentò una memoria all'Accademia svedese delle scienze in cui proponeva una scala di temperatura, ora universalmente adottata e la cui unità di misura prende il nome di celsius in suo onore.
Morì di tubercolosi nel 1744.
Il cratere Celsius, sulla Luna, prende il nome da Anders Celsius.
▪ 1901 - Michele Coppino (Alba, 1 aprile 1822 – Alba, 25 aprile 1901) è stato un politico italiano.
Fu professore di letteratura italiana all'Università di Torino e fu rettore della stessa università dal 1868 al 1870, quando si trasferì a Roma per impegni politici.
Fu candidato alla Camera per la prima volta nel 1857 nel collegio di Alba, ma venne sconfitto al ballottaggio dal marchese Carlo Alfieri di Sostegno. Venne eletto nello stesso collegio nel 1860, nell'ultima legislatura del Regno di Sardegna, e rieletto nel 1861 (con ben 759 voti su 785 votanti), nella prima legislatura del Regno d'Italia. Da allora fece parte del Parlamento quasi ininterrottamente per quarant'anni, e fu più volte Presidente della Camera dei deputati.
Ministro della pubblica istruzione nel primo e nel secondo governo Depretis (1876-1878), nel 1877 varò la riforma (Legge Coppino) che rese obbligatoria e gratuita la frequenza della scuola elementare. La riforma prevedeva una scuola obbligatoria, gratuita e aconfessionale, e fissava tra le materie di insegnamento le "nozioni dei doveri dell'uomo e del cittadino", al posto dell'insegnamento religioso, che poteva essere effettuato solo a richiesta e fuori dall'orario scolastico.
Fu nuovamente ministro dell'istruzione nei governi Depretis e Crispi tra il 1884 e il 1888 e varò alcuni provvedimenti significativi, tra i quali il sostegno economico agli insegnanti, l'ordinamento degli asili d'infanzia e dell'istruzione classica.
▪ 1911 - Emilio Carlo Giuseppe Maria Salgàri (Verona, 21 agosto 1862 – Torino, 25 aprile 1911) fu uno scrittore italiano di popolari romanzi d'avventura.
Autore straordinariamente prolifico, è ricordato soprattutto per il ciclo dei pirati della Malesia. Scrisse anche diverse storie fantastiche ed è considerato uno dei precursori della fantascienza in Italia. Molte sue opere hanno avuto trasposizioni cinematografiche e televisive.
Nacque a Verona in una famiglia di piccoli commercianti nel 1862, da madre veneziana e padre veronese. Crebbe in Valpolicella, nel comune di Negrar, nella frazione di Tomenighe di Sotto, poi abbandonata per trasferirsi all'attuale "Ca' Salgàri".
A partire dal 1878 studiò al Regio Istituto Tecnico e Nautico "P. Sarpi" di Venezia, ma non arrivò mai ad essere capitano di marina, come avrebbe voluto, anche se per tutta la vita amò fregiarsi impropriamente di questo titolo. In questo contesto navigò le coste dell'Adriatico per tre mesi a bordo della nave Italia Una e questa fu l'unica sua esperienza di mare significativa, mentre non gli fu mai possibile viaggiare nei paesi lontani in cui ambientò la maggior parte dei suoi romanzi, e che lui conobbe solo tramite le letture dei libri.
L'esordio letterario
Il suo primo lavoro edito fu un racconto in quattro puntate, I selvaggi della Papuasia, scritto all'età di vent'anni e pubblicato su un settimanale milanese. A partire dal 1883 riscosse notevole successo con il romanzo La tigre della Malesia, pubblicato a puntate sul giornale veronese La nuova Arena, ma non ne ebbe nessun ritorno economico significativo. Nel 1884 pubblicò a puntate il suo primo romanzo, La favorita del Mahdi, che aveva scritto nel 1877.
Nel 1889 vi fu il suicidio del padre. Nel 1892 sposò Ida Peruzzi, attrice di teatro, e si trasferì a Torino.
