5 Luglio - GEORGES BERNANOS: il santo curato d'Ars come modello per la nuova epoca post-cristiana.
Autore: Restelli Silvio. Curatore: Mangiarotti don GabrieleGEORGES BERNANOS (Parigi, 20 febbraio 1888 – Neuilly-sur-Seine, 5 luglio 1948) scrisse, come è noto, il "Diario di un curato di campagna" del 1936 sulla vita di san Giovanni Maria Vianney, che ha avuto, ha e avrà un'incidenza enorme sul contesto culturale francese, europeo e mondiale, indicando una figura di santo prete che anche nel periodo del post-cristianesimo e della post-verità ha qualcosa di fondamentale da dire agli uomini.
“Lo scandalo non sta nel non dire la verità, ma nel non dirla tutta intera, introducendo per distrazione una menzogna che la lascia intatta all'esterno, ma che ne corrode, così come un cancro, il cuore e le viscere”. (da “Scandale de la vérité”)
Il padre, Emile Bernanos, era un tappezziere-decoratore originario della Lorena; la madre Hermance Moreau proveniva da Pellevoisin, nella regione del Berry (Francia centrale), ed era cresciuta in una famiglia di origine contadina.
Ricevette un'educazione profondamente cattolica e legata alle convinzioni monarchiche. Trascorre le vacanze a Fressin, nell'Artois. Questa regione del Nord della Francia lo segnerà profondamente nel corso di tutta la sua infanzia e adolescenza, tanto che farà da sfondo alla maggior parte dei suoi romanzi. Sconvolto dalle successive arrendevolezze di Francia e Regno Unito nei confronti della Germania di Hitler, culminanti nell'Accordo di Monaco (1938), esiliò in Brasile, da dove sarà poi uno dei primi ispiratori della Resistenza in Francia. Prima di morire scrisse un ultimo manoscritto: "La Francia contro la civiltà degli automi", pubblicato nel 1947.
Solitario e isolato nella sua denuncia - quantomeno in Francia -, Bernanos si era scagliato contro i tradimenti tanto dello Stato francese che di quei cattolici e di quel clero che avevano appoggiato il franchismo con complicità criminale (I grandi cimiteri sotto la luna, 1938).
Nei saggi di Bernanos la parola «imbéciles» (imbecilli al plurale) è usata molto di frequente: con quella che lui chiamava «offesa fraterna» manifestava la sua “pietà” per i “cancri della nuova generazione realista” (i neo-sostenitori di Maurras negli anni trenta) e, più tardi, per i “detestabili e pedanti borghesi di sinistra” (i comunisti e i democratici cristiani) ma anche per tutti quelli che avevano sostituito alla forza dell'esperienza umana diretta e concreta la propaganda dei media e la poca capacità di coraggio personale.
Sul piano formale il suo stile non può dirsi “parlato”, nonostante egli si rivolga spesso ad un lettore immaginario: la lettura della sua opera, sicuramente ricca e appassionante – e ciò che scrive sul Brasile o su Hitler non può lasciare indifferenti – necessita però di una buona conoscenza della storia di Francia.
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