9 novembre - CADE IL MURO DI BERLINO. Ma il capitalismo è una soluzione?
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La domanda che ci si pone è la seguente: che cosa si propone oggi a Berlino e nel mondo in alternativa al socialismo reale?
La Germania Federale "esporta" il proprio sistema di valori e il proprio modello economico nella Germania dell’Est, fino ad allora dominata dal socialismo reale. Gli Stati Uniti e i Paesi ricchi hanno la possibilità di planetarizzare il loro sistema socio-economico. Ma l'acquisita libertà non porta necessariamente con sé un miglioramento delle condizioni di vita. Erano molti a essere convinti che il cambiamento, oltre alla libertà, oltre alla fine della dittatura socialista avrebbe portato con sé tutti gli elementi positivi di una società più moderna e avanzata senza perdere peraltro i vantaggi delle condizioni di esistenza precedenti: la sanità pubblica, la sicurezza sociale, l’ordinamento scolastico, il costo della vita molto basso. Ma così non è stato e non è. Se il muro di Berlino è caduto, ne rimane un altro, impalpabile e fortissimo, tanto da non poter essere scalfito né dalla politica né dalla storia: è quello di una separazione crescente tra poveri e ricchi a livello planetario, quello di una globalizzazione dei capitali e delle tecnologie che non comporta la globalizzazione dei diritti sociali, come recita il bel testo di Francesco Villa, Globalizzare i diritti sociali, Vita e Pensiero, 2014
Ecco la sua conclusione su "i diritti come antidoto alla paura".
"I diritti come antidoto alla paura" è il titolo dell'ultimo capitolo di uno scritto che Zygmunt Bauman ha dedicato alla paura considerata come il demone più sinistro tra quelli che si annidano nelle società aperte del nostro tempo (Bauman, 2014).
In particolare, in modo sorprendentemente convergente con le tesi espresse nei capitoli precedenti sulla globalizzazione dei diritti sociali, Bauman scrive:
“Senza diritti politici, la gente non può essere sicura dei propri diritti personali: ma senza diritti sociali, i diritti politici rimarranno solo sogno irraggiungibile, un'inutile finzione o uno scherzo crudele per i tantissimi a cui, formalmente, la legge concede tali diritti” (Bauman. 2014, p. 46).
E ancora;
“In un pianeta vittima della globaIizzazione negativa, tutti i problemi di fondo - i meta problemi che condizionano il modo di affrontare tutti gli altri problemi - sono globali, ed essendo globali non ammettono soluzioni locali, in nessun caso: non ci sono, e non possono esserci, soluzioni locali a problemi che hanno origine globale e che dalla globalizzazione traggono linfa vitale. Ammesso che sia possibile farlo in assoluto, ricongiungere potere e politica è possibile soltanto a livello planetario" (ibi, pp. 47-48).
"La democrazia e la libertà non possono più essere completamente e veramente garantite in un paese, o anche in un gruppo di paesi: la loro difesa, in un mondo saturo di ingiustizia e abitato da miliardi di esseri umani a cui è negata la dignità umana, finirà inevitabilmente per corrompere gli stessi valori che esse sono chiamate a difendere. Il futuro della democrazia e della libertà o sarà garantito su scala planetaria, o non lo sarà affatto" (ibi, p. 48).
In un diverso contesto, i temi del disorientamento e della paura di fronte al futuro sono stati affrontati da Domenico De Masi che - dopo aver passato in rassegna ben quindici modelli di vita, elaborati nel corso dei secoli per rispondere alle sfide dell'esistenza - avanza la proposta di avviare la "costruzione del modello mancante, che sia finalmente in grado di dare un orientamcnto alla società globale in cui viviamo, dominata da problemi e da forme di disagio che i "profeti di sventura" prevedono irreversibili" (De Masi, 2014).
In rapporto alle analisi di De Masi, ritengo importante ribadire che l'orientamento da dare alla società globale non può prescindere dalla finalizzazione dello sviluppo economico alla piena realizzazione dei diritti sociali, come compimento dei diritti primordiali (vita e alimentazione), dei diritti civili (libertà di espressione e manifestazione del proprio pensiero) e dei diritti politici (partecipazione attiva alla vita politica e conseguenti diritti di elettorato attivo e passivo). Un nuovo modello di vita, che nasca dalla rivisitazione critica dei modelli tradizionali e prenda forma attraverso uno sforzo di creatività collettiva , dovrà necessariamente essere costruito dentro l'orizzonte dei diritti della persona e del suo valore incondizionato.