Dal 1892 al 1898, sotto contratto con l'editore Speirani, pubblicò una trentina di opere. Nel 1897 venne insignito da Umberto I del titolo di "Cavaliere della Corona d'Italia" Dal 1898 invece lavorò con l'editore Antonio Donath, inizialmente a Genova, poi di nuovo a Torino. Nel 1906 passò all'editore Bemporad.
Molti suoi romanzi ebbero grande successo, ma a causa della sua ingenuità furono soprattutto gli editori a beneficiarne, mentre per Salgari le difficoltà economiche furono una costante, fino alla fine. In particolare a partire dal 1903, quando la moglie iniziò a dare segni di follia, si moltiplicarono i debiti che fu costretto a contrarre per poter pagare le cure. Nel 1910 la salute mentale della donna peggiorò, e nel 1911 Salgari fu costretto a farla ricoverare in manicomio.
Il suicidio
«A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche di più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna.» (Emilio Salgàri)
Era un forzato del lavoro. I contratti l'obbligavano a scrivere tre libri l'anno: ogni libro, un migliaio di pagine in bella copia: tre pagine in bella copia ogni giorno: e se una domenica voleva riposare, o se un giorno era preso dalla febbre, all'indomani le pagine da scrivere erano sei. Più il lavoro di direzione di un periodico di viaggi, più le novelle. Per aiutarsi, cento sigarette al giorno. Più una bottiglia di marsala, che beveva da mattina a sera.
All'amico pittore Gamba aveva scritto nel 1909:
«La professione dello scrittore dovrebbe essere piena di soddisfazioni morali e materiali. Io invece sono inchiodato al mio tavolo per molte ore al giorno ed alcune delle notte, e quando riposo sono in biblioteca per documentarmi. Debbo scrivere a tutto vapore cartelle su cartelle, e subito spedire agli editori, senza aver avuto il tempo di rileggere e correggere.»
Finché i nervi non hanno ceduto. Nel 1910 tenta per la prima volta il suicidio, ma viene salvato. La mattina del 25 aprile del 1911 lascia sul tavolo tre lettere ed esce con un rasoio in tasca. Le lettere sono indirizzate ai figli, ai direttori di giornali, ai suoi editori.
Ai figli Omar, Nadir, Romero e Fatima scrive:
«Sono un vinto: non vi lascio che 150 lire, più un credito di altre 600 che incasserete dalla signora...»
Li avverte poi dove potranno trovare il suo corpo, in uno dei burroncelli del bosco della Madonna del Pilone. Ma a trovarlo per caso è una lavandaia. Ha la gola e il ventre squarciati. In mano stringe ancora il rasoio. Si è ucciso come avrebbe potuto uccidersi uno dei suoi personaggi: facendo harakiri, con gli occhi rivolti al sole che si leva.
La tragedia colpirà anche i figli dello scrittore: nel 1931 è di nuovo il suicidio la causa della morte di Romero, uno dei suoi quattro figli; ed anche il più piccolo, Omar, si uccide buttandosi dal secondo piano del suo alloggio nel 1963.
In suo onore l'asteroide 1998 UC23 è stato denominato 27094 Salgari.
La produzione romanzesca
Salgari deve la sua popolarità ad una impressionante produzione romanzesca, con ottanta opere (più di 200 considerando anche i racconti) distinte in vari cicli avventurosi, con l'invenzione di personaggi di grande successo come Sandokan, Yanez de Gomera e il Corsaro Nero. Tali personaggi risultano inseriti in un accurato contesto storico; la ricostruzione delle informazioni riguardanti le vicende istituzionali dei paesi da lui descritti non si limita, ad esempio, alla figura di James Brooke, il raja bianco di Sarawak.
Seri studi condotti dalla storica olandese Bianca Maria Gerlich (i cui lavori sono stati pubblicati da autorevoli riviste scientifiche quali Archipel nei Paesi Bassi e, in Italia, Oriente Moderno) hanno infatti permesso di ricostruire le fonti storiche e geografiche lette e utilizzate nelle biblioteche di Verona dal grande scrittore di romanzi d'avventura.
La popolarità degli eroi salgariani è provata anche dalla grande diffusione di apocrifi: più di un centinaio, che editori privi di scrupoli gli attribuivano; alcune di queste opere furono messe in giro addirittura dai figli dello scrittore.
