9 febbraio - FËDOR MICHAJLOVIC DOSTOEVSKIJ: "Se non esiste Dio, tutto è permesso”.

DOSTOEVSKIJ è considerato uno dei più grandi romanzieri russi dell'Ottocento e in generale di ogni tempo.
Molto importante nella sua opera è l'identificazione dei nuovi termini in cui si pone LA QUESTIONE DI DIO nell'età nichilistica attuale: “SE NON ESISTE DIO, TUTTO È PERMESSO”.

"Secondo me, non c’è nulla da distruggere, fuorché l’idea di Dio nell’umanità; ecco di dove occorre cominciare! È di qui, di qui che si deve partire, o ciechi, che non capite nulla! Una volta che l’umanità intera abbia rinnegato Dio (e io credo che tale epoca, a somiglianza delle epoche geologiche, verrà un giorno), tutta la vecchia concezione cadrà da sé, senza bisogno di antropofagia, e soprattutto cadrà la vecchia morale, e tutto si rinnoverà. Gli uomini si uniranno per prendere alla vita tutto ciò che essa può dare, ma unicamente per la gioia e la felicità di questo mondo. L’uomo si esalterà in un orgoglio divino, titanico, e apparirà l’uomo-dio. Trionfando senza posa e senza limiti della natura, mercé la sua volontà e la sua scienza, l’uomo per ciò solo proverà ad ogni istante un godimento cosí alto da tenere per lui il posto di tutte le vecchie speranze di gioie celesti. Ognuno saprà di essere per intero mortale, senza resurrezione possibile, e accoglierà la morte con tranquilla fierezza, come un dio. Per fierezza comprenderà di non dover mormorare perché la vita è solo un attimo, e amerà il fratello suo senza ricompensa. L’amore non riempirà che un attimo di vita, ma la stessa consapevolezza di questa sua fugacità ne rinforzerà altrettanto l’ardore quanto prima esso si disperdeva nelle speranze di un amore d’oltre tomba e infinito...”, e via di questo passo. Delizioso! (I fratelli Karamazov, Garzanti, Milano, 1979, vol. II, pagg. 619, 623 e 680-681). La teoria di Ivan Karamazov,

Parliamo del più grande romanzo di Dostoevskij “I fratelli Karamazov”; quest’opera ha, come altre del nostro, il fascino di un grande racconto poliziesco, ricco di suspense, nato dalla riflessione su un vero parricidio, di cui Dostoevskij, in Siberia, aveva conosciuto l’autore.

“La principale questione che sarà agitata in tutte le parti del libro – scrive Dostoevskij – è la stessa della quale ho sofferto coscientemente o incoscientemente per tutta la vita: l’esistenza di Dio“.

Giganteggiano due figure, quella di Alioscia Karamazov, con la sua visione cristiana del mondo (il modello di ciò che l’autore russo vorrebbe essere) e quella, opposta, di suo fratello Ivan, con la sua tormentata ricerca della libertà attraverso la rivoluzione nichilista, con il suo essere malato di occidentalismo, cioè, per Dostoevskij, di ateismo; con la sua incapacità di accettare certe realtà della religione, come la sofferenza, l’umiliazione e la croce.
Ivan, con i suoi discorsi e le sue filosofie, è il vero ispiratore dell’uccisione del padre, sebbene non ne sia l’esecutore materiale. Anche qui un’uccisione “filosofica”, perché con i suoi discorsi ha convinto il futuro assassino, il fratellastro Smerdiakov, che tutto è legittimo, perché Dio non esiste.

Lo ribadisce il diavolo ad Ivan:
“La coscienza! Che cosa è la coscienza? Sono io stesso che me la invento. Perché mai mi tortura? Per un’abitudine. Per un’universale abitudine del genere umano, vecchia di settemila anni. Liberiamocene, e saremo degli dei!”.

Si ripete, così, lo stesso concetto di Raskòl’nikov e di Kirìllov:
“Se non esiste Dio, tutto è permesso”. Alla fine Ivan, sentendosi colpevole per la morte del padre e per l’ingiusta condanna dell’altro fratello, il violento e passionale Dimitrij, impazzisce; Smerdiakòv, l’omicida materiale, si uccide, e Dimitrij, che tanto aveva odiato il padre sino a volerlo eliminare in cuor suo, verrà condannato, pur essendo innocente. Delitto, coscienza, libertà, accettazione del castigo, riconoscimento che esiste una legge morale oggettiva, divina: questa, in sintesi, l’antropologia di Dostoevskij.