La questione dei diritti umani come diritti della persona (l'essere umano capace di relazioni positive e realizzanti), non semplicemente dell'individuo (l'essere umano isolato nella sua individualità) o del cittadino (l'essere umano in quanto iscritto all'anagrafe di uno stato civile) è stata sviluppata, come già accennato, da Martha Nussbaum, da anni impegnata a costruire un nuovo progetto etico politico, volto a dare un effettivo spessore ai concetti di dignità umana e di giustizia sociale.
Nussbaum osserva che anche nella più equa delle società contemporanee, destinatario dei diritti è l'individuo razionale, consapevole e indipendente. Tuttavia la realtà ci mette sotto gli occhi ogni giorno molte situazioni in cui gli individui non possono contare sulle stesse abilità per utilizzare le proprie risorse e quelle a disposizione di tutti. La situazione si complica ulteriormente se consideriamo le molte situazioni problematiche presenti nelle culture non occidentali.
Secondo la riflessione della Nussbaum, "solo se le persone in una determinata società sono effettivamente messe in grado e rese capaci di essere e di fare ciò a cui aspirano, sarà possibile diffondere l'universalismo dei diritti e garantire la dignità di ogni essere umano, al di là di tutte le differenze. In altri termini, la capacitazione della persona viene considerata come la condizione per l'attuazione di tutta la vasta gamma dei diritti umani" (Nussbaum, 2001; 2002).
D'altro canto, il diritto di avere diritti, oltre l'egemonia dei mercati e passando attraverso la costituzionalizzazione del soggetto, che diventa persona, è stato ribadito da Stefano Rodotà.
Questo studioso, esperto di diritto costituzionale, individua nella rete informatica le vie per dar vita a un possibile costituzionalismo globale, attraverso "una costruzione del diritto per espansione, orizzontale, un insieme di ordini giuridici correlati, non punto d'arrivo, ma strutturati in modo da sostenere la sfida di un tempo sempre mutevole" (Rodotà. 2012, p. 426). (1)
Partendo da un punto di vista più sociologico - e non strettamente giuridico-costituzionale - Riccardo Prandini considera la cultura del diritto come un mezzo di "coltivazione dell'umano" e - di fronte alla complessità delle società in cui viviamo - mette a fuoco le prospettive del diritto riflessivo e dell'elaborazione delle costituzioni societarie.
In particolare, approfondisce le possibilità di auto-costituzione riflessiva di nuove soggettività sociali, in grado di ridisegnare le mappe identitarie nella società globale, oltre i confini degli "Stati-nazione". La cultura dei diritto, nella società della flessibilità, della contingenza e dell'accelerazione del mutamento e delle trasformazioni sociali, può determinare processi di decostruzione e ricostruzione della cultura normativa, all'interno dell'orizzonte dei diritti dell'uomo come fondamento e "comune sentire" della cultura giuridica globale (Prandini, 2012).
Per quanto riguarda la protezione internazionale dei diritti sociali, accanto a quelli economici e culturali, è necessario ricordare le attività del Comitato dei diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite per la tutela dei Patto relativo ai diritti economici, sociali e culturali che, assieme al Patto sui diritti civili e politici, entrambi del 1966, e alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, fanno parte integrante del Codice Internazionale dei Diritti Umani (Tassinari, 2005, pl). 221-224; Bestagno, a cura di, 2009, pp. 181-192).
Oltre al Comitato delle Nazioni Unite, esiste anche un Comitato europeo dei diritti sociali, che svolge una funzione di controllo per l'attuazione della Carta Sociale Europea, adottata dal Consiglio d'Europa nel 1961 e rivista nei 1996. Questa Carta è complementare rispetto alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che riconosce e tutela i diritti civili e politici nell'ambito dei Paesi aderenti.
In modo specifico, nella Carta Sociale Europea troviamo enunciati i diritti fondamentali all'abitazione, alla salute, all'educazione, al lavoro e ai congedi dal lavoro, alla protezione sociale e legale nei casi di povertà ed esclusione sociale, alla libera circolazione delle persone senza alcuna discriminazione, oltre che i diritti dei lavoratori migranti e delle persone con disabilità (Bestagno, a cura di, 2009, pp. 193-204).
Come si potrà notare, i diritti enunciati dalla Carta Sociale Europea risultano convergenti con quelli sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, che abbiamo analizzato nel terzo capitolo. E' pertanto auspicabile che si realizzino le necessarie sinergie per la congiunta tutela e la reciproca attuazione di queste importanti dichiarazioni e trattati deli'ONU, del Consiglio d'Europa e dell'Unione Europea.