Egli stesso pubblicò con vari pseudonimi numerose opere, spinto da motivazioni diverse la più nota delle quali fu l'urgenza di aggirare la clausola contrattuale di esclusiva che lo teneva legato all'editore Donath. Tuttavia per lo stesso Donath pubblicò con lo pseudonimo di Enrico Bertolini tre romanzi, nonché diversi racconti e testi di vario genere; in questo caso si sarebbe trattato di una precauzione utilizzata quando, incalzato da contratti e scadenze, lo scrittore usava più del dovuto elementi tratti da opere altrui (come nel caso di Le caverne dei diamanti, una libera versione del romanzo Le miniere di re Salomone di H. Rider Haggard).
▪ 1929 - Egidio Bullesi (Pola, 24 agosto 1905 – Pola, 25 aprile 1929) è stato un operaio, religioso e marinaio italiano.
Nel 1974 la Chiesa cattolica ha avviato il suo processo di beatificazione. Nel 1997 è stato dichiarato venerabile da Giovanni Paolo II.
Il suo cognome è noto anche nelle forme Bullessich (la forma originaria, da lui usata in vita, che fu italianizzata poco prima della sua morte) e Bulešić (traslitterazione in croato).
Visse una vita breve: solo 23 anni, dei quali gli ultimi due segnati dalla tubercolosi. Nato da una famiglia originaria di un piccolo paese all'interno dell'Istria, durante gli anni della guerra fu profugo prima a Rovigno, poi in Ungheria (Szeghedin) e infine in Austria (Wagna e Graz).
Secondo di nove fratelli, a soli 13 anni tornò a Pola per cominciare a lavorare nei cantieri navali. Rimase nella città per sette anni, durante i quali fondò il gruppo degli Scout cattolici di Pola, sino allo scioglimento dello scautismo operato tra il 1927 e il 1928 dal Fascismo. Di carattere aperto ed estroverso, testimoniò la sua fede in famiglia, al lavoro e nelle scuole. In seguito all'incontro con alcuni frati francescani, studiò la vita di San Francesco e decise di seguirne l'esempio, entrando il 4 ottobre 1920 nel Terz'Ordine Francescano.
Nel 1925 dovette lasciare nuovamente Pola per prestare servizio militare sulla nave da battaglia Dante Alighieri. Qui organizzò un gruppo di riflessione e preghiera e qui trasmise la sua passione a Guido Foghin che, dopo la sua morte, diverrà missionario francescano in Tibet, mutando in sua memoria il nome in Padre Egidio Maria Foghin.
Terminato il servizio di leva, nel 1927 trovò lavoro come disegnatore tecnico nei cantieri navali di Monfalcone. In questa città si dedicò con passione all'assistenza di famiglie povere ed emarginate, curando in particolare l'educazione di bambini e ragazzi analfabeti.
Alla fine del 1927 si ammalò di tubercolosi e nel marzo successivo dovette rientrare a Pola, dove alternò lunghe degenze in ospedale con soggiorni a casa presso la famiglia. Accettò la malattia con grande serenità, comunicando gioia e bellezza anche nella sofferenza. Morì la mattina del 25 aprile 1929.
Dal 1974 è sepolto nell'isola di Barbana, vicino a Grado. Nel santuraio, ai piedi della statua che lo ricorda è riportato il verso "Viver d’amore è navigare, ognora gioia spargendo e riso attorno a me", tratto dal suo diario e ispirato da una frase di Santa Teresa di Lisieux.
Il processo di beatificazione
Il processo di beatificazione di Egidio Bullesi è stato avviato nel 1974 a Trieste. La causa è stata quindi inviata nel 1977 a Roma, dove nel 1997 Giovanni Paolo II ha dichiarato Egidio ufficialmente "venerabile". Nel 2000 il vescovo di Trieste ha quindi trasmesso alla Congregazione per le cause dei santi i risultati del processo informativo sul presunto miracolo avvenuto nel 1929 sulla motonave "Vulcania".
▪ 1984 - Epicarmo Corbino (Augusta, 18 luglio 1890 – Napoli, 25 aprile 1984) è stato un politico ed economista italiano. È stato deputato all'Assemblea Costituente, e deputato alla Camera nella I legislatura.
Nacque in una famiglia siciliana di umile origine. Frequentò le Scuole Tecniche e trasferitosi a Catania conseguì il diploma di ragioniere. Fu il fratello minore di Orso Mario Corbino, il fisico direttore del Istituto Superiore di Fisica di Via Panisperna, e maestro di Fermi, Pontecorvo, Amaldi (prima noti come “i ragazzi di Corbino”, appunto), ed anch'egli uomo politico (fu ministro con Ivanoe Bonomi e Benito Mussolini). Differentemente da lui, però, Epicarmo fu sempre un convinto antifascista ed ebbe uno spirito liberale.
Nel 1923, benché non fosse laureato, vinse la cattedra di Economia all'Università di Napoli. Nel 1943 partecipò al primo governo Badoglio nella sede di Brindisi, in qualità di Ministro all'Industria e Commercio, ma se ne dimise nel 1944 per contrasti sulla direzione politica.
Rappresentante liberale alla Consulta, deputato all'Assemblea Costituente (autore, tra l'altro dell'emendamento al III comma dell'art. 33 della Costituzione che recita “Enti privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione senza oneri per lo Stato"), restò a Montecitorio anche alla prima legislatura Repubblicana.
“Togliatti, che di Corbino era personale estimatore, anche se irriducibile avversario politico, fu visto in più di un'occasione avvicinarsi di qualche banco per meglio udire le parole di quei discorsi sempre così brillanti, scoppiettanti e dotti”. Fu Ministro del Tesoro nei primi due gabinetti guidati da Alcide De Gasperi. In particolare Ministro del Tesoro nel primo governo De Gasperi (10 dicembre 1945 – 16 settembre 1946) e del secondo governo De Gasperi 13 luglio 1946 - 28 gennaio 1947).
“Se Corbino non ci fosse bisognerebbe inventarlo”, disse Alcide De Gasperi. In questa veste “perseguì una politica economica fondata sulla parsimonia e sulla corretta amministrazione” si oppose in maniera intransigente al cambio della moneta (proposto dal comunista Mauro Scoccimarro, Ministro delle Finanze).
Tale provvedimento servì a fermare l'inflazione (con l'aiuto decisivo del governatore della banca d'Italia, Luigi Einaudi). Ma fu un provvedimento impopolare e la sinistra lo impiccò in effige in manifestazioni di piazza. Pur di non cambiare le sue convinzioni, Corbino che “mai avrebbe barato al gioco per restare in sella” si dimise il 13 settembre 1946 dall'incarico governativo e, accettate le sue dimissioni, il 18 settembre 1946 fu nominato al suo posto Giovan Battista Bertone.
Dal 10 maggio 1948 al 3 luglio 1951 fu deputato eletto nel gruppo parlamentare del Partito Liberale, poi dal 3 luglio 1951 al 24 giugno 1953 entrò nel Gruppo Misto al Parlamento. Successivamente formò un nuovo partito, l'Alleanza Democratica Nazionale (ADN), movimento nato per contrastare la cosiddetta legge truffa proposta dal governo, a cui egli non aderì (e alla quale aveva tentato di opporsi anche in aula proponendo una soluzione di mediazione, denominata "Ponte Corbino"). Nel 1953, contro la cosiddetta “legge truffa”, che istituiva un premio di maggioranza ai partiti singoli o “apparentati” che avessero ottenuti il 50% dei consensi popolari, Corbino, dissentendo con il PLI, costituì l'Alleanza Democratica Nazionale. In questo modo si tolsero voti ai gruppi di centro (così come fece il gruppo Parri-Calamandrei a sinistra) e la legge non passò. Ma ciò non bastò per farlo eleggere al Parlamento. Per questo ribattezzato da Sandro Pertini il “Pietro Micca”.
L'ADN raccolse pochi voti (ma sufficiente affinché il premio di maggioranza previsto dalla nuova legge elettorale non scattasse) e Corbino non riuscì a tornare alla Camera. Si ritirò quindi dalla vita politica, denunciando in un articolo su Il Giornale che i partiti (con la loro conseguente partitocrazia) avevano "ucciso la politica".
Dal 1959 al 1965 fu presidente del Banco di Napoli, di cui ha diretto anche la rivista Rassegna economica, successivamente fino al 1983, della Banca Provinciale di Napoli. Morì a Napoli, in età avanzata, il 25 aprile 1984: nel 1988 gli è stato intitolato l'Istituto Statale di Istruzione Superiore di Contursi Terme.
* 1992 - Ernesto Balducci (Santa Fiora, 6 agosto 1922 – Cesena, 25 aprile 1992) è stato un presbitero, editore, scrittore e intellettuale italiano.
Ernesto Balducci fu una delle personalità di maggior spicco nella cultura del mondo cattolico italiano nel periodo che accompagnò e seguì il Concilio Vaticano II. Fu legato a Giorgio La Pira, David Maria Turoldo, Lorenzo Milani, Danilo Cubattoli, Silvano Piovanelli, Mario Gozzini, Bruno Borghi, Raffaele Bensi e molti altri cattolici democratici e "di sinistra" vissuti a Firenze tra gli anni 1950 e gli anni 1990. Intrecciò forti relazioni anche con personalità laiche come Lelio Basso.
Il suo luogo di nascita, Santa Fiora, un paese di minatori sul Monte Amiata, fu sempre considerato da Balducci un'ispirazione basilare per la sua formazione umana, civile e religiosa, in una chiave politica attenta alle istanze di giustizia dei più poveri, dai minatori dell'Amiata agli emarginati delle città e del Terzo Mondo.
« Mi sono spesso domandato che ne sarebbe stato di me se fossi nato in una città chiassosa e illuminata, in una tranquilla famiglia borghese. Ma sono nato nel silenzio di un paese medioevale, sulle pendici di un vulcano spento e in una cornice umana dove era difficile discernere il confine tra la realtà e la fiaba. Sono cresciuto avvolto in un silenzio che mi dava spavento e mi avvezzava ai contatti col mistero. È stata una grazia? È stata una circostanza casuale che ha condizionato la mia libertà per sempre? Questa domande si spengono nel silenzio e cioè nel giusto posto » (E. Balducci, Il cerchio si chiude)
Primo di quattro figli, entrò da ragazzo negli Scolopi, fu ordinato sacerdote il 26 agosto 1944 e subito inviato nella Firenze liberata, dove insegnò nelle Scuole Pie Fiorentine e si laureò in Lettere nel 1950 con una tesi su Antonio Fogazzaro.
Mentre frequentava molti intellettuali fiorentini, tra cui Giovanni Papini, già dalla fine degli anni 1940 collaborò con Giorgio La Pira nei gruppi giovanili della San Vincenzo. Nei primi anni 1950 fondò il "Cenacolo", un’associazione che univa l’assistenza di tipo caritativo a una forte attenzione ai problemi politici e sociali nonché ai temi teologici e spirituali. L'attività del Cenacolo fu al centro delle iniziative sulla pace promosse da Giorgio La Pira. Balducci fu tra gli estensori dell'Appello per il convegno «Pace e civiltà cristiana» del 1954, convocato sul tema «Cultura e Rivelazione» e teso a incoraggiare il dialogo fra culture diverse, nel superamento di un'ottica puramente rivolta all’Europa e alla cultura occidentale. In quegli stessi anni Balducci invitava regolarmente ai convegni annuali dei preti scrittori Don Primo Mazzolari.
Nel 1958 fondò la rivista Testimonianze, con un gruppo di amici e giovani legati al "Cenacolo" e iniziò un’intensa attività pubblicistica su temi ecclesiologici. Il nome della rivista si richiamava a una fede fondata sul valore della testimonianza, secondo il modello spirituale dei Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld.
L'ostilità della Curia diocesana, riflesso delle censure verso i fermenti innovatori nella Chiesa cattolica che caratterizzarono l’ultima fase del pontificato di papa Pio XII, gli valse l’allontanamento da Firenze. L’"esilio" a Frascati e poi a Roma, dove seguì gli eventi legati al pontificato di papa Giovanni XXIII, gli diede l’occasione di uno sguardo ravvicinato al rinnovamento del Concilio Vaticano II, del quale fu un attento sostenitore, impegnato nello studio e nella divulgazione del dibattito conciliare.
In quegli stessi anni Balducci affrontò molte polemiche e conflitti per via delle sue prese di posizione. Dopo la pubblicazione, il 13 gennaio 1963, di un articolo-intervista intitolato "La Chiesa e la Patria", su Il giornale del mattino, nel quale aveva difeso l'obiezione di coscienza, come don Danilo Cubattoli e don Lorenzo Milani, tra il 1963 e il 1964 subì un processo, conclusosi con la condanna per apologia di reato e la parallela denuncia al Sant'Uffizio a partire dalle stesse accuse.
Nel 1965 Balducci riuscì a riavvicinarsi a Firenze, alla Badia Fiesolana della diocesi di Fiesole, grazie anche all'intervento di papa Paolo VI. Negli anni 1970 fu uno degli artefici del dialogo con il mondo legato al Partito comunista italiano in nome dell’abbattimento di molte frontiere culturali e politiche. La sua delusione per quel che riteneva un mancato rinnovamento ecclesiale e religioso, lo portò a un sempre più marcato distacco dai temi della riforma ecclesiale. Rimproverava alla Chiesa di essere rimasta troppo ancorata a una prospettiva ecclesiocentrica.
Negli anni ottanta fu un ascoltato leader nella campagna per il disarmo. Attraverso la rivista Testimonianze promosse i convegni intitolati "Se vuoi la pace prepara la pace" e nel 1986 fondò la casa editrice Edizioni Cultura della Pace (ECP). La sua riflessione divenne sempre più vasta e ricca di articolazioni, tesa a dare forti basi culturali a un nuovo "umanesimo planetario". Tutte le collane delle ECP (come «Uomo Planetario» e «Enciclopedia della Pace») andavano in questa direzione. L'impegno intellettuale e organizzativo di Balducci era ormai un progetto ambizioso di rilettura e comprensione globale della realtà contemporanea all'interno di un paradigma culturale basato sul rafforzamento di una nuova cultura della pace.
Nella collana «Maestri» pubblicò le biografie di Giorgio La Pira (1986), Mahatma Gandhi (1988) e Francesco d'Assisi (1989), e scrisse l'ultimo libro: Montezuma scopre l'Europa, (1992).
La riflessione di Balducci si allargò verso i grandi "temi planetari" dei diritti umani, del rispetto dell'ambiente, della cooperazione, della solidarietà e della pace, in una frontiera culturale tra credenti e non credenti. Sintomatico un suo contributo sulla rivista Testimonianze del 1983 dove denunciò la visione eurocentrica del mondo, rendendo omaggio all'islam, definendolo "il nesso vitale" dell'Europa medievale con la civiltà ellenica.
Morì nel 1992, dopo un grave incidente stradale. La sera precedente aveva tenuto la sua ultima conferenza a San Giovanni in Persiceto (BO).
L'Uomo Planetario nella Terra del Tramonto
Ernesto Balducci analizza le religioni in relazione alla loro capacità o meno di essere fonti di una salvezza storica. Una salvezza che non resta nell'alienante livello extra-storico ed esistenziale.
Confluiscono in questa riflessione i motivi più moderni della teologia protestante, da Karl Barth a Dietrich Bonhoeffer, intenti a distinguere fra religione e fede e a capovolgere il punto di vista incentrato su Dio per far risaltare l'uomo. L'uomo post-religioso.
Le religioni vengono viste da Balducci come l’eredità millenaria di particolarismi culturali, come gli strumenti di coesione ideologica, politica, culturale e spirituale di monadi culturali che però hanno perduto la propria insularità. Di fronte alle minacce apocalittiche della guerra moderna, le religioni hanno ormai due possibili funzioni. O una funzione regressiva di richiamo protettivo delle identità particolari. O una funzione di fermento profetico per la transizione verso l'età planetaria. Un fermento più affine alle loro proprie intuizioni fondanti.
Il recupero delle identità religiose si basa in Balducci su un approccio laico al problema della pace per utilizzare ognuna delle molteplici memorie dell'umanità. Ciò senza rinunciare a certe acquisizioni universali della cultura dell’Occidente, come il principio del primato della coscienza rispetto a qualsiasi legge, il principio correlativo dello stato di diritto e il metodo scientifico.
La sintesi dell'"Uomo Planetario" mira a coinvolgere soggetti disparati in nome di una soggettività fondamentale che si identifica con la specie.
La crisi della modernità spinge Balducci a definire i termini di un patto sociale fondativo della comunità mondiale. La ragione, spogliata della «soggettività iperbolica» dell'uomo occidentale, vi gioca ancora un ruolo fondamentale.
Riprendendo suggestioni dello studioso di antropologia e di etnologia Ernesto de Martino, Balducci ritiene che la lunga "preistoria" delle chiusure fra le isole culturali, in cui la paura del diverso era un riflesso che cementava le tribù, è finita. Anche l'aggressività verso gli altri gruppi aveva avuto senso finché non c'erano le strutture di unificazione del pianeta. Ma le minacce alla sopravvivenza dell'umanità unificano il destino di tutti. L'umanità passa dalla fase della ominazione alla fase della planetarizzazione (e della globalizzazione).
Balducci richiama il fatto che l'antropologia - fondata in origine sull'ontologia della "differenza" (noi e gli altri, popoli di cultura e popoli di natura, civilizzati e primitivi) - scopre la possibilità di diversi modi di essere uomini nel tempo e nello spazio. Rinnegando i propri presupposti originari, l'antropologia riscopre l'anelito delle peculiari espressioni umane verso una regola universale che accomuna gli uomini, fra loro e alla natura. Questo è il senso colto da Balducci negli itinerari culturali dello strutturalismo di Claude Lévi-Strauss, dell'"ecologia della mente" di Gregory Bateson, della grammatica generativa di Noam Chomsky.
Balducci fonda il suo discorso su questo anelito verso l'universale. Molte delle sue simbolizzazioni vertono sulla dialettica fra dimensioni particolari e universali dell'uomo.
Da Ernst Bloch mutua la dialettica fra l'uomo edito (homo editus) e l'uomo inedito (homo absconditus), una dialettica fra l'essere e il poter essere dell'uomo, un anelito che è una trascendenza senza trascendere, una «trascendenza nell'immanenza».
Il percorso di Balducci, appare come una sorta di teleologia antropologica, che rappresenta una tensione evolutiva che l'uomo può assecondare nel suo svolgimento o disconoscere. La ragione, per Balducci, trova un nuovo imperativo categorico:
«Agisci in modo che nella massima della tua azione il genere umano trovi le ragioni e le garanzie della propria sopravvivenza.» (da La terra del tramonto)
Balducci vede nel deperimento degli Stati e nella crescita del diritto cosmopolitico un elemento connaturato alle leggi evolutive della specie umana. La fede nell'uomo, la considerazione che la specie ha sempre superato creativamente le sfide estreme, la possibilità dell'uomo planetario: tutto questo ha senso per Balducci se il senso di appartenenza a una comunità sopranazionale produce un progetto politico planetario. Un progetto che coincide con la «comunità mondiale», un'entità che sta nascendo «in forza delle leggi evolutive della specie, quelle stesse leggi che hanno portato dalla tribù alla città, dalla città allo Stato-nazione.»
Balducci, per leggere le spinte in atto verso la formazione della comunità mondiale, recupera due categorie del giusnaturalismo: il pactum unionis e il pactum subiectionis.
La prima spinta è identificata nella prospettiva del pacifismo antropologico, il cui orizzonte è una società coesa da rapporti di spontanea reciprocità e dall'opzione preferenziale per la nonviolenza.
La seconda spinta sta nella prospettiva del realismo politico, orientato a estendere al pianeta il processo di unificazione che aveva riposto nello Stato il monopolio della forza. La dialettica di queste due spinte deve portare al «partus masculus» del nuovo tempo, la comunità mondiale:
«La novità è affidata alle viscere della necessità. Che sui passaggi intermedi della sua nascita ci sia buio non deve far meraviglia. Come scrisse Ernst Bloch, «ai piedi del faro, non c'è luce»". (da La terra del tramonto)