Nello specifico, per quanto riguarda l'attuazione dei diritti sociali su scala planetaria, è necessario attivare meccanismi di redistribuzione della ricchezza - sia a livello delle singole nazioni, sia a livello internazionale - che implicano profonde trasformazioni dell'attuale cultura economica. A questo proposito, come viene sollecitato da più parti, è giunto forse il momento di andare alle radici dei problemi economici e finanziari che ci affliggono, riflettendo su alcune categorie che sono all'origine del pensiero economico stesso, come quelle presenti nella distinzione aristotelica tra economia e crematistica.
Come è noto, per Aristotele l'economia era rappresentata innanzitutto dalle regole per ben amministrare la casa (oikos-nomos), mentre la crematistica consisteva nell'arte di accumulare ricchezze (cremata).
Purtroppo dobbiamo riconoscere che per noi, oggi, l'economia si risolve prevalentemente nella crematistica - con la quale si confonde e si identifica, soprattutto a livello finanziario - mentre abbiamo smarrito in generale la nozione aristotelica dell'economia come insieme delle regole della buona amministrazione, che consentano cioè di amministrare saggiamente la casa in cui viviamo.
Questa casa (oikos), in un mondo sempre più interdipendente e globalizzato, è l'ecosfera del genere umano, il nostro pianeta Terra, dove la saggezza dovrebbe consistere nella salvaguardia e nella valorizzazione delle risorse naturali - per rispondere ai bisogni di tutti - e non nella loro distruzione, trasformando queste stesse risorse in capitale finanziario a esclusivo vantaggio di poche élites a livello mondiale.
In altri termini, l'economia - nei senso aristotelico del termine - implicherebbe che si amministrino i beni della casa-mondo e si distribuiscano perché a nessuna persona manchi l'essenziale, con particolare riferimento ai diritti sociali, dalla cui attuazione dipende il pieno compimento dei valori della democrazia.
La complessità dei temi che sono stati qui analizzati ci costringe a considerarli - per il momento - come semplici elementi introduttivi o, se vogliamo, come pos-sibili punti di riferimento per un lungo cammino, ancora da intraprendere, verso la globalizzazione dei diritti sociali.
Dopo aver messo a fuoco e analizzato i rapporti e le interdipendenze tra globalizzazione e diritti umani (cap. 1); gli elementi costitutivi e i campi d'intervento delle politiche sociali, come luoghi di attuazione dei diritti sociali (cap. 2); la questione dell'identità europea e dei valori del servizio sociale (cap. 3); i temi della comunità e dello Stato sociale (cap. 4); le forme di appartenenza, di multiculturalità e di cosmopolitismo ormai diffuse in molti Paesi (cap. 5); la prospettiva della sussidiarietà e delle sue dimensioni caratteristiche, come una possibile via da sperimentare per la diffusione dei diritti sociali (cap. 6), non mi rimane che auspicare - prendendo spunto dalle proposte di Beck (2003) - la nascita di movimenti sociali e politici transnazionali in grado di sviluppare un'azione pratica, accompagnata da ulteriori approfondimenti teorici e ricerche empiriche, perché si possa arrivare - con l'apporto delle istituzioni politiche e delle organizzazioni internazionali che hanno competenze in merito - a finalizzare lo sviluppo economico all'attuazione dei diritti sociali su scala planetaria.
NOTE
1) Mi limito qui ad elencare - in ordine alfabetico in base all'iniziale del cognome degli autori - una serie di testi critici nei confronti ddla cultura economica predominante e dei conseguenti processi di globalizzazione. In molti di essi vengono anche avanzate proposte di innovazioni allternative di cambiamenti ritenuti necessari per uscire dalle secche su cui si è arenato lo sviluppo economico, in modo generalizzato, all'inizio del nuovo millennio:
AA.VV. (2005); Bauman (2008; 2013); Bruni - Zamagni (2004); Corm (2013)1 Fitoussi (2013); Gallino (2000; 2011; 2013a; 2013b); Huffington (2014); Leonardi (2001); Magatti (2012; 2014): Magatti - Gherardi (2014): Parsi (1998); Pizzo (a cura di, 2002): Ritzer (2005): Rampini (2013; 2014); Targetti - Fracasso (2008); Corradi - Perocco (a cura di, 2007); Schooyans (2000); Tettamanzi (2001); Tremonti (2